http://it.ibtimes.com/ 29.06.2015
Nella morsa di jihadisti maniaci e partiti xenofobi: tutti i musulmani pagano l'attacco in Tunisia di Raffaele Del Gatto
Lo Stato Islamico in Tunisia ha ottenuto, per ora, quello che voleva: colpire il turismo, settore di punta della fragile economia tunisina, in modo da mandare in tilt il Paese nord africano che ha dato il via alle primavere arabe e che sta tentando, con notevoli di difficoltà, la metamorfosi democratica. La cosa è talmente limpida e cristallina che su questo punto opinionisti e analisti sono tutti d'accordo. Ma probabilmente con quest’episodio gli uomini in nero del califfato sono riusciti ad ottenere di più, ovvero gettare nuovo fango sulla religione islamica e sull’intera comunità musulmana (almeno indirettamente, dal momento che questo non è un obiettivo dichiarato dello Stato Islamico), e spaccare ulteriormente la società civile con le loro tecniche del terrore.
Per quanto concerne la Tunisia non c’è molto da aggiungere rispetto a quanto detto su queste pagine in occasione dell’attentato al museo del Bardo. Il Paese è ormai inevitabilmente segnato: è il secondo attacco avvenuto nel giro di pochi mesi ai danni dei turisti occidentali, diventati obiettivo strategico degli islamisti, episodio che marchia la Tunisia come una nazione pericolosa (più di quanto si immaginasse). Il governo ha confermato di non essere in grado di garantire la sicurezza nel Paese e insieme all’economia rischia di saltare l’intero processo democratico. L’attacco ha messo inoltre in evidenza tutta la solitudine del Paese di fronte alle minacce jihadiste. Dopo l’attacco al museo del Bardo l’occidente aveva promesso assistenza e unità nella lotta all’islamismo, ma quelle promesse, come purtroppo troppo spesso accade, si sono rilevate essere le ennesime parole di rito che si esprimono in queste circostanze. Ed è una cosa irrazionale dal punto di vista economico e sociale (evidentemente non dal punto di vista politico), non tanto perché eticamente immorale, piuttosto perché poi i costi delle crisi umanitarie di queste aree li subiamo in parte anche noi (si veda la questione immigrazione che continua a lampeggiare nelle agende politiche dei vari Paesi europei). È pur vero che la Tunisia ha ricevuto dai Paesi occidentali (tra cui anche l’Italia) diversi aiuti economici, ma è evidente che non è con quest’elemosina finanziaria che si possono sventare attentati come quello che è stato sferrato sulle spiagge di Sousse. L’attacco, infatti, ha colto un po’ tutti di sorpresa per l’originalità con cui si è stato portato a termine (un gommone, un ombrellone, qualche kalashnikov, un paio di bombe a mano, e pochi uomini: tanto è bastato per paralizzare il settore turistico della Tunisia e con esso gran parte dell’economia). Anche in questo caso, come già accaduto per la strage al Charlie Hebdo e per il tentato attacco - sempre in Francia - ad una fabbrica di gas vicino Lione, uno dei giovani attentatori, un 23enne studente di ingegneria, era già noto ai servizi segreti tunisini, in quanto appartenente al gruppo universitario della ‘Gioventù Islamica’ e già segnalato per aver frequentato moschee salafite gestite da estremisti. Questo però non ha impedito al giovane di compiere l’orrendo massacro che ha portato via la vita di almeno 37 persone (quasi tutti turisti, molti di nazionalità britannica), segnando probabilmente il destino del suo Paese. Un attacco, avvenuto il secondo venerdì del mese sacro di Ramadan e sponsorizzato dallo Stato Islamico, che non solo fa piangere milioni di tunisi ma che getta altro fango sull’intera comunità musulmana. Perché per ogni minaccia, per ogni esecuzione, per ogni video di terrore, per ogni attentato perpetuato dallo Stato Islamico, Al Qaeda o altri gruppi islamisti, i musulmani pagano un prezzo altissimo in termini di immagine. A poco servono le comparsate televisive o i comunicati stampa dei leader dei vari centri culturali islamici in cui vengono prese nettamente le distanze da questi episodi. Quello che alla fine passa e rimane è il messaggio di terrore. Anche perché, l’opera iniziata dallo Stato Islamico viene poi finalizzata in Europa dai professionisti dell’odio che si incarnano nei partiti politici delle destre xenofobe, che tanto successo riscuotono nutrendosi delle paure dei suoi elettori. Partiti che evidentemente non si rendono conto di fare il gioco voluto dai gruppi estremisti, o peggio ancora ne sono perfettamente consapevoli ma cercano di ingrassare il bacino di elettori con ogni mezzo. Ed è un comportamento irresponsabile che contribuisce a inferocire le comunità le une contro le altre e deve dunque essere messo a matrice tra le cause scatenanti degli attentati che si realizzano dentro le mura della fortezza europea. Per l'Europa e per l'occidente è importante riparare, e in fretta, gli ingranaggi rotti che ostacolano il processo di integrazione tra le varie comunità se si vuole affrontare e sconfiggere definitivamente lo Stato Islamico e altri gruppi islamisti. Perché è evidente che la lotta contro questi gruppi si misura non solo sul piano militare, dove alla fine appaiono abbastanza vulnerabili, ma anche e soprattutto sul piano ideologico e mediatico. |