Originale: New Eastern Outlook

4 agosto 2015

 

L’ISIS in Afghanistan: una guerra per procura contro Iran e Cina

di Eric Draitser

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

La natura della guerra in Afghanistan è cambiata sensibilmente nei mesi scorsi. Mentre gli Stati Uniti e la NATO continuano a essere attivamente coinvolti nel paese – infatti i loro obiettivi strategici sono cambiati pochissimo fin da quando l’amministrazione Bush ha dato il via alla guerra quasi un 15 anni fa -  la natura   del campo di battaglia e le parti impegnate attivamente nella guerra, sono cambiate in maniera significativa.

La comparsa dell’ISIS in Afghanistan, unita all’imminente ritiro dal paese delle truppe di Stati Uniti e NATO, ha spinto i talebani a un matrimonio di convenienza, se non a un’alleanza  assoluta   con l’Iran. Quello che sembrava uno scenario  incomprensibile   soltanto pochi anni fa – l’appoggio dell’Iran scita ai talebani sunniti      è diventato realtà per le circostanze della guerra che stanno  cambiando. Sebbene possa essere difficile da credere, un’alleanza del genere è ora un elemento fondamentale della situazione concreta  in Afghanistan. Ma la sua importanza è di gran lunga maggiore del semplice spostamento dell’equilibrio di potere all’interno del paese.

Quello in Afghanistan, invece, è ora in molti modi un conflitto per procura tra gli Stati Uniti e i suoi alleati occidentali e del Golfo da una parte, e l’Iran e certi paesi non-occidentali, specialmente la Cina, dall’altra. Se i contorni del conflitto potrebbero non essere immediatamente evidenti, è soltanto perché i media occidentali e tutti i presunti cervelloni che fanno parte dei gruppi di esperti  sostenuti dalle grosse aziende, non sono riusciti a presentare il conflitto nel suo vero contesto. La narrazione sull’Afghanistan, nella misura in cui se ne discute, continua a riguardare il terrorismo e la stabilità, la costruzione della nazione e il “sostegno.” Questo però è un       equivoco fondamentale e una rappresentazione sbagliata della guerra attuale, e del piano di azione che lo spinge.

E quale è questa nuova agenda pericolosa? Riguarda niente di meno che il futuro dell’Afghanistan e dell’Asia Centrale. Riguarda degli Stati Uniti e i loro alleati che si    aggrappano al paese, un punto di appoggio cruciale nella regione, e che vogliono trovare qualsiasi pretesto per mantenervi la loro presenza. Riguarda l’Iran e la Cina che si posizionano  nel paese per l’inevitabile momento del ritiro degli Stati Uniti e dell’apertura dell’economia dell’Afghanistan.

Al livello più elementare, riguarda  l’accesso e l’influenza. E, come è usuale in questa parte del mondo, il terrorismo e l’estremismo sono le armi più potenti.

 

La nuova guerra afgana: entra l’ISIS

Tuttavia, dopo poche settimane, i militanti dell’ISIS hanno eseguito una decapitazione di massa nella provincia di Ghazni strategicamente fondamentale, un’importante zona del paese che è situata sulla superstarda Kabul-Kandahar. Questo incidente ha messo ufficialmente l’ISIS sulla carta geografica in Afghanistan e ha segnato una profonda trasformazione della natura del conflitto nel paese.

Mentre i media occidentali sono pieni di notizie sull’ISIS e le fazioni talebane che combattono insieme sotto la bandiera dello Stato Islamico, è diventato chiaro da allora che, invece di una collaborazione tra i gruppi, c’è stata semplicemente una costante migrazione di combattenti dai talebani all’ISIS che, se si deve prestare fede alle notizia, paga molto di più. Infatti i mesi scorsi hanno dimostrato che di fatto c’è competizione tra i due, e che i gruppi talebani e dell’ISIS si sono reciprocamente combattuti in battaglie molto intense. Come ha detto in giugno al Deutsche Welle (google) Abdul Hai Akhondzada, vice capo della commissione per la sicurezza del parlamento nazionale afgano:

I residenti locali e i funzionari della sicurezza hanno confermato che i combattenti dello “Stato Islamico”(IS) hanno ucciso tra i 10 e 15 membri talebani della provincia di Nangarhar …i talebani hanno combattuto per un lungo periodo di tempo in Afghanistan  e vedono  la loro posizione minacciata dalla comparsa dell’ISIS. Naturalmente non rinunceranno facilmente…Mentre l’IS combatte per incrementare la sua presenza nell’intera regione – non soltanto in Afghanistan – i talebani combattono per rovesciare il governo afgano.

Scaramucce di questo genere non sono diventate un evento regolare, che indica una guerra crescente tra l’ISIS e le fazioni talebane. La guerra si sta trasformando sempre  di più da guerra fatta dai talebani contro il governo di Kabul e i suoi protettori Stati Uniti e NATO, in una guerra in cui gruppi  si combattono l’un altro per la supremazia sul campo di battaglia e nella vita politica del paese.

Ma naturalmente la vera natura del conflitto può essere compresa soltanto tramite un esame degli interessi fondamentali che appoggiano ciascun gruppo. Ed è in questo campo che il mondo confuso delle fazioni mondiali e degli eserciti per procura vengono portate alla luce del giorno.

Ora non è un segreto che l’ISIS è un cespite  per le agenzie di intelligence e per i governi occidentali. Il gruppo è stato direttamente sponsorizzato e facilitato e/o autorizzato a svilupparsi senza impedimenti per servire uno scopo utile in Siria e in Iraq. Come ha rivelato l’ora famigerato documento segreto della DIA (Agenzia di intelligence della Difesa) avuto dalla fondazione denominata Osservatorio Giudiziario, gli Stati Uniti hanno consapevolmente promosso la diffusione dello Stato Islamico almeno nel 2012, allo scopo di usarlo come arma contro il governo di Assad. Il documento osservava che: …” c’è la possibilità di stabilire un principato salafista nella Siria  Orientale…e questo è certamente ciò che vogliono le potenze che  appoggiano l’opposizione, per isolare il regime siriano cosa che è considerata la profondità strategica dell’espansione sciita (Ira e Iran).

Inoltre, le agenzie di intelligence  come quella turca (MIT) hanno facilitato i militanti dell’ISIS che attraversano il confine per entrare in Siria e hanno anche appoggiato una rete internazionale di terroristi fino alla provincia dello Xinjang in Cina. Anche il Vice presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha osservato che:

I nostri alleati nella regione sono stati il nostro maggior problema in Siria. I turchi erano grandi amici…[e] i sauditi, gli Emirati, ecc. Che cosa facevano? … Hanno riversato centinaia di milioni di dollari e tonnellate di armi a chiunque volesse combattere contro Assad –tranne che le persone rifornite di soldi e armi erano tutti di al-Nusra e di al-Qaida,e gli elementi estremisti degli jihadisti che venivano da altre parti del mondo.

Date tutte queste informazioni, non c’è  ombra di dubbio che l’ISIS sia in grande misura un cespite per gli Stati Uniti e per i suoi alleasti occidentali. Se si volesse un’ulteriore conferma su questo punto, l’ex presidente afghano Hamid Karzai, egli stesso non estraneo alle macchinazioni dell’intelligence statunitense, ha apertamente dichiarato proprio il mese scorso, che l’ISIS non si sarebbe espandere in Afghanistan “senza una mano straniera, senza un appoggio straniero.”

In Siria e in Iraq, l’ISIS ha essenzialmente fatto il lavoro sporco per gli Stati Uniti e i loro alleati del Golfo,  Israeliani e turchi. In Libia l’ISIS è diventata una forza terrorista dominante guidata da un bene statunitense documentato. In Yemen l’ISIS  ha guadagnato un punto di appoggio   e ha compiuto azioni terroriste in appoggio dei sauditi – e – per estensione degli Stati Uniti e una missione contro i ribelli sciiti Houthi e i loro alleati. Tutto considerato,  quindi, l’ISIS si è dimostrata molto efficace  nell’agenda di Stati Uniti, NATO, GCC (Consiglio di Cooperazione del Golfo), e di Israele. Così anche in Afghanistan.

 

L’Iran e i talebani si alleano per  contrastare l’ISIS e i suoi protettori

Ed è per questa ragione che i talebani si sono rivolti all’Iran per avere appoggio. Sebbene Teheran abbia ufficialmente negato di fornire armi o appoggio finanziario ai talebani, le fonti nella ragione hanno confermato che in effetti tale sostegno viene fornito. Un funzionario anziano afgano parlando con il Wall Street Journal, ha spiegato succintamente che: “All’inizio l’Iran supportava finanziariamente i talebani, ma ora li  stanno anche addestrando ed equipaggiando.” I funzionari della sicurezza afgana hanno sostenuto che l’Iran sta ospitando militanti talebani nei campi di addestramento nelle città di Teheran, Mashad, Zahedan e nella provincia di Kerman. Se è vero, significa che il livello di collaborazione trai due si è trasferito su un livello completamente nuovo.

Mentre si potrebbe mantenere un certo scetticismo su tutte le dichiarazioni fatte dai funzionari statunitensi e afgani riguardo all’appoggio iraniano ai talebani, l’alleanza ha un buon significato strategico per Teheran. Dato che l’Iran combatte contro l’ISIS in Siria e in Iraq, deve anche controllare l’espansione di questo gruppo terrorista nel vicino Afghanistan.

Inoltre, l’Iran comprende che l’ISIS in effetti è un braccio della proiezione del potere dei suoi rivali regionali Turchia e Arabia Saudita, entrambi  i quali sono stati i primi istigatori della guerra in Siria e del tentativo di infrangere l’alleanza di Iran-Iraq-Siria-Hezbollah. Dal punto di vista iraniano, perciò, la guerra dei talebani contro l’ISIS in Afghanistan, è essenzialmente un nuovo teatro nella più ampia guerra contro l’ISIS e i suoi sostenitori.

Inoltre, c’è ancora un altro importante politico dietro l’apertura di Teheran ai talebani: l’influenza e l’accesso. L’Iran si sta preparando per l’imminente partenza delle forze di Stati Uniti e NATO dall’Afghanistan e vuole disperatamente essere sicuro di avere amici nel nuovo governo che probabilmente includeranno alcuni membri fondamentali dei talebani in importanti posizioni. E le recenti mosse da parte dei talebani di impegnarsi i dialoghi di pace servono soltanto ad appoggiare questo punto; l’Iran vuole fare parte di un accordo di pace che potrebbe unire le forze non-ISIS in Afghanistan dando a Teheran sia l’accesso e, cosa più importante   l’influenza sull’apparato decisionale in un Afghanistan indipendente.

 

 La Cina e il nuovo Afghanistan

L’Iran ha certamente dei soci nella sua campagna di amicizia e adulazione verso i talebani,  soprattutto  la Cina. Nei mesi scorsi hanno visto un turbinio di voci secondo le quali la Cina avrebbe ospitato una delegazione di talebani interessati a impegnarsi in importanti collo qui di pace  con il governo di Kabul, una mossa che minaccia di alterare principalmente l’equilibrio di potere in Afghanistan e nella regione. Ipotizzando che i rapporti siano veritieri – e in base a tutte le indicazioni lo sono – la Cina si sta posizionando per diventare l’unico più importante protagonista nell’Afghanistan del dopo-occupazione.

All’inizio di questo mese, infatti, una delegazione afgana proveniente da Kabul, si è incontrata con rappresentanti dei talebani a Islamabad, in Pakistan, per iniziare il processo di dialogo. E’ una certezza pratica che tali colloqui non avrebbero mai avuto luogo se i cinesi non fossero intervenuti e non avessero aperto canali diretti di comunicazione con i talebani, all’inizio di quest’anno. In questo modo Pechino è diventato l’intermediario chiave nel processo di pace in Afghanistan, uno sviluppo che è probabile provochi un buona dose di  costernazione a Washington. La Cina ha un mucchio di ragioni per insistere con tanta forza per questo processo di dialogo.

Prima di tutto la Cina vede nell’Afghanistan una delle principali chiavi della sua intera strategia regionale e, in effetti, globale, dalle nuove Vie della Seta all’Organizzazione della Cooperazione di Shanghai. Situato nel mezzo della regione asiatica centrale, strategicamente fondamentale, l’Afghanistan rappresenta per la Cina sia un ponte verso il suo partner, il Pakistan, che la chiave per le ex Repubbliche Socialiste Sovietiche dell’Asia centrale. Rappresenta inoltre un nodo cruciale nelle potenziali reti di gasdotti, e anche di rotte commerciali.

Pechino intende essere anche un protagonista importante nello sfruttamento della ricchezza mineraria dell’Afghanistan. L’Indagine Geologica degli Stati Uniti ha stimato che la ricchezza minerale dell’Afghanistan vale grosso modo 1 trilione di dollari, facendone quindi una delle terre più preziose del mondo. Ferro, rame, cobalto, oro litio e molti altri minerali si possono trovare appena sotto la superficie dell’Afghanistan; chiaramente è una prospettiva allettante per la Cina. In effetti, questo paese ha già massicciamente investito, tra l’altro nelle concessioni per l’attività estrattiva  del  rame.

E’ in questo settore che la Cina e la sua rivale di vecchia data, l’India, sono arrivate a un conflitto, dato che Delhi è anche stata un’importante protagonista in concorrenza per la concessioni minerarie fondamentali in Afghanistan, compresi i vasti giacimenti di minerali grezzi. Anche l’Iran figura in questo problema,  dato che il suo porto di Chabahar, considerato un premio importante sia per l’India che per la Cina, è la probabile destinazione del materiale grezzo estratto dall’Afghanistan, specialmente se deve essere spedito in India.

Naturalmente non deve essere trascurato il problema della sicurezza. La continua lotta della Cina contro l’estremismo islamico nella regione dello Xinjiang, ha provocato la paura a Pechino che qualsiasi piano economico potrebbe essere messo a rischio dalla instabilità connessa con il terrorismo. Lo Xinjiang ha visto molti attacchi terroristici letali negli scorsi diciotto mesi, compresi i brutali lanci di  bombe da auto in corsa che hanno ucciso molte persone e che ne hanno ferite oltre 100 nel maggio 2014, gli accoltellamenti in massa e i bombardamenti nel maggio 2014, e l’attentato mortale a opera di terroristi uiguri in un posto di controllo del traffico proprio il mese scorso che ha fatto 18 vittime.

Ed è qui che convergono tutti questi argomenti. La Cina ha bisogno dell’Iran sia per motivi economici che di contro terrorismo. Pechino vuole vedere l’Iran agire come forza  trainante contro il terrorismo dell’ISIS in Afghanistan e anche in Medio Oriente, per distruggere le reti terroristiche sostenute dai sauditi e dalla Turchia  che appoggiano gli estremisti uiguri. La Cina vuole anche partecipare attivamente in Afghanistan allo scopo sia di rinforzare la propria sicurezza nazionale che di promuovere se stessa come principale forza economica nella regione. Gli imperativi strategici non potrebbero essere più chiari.

Visto in questo modo, l’Afghanistan è proprio al centro dei piani regionali sia della Cina che dell’Iran. E questo fatto, più di ogni altro, spiega esattamente lo scopo che ha l’ISIS in Afghanistan. Dalla prospettiva di Washington, nulla potrebbe  servire   alle ambizioni imperiali degli Stati Uniti più efficacemente che una destabilizzazione dell’Afghanistan sia come giustificazione dell’occupazione continua che per bloccare la penetrazione cinese.

Così, ancora una volta, vediamo l’ISIS come un comodo strumento della proiezione del potere occidentale. Non c’è dubbio che anche i pianificatori di strategie a Teheran e a Pechino lo considerano così. Il problema è: saranno in grado di fermarlo?

 


Eric Draitser è un analista indipendente di geopolitica di base a New York City. E’ il fondatore di StopImperialism.com e scrive contro-editoriali per RT,  per la rivista online “New Eastern Outlook”.


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://www.journal-neo.org/2015/08/04/isis-in-afghanistan-proxy-war-against-iran-and-china/

top