http://znetitaly.altervista.org/ 27 novembre 2015
Dimenticate l’ISIS: l’umanità è a rischio di Ramzy Baroud Traduzione di Maria Chiara Starace
Ricordo ancora quell’espressione compiaciuta sulla sua faccia, seguita dalle osservazioni distaccate che avevano fatto ridere di gusto i giornalisti. “Vi mostrerò un’immagine dell’uomo più fortunato dell’Iraq,” disse il Generale Norman Schawarrkopf, noto come ‘Storming Norman’ a una conferenza stampa in un certo momento del 1991, mentre mostrava un video delle bombe statunitensi che facevano saltare in aria un ponte iracheno pochissimi secondi dopo che l’autista iracheno era riuscito ad attraversarlo. Ma poi, un’invasione e una guerra di gran lunga più ingiuste seguirono nel 2003, in seguito a un assedio durato 10 anni che è costato all’Iraq un milione dei suoi figli e la sua intera economia. Segnò la fine del buonsenso e della perdita di qualsiasi illusione passata che gli Stati Uniti fossero un paese amico degli Arabi, Non soltanto gli Americani hanno distrutto il pezzo essenziale della nostra esperienza di civiltà e collettiva che ha attraversato i millenni, ma hanno goduto a degradarci mentre procedevano nelle loro azioni. I loro soldati hanno stuprato le nostre donne con ovvio piacere. Hanno torturato i nostri uomini e hanno posato nelle fotografie con i corpi, con i corpi mutilati – ricordi da tenere per prolungare l’umiliazione per l’eternità: hanno massacrato la nostra gente, spiegandolo in termini eloquenti come danno collaterale necessario e inevitabile: hanno fatto saltare in aria le nostre moschee e le nostre chiese e si sono rifiutati di accettare che quello che era stato fatto all’Iraq nel corso di venti anni, poteva verosimilmente costituire un crimine di guerra. Hanno poi esteso la loro guerra portandola fino a dove i bombardieri statunitensi potevano arrivare; hanno torturato e fatto viaggiare i loro prigionieri su grosse navi, sostenendo abilmente che la tortura in acque internazionali non costituisce un crimine; appendevano le loro vittime sulle croci e le fotografavano per futuro divertimento. I loro intrattenitori, gli esperti di media, gli intellettuali e i filosofi hanno fatto carriera sezionandoci, disumanizzandoci, sminuendo ogni cosa che ci è cara; non hanno risparmiato un simbolo, un profeta, una tradizione, valori o insiemi di morali. Quando reagivamo e protestavamo per la disperazione, ci censuravano ulteriormente perché non accettavamo di vedere l’umorismo nella nostra rovina; usavano le nostre urla di rabbia per sottolineare ulteriormente il loro senso di superiorità e la nostra umiltà forzata. Sostenevano che noi avevamo iniziato tutto, ma mentivano. Era il loro senso di importanza senza riserve, esagerato, che fece loro assegnare all’11 settembre 2001 il battesimo della storia. Tutto quello che ci hanno fatto, tutte le esperienze coloniali e il massacro senza limiti delle persone di colore, marroni, nere, di ogni uomo o donna che non somigliava a loro o che non aveva i loro valori, era irrilevante. Tutti i milioni di persone morte in Iraq non erano considerate un contesto vitale per qualsiasi comprensione storica del terrorismo; invece il terrorismo siamo diventati noi; tutto il concetto di terrore che è la violenza inflitta a civili innocenti per fini politici, improvvisamente è diventata una caratteristica interamente araba e musulmana. In retrospettiva, al massacro compiuto da Stati Uniti-Occidente-Israele di Vietnamiti, Coreani, Cambogiani, Palestinesi, Libanesi, Egiziani, Sudamericani, Africani, è stata risparmiata ogni censura. Tuttavia, quando gli Arabi hanno tentato di opporsi, sono stati considerati gli artefici della violenza, i messaggeri del terrore. Hanno, inoltre, effettuato massicci esperimenti sociali e demografici in Iraq che da allora sono stati scatenati in tutto il Medio Oriente. Hanno messo le loro vittime una contro l’altra: gli Sciiti contro i Sunniti, i Sunniti contro i Sunniti, gli Arabi contro i Curdi e i Curdi contro i Turchi. La hanno chiamata strategia e si sono congratulati con loro stessi per un lavoro ben fatto quando presumibilmente si sono ritirati dall’Iraq. Hanno trascurato le conseguenze di aver danneggiato delle civiltà che si erano evolute nel corso di millenni. Quando i loro esperimenti sono andati storti, ne hanno dato la colpa alle loro vittime. I loro intrattenitori, gli esperti di media, gli intellettuali e i filosofi inondarono ogni pubblico palco per informare il mondo che lo sbaglio fondamentale dell’amministrazione Bush era stata la supposizione che gli Arabi fossero pronti per la democrazia e che, al contrario dei Giapponesi e dei tedeschi, gli Arabi fossero fatti di un sangue, carne e lacrime diverse. Nel frattempo, gli uomini arabi più belli venivano violentati nelle carceri, sequestrati alla luce del sole, torturati a bordo di grosse navi in acque internazionali, dove la Legge non si applicava. Quando gli Americani e i loro alleati sostenevano che avevano lasciato la regione, si sono lasciati dietro nazioni sanguinanti, impoverite che si leccavano le ferite e che cercavano i corpi sotto le macerie in ambienti con paesaggi vari e macabri. Tuttavia, gli Americani, i Britannici, i Francesi e gli Israeliani continuano a organizzare le loro elezioni democratiche intorno al dibattito su chi ci colpirà nel modo più duro, ci umilierà di più, ci insegnerà la lezione più indimenticabile, e durante le lor commedie a notte fonda, derideranno il nostro dolore. Noi, allora siamo spuntati fuori come l’erba in un deserto, ci siamo moltiplicati e abbiamo girato nelle strade di Rabat, di Baghdad, di Damasco e del Cairo, invitando a una rivoluzione. Volevamo la democrazia nel nostro interesse, non la democrazia di Bush tinta con il sangue; volevamo l’uguaglianza, il cambiamento e le riforme e un mondo in cui Gaza non venga abitualmente distrutta da Israele e che i ragazzi di Derra (in Siria) possano protestare senza essere uccisi; un mondo in cui i capi non fingano di essere delle divinità e abbandonino gli arsenali infiniti dei loro benefattori occidentali. Cercavamo una vita in cui la libertà non fosse un’imbarcazione instabile che attraversa il mare verso qualche incerto orizzonte dove siamo trattati come spazzatura umana sulle strade delle terre occidentali. Tuttavia fummo schiacciati, polverizzati, bruciati, picchiati e violentati e, ancora una volta, ci hanno detto che non eravamo pronti per la democrazia, non eravamo pronti a essere liberi, a respirare, a esistere neanche con un granello di dignità. Molti di noi stanno ancora combattendo onorevolmente per le nostre comunità, altri si sono disperati: avevano le armi e sono andati in guerra, combattendo chiunque percepivano fosse un nemico, ed erano molti. Altri impazzirono, persero ogni senso di umanità; pretesero la vendetta, tragicamente credendo che la giustizia si potesse ottenere facendo agli altri ciò che essi hanno fatto a te. A loro si unirono altri che si diressero verso l’Occidente; alcuni di loro erano scappati dall’infelicità delle loro terre natie, ma scoprirono che la loro utopia era guastata dall’alienazione, dal razzismo e dall’abbandono ed era satura di un senso compiaciuto di superiorità inflitto loro dai vecchi padroni. E’ diventato un circolo vizioso e pochi sembrano ora interessati a riconsiderare le conquiste del General Schwarzkopf in Iraq e in Vietnam – con il suo atteggiamento compiaciuto e il divertimento dei giornalisti occidentali – per sapere che cosa realmente è andato storto. Si rifiutano ancora di riconoscere la storia, la ferita sanguinante della Palestina, i rivoluzionari egiziani oppressi e il senso distrutto dello stato di nazione iracheno, le strade emorragiche della Libia e gli orribili esiti di tutte le guerre occidentali terroriste, con le dominanti politiche estere cieche e assetate di petrolio che hanno mandato in frantumi la Culla della Civiltà, come mai in passato. Tuttavia questa violenza non colpisce più soltanto gli Arabi sebbene Arabi e Musulmani rimangano i maggiori “destinatari” del suo orrore. Quando i militanti, generati dagli Stati Uniti e dai loro alleati si sono sentiti stretti in un angolo, si sono sparsi a ventaglio in ogni angolo del globo, uccidendo persone innocenti e gridando il nome di Dio nell’ultimo momento della loro vita. Di recente sono venuti dai francesi, un giorno dopo hanno fatto saltare per aria i Libanesi e pochi giorni dopo, i russi; e prima di questo i Turchi e i Curdi e, contemporaneamente, i Siriani e gli Iracheni. Chi sarà il prossimo? Nessuno lo sa davvero. Continuiamo a dirci che ‘è soltanto una transizione’ e che ‘tutto andrà bene quando la polvere si sarà depositata’. Ma i russi, gli Americani e chiunque altro continueranno a bombardare e ognuno insisterà che sta bombardando le persone giuste per un giusto motivo mentre, in pratica, ognuno spara a chiunque considera il nemico, il terrorista, una designazione che spesso viene definita in modo nuovo. Tuttavia, pochi parlano apertamente per ammettere la nostra condivisa umanità e la nostra condizione di vittime. No, non aspettatevi sempre che le iniziali ISIS offrano una spiegazione per tutto ciò che va male. Coloro che hanno orchestrato la guerra in Iraq e coloro che alimentano la guerra in Siria e che armano Israele non possono essere discolpati. Il punto cruciale della questione: o viviamo con dignità insieme o continuiamo a morire da soli, facendo guerra alle tribù e alle nazioni colpite dal dolore. Non si tratta soltanto di bombardamenti indiscriminati – la nostra umanità, in realtà, il futuro della razza umana è a rischio.
Il Dottor Ramzy Baroud scrive da 20 anni di Medio Oriente. E’ un opinionista che scrive sulla stampa internazionale, consulente nel campo dei mezzi di informazione, autore di vari libri e fondatore del sito PalestineChronicle.com.Tra i suoi libri citiamo: ‘Searching Jenin’[Cercando Jenin], ‘The Second Palestinian Intifada’ [La seconda Intifada Palestinese], e il suo più recente: ‘My Father Was a Freedom Fighter: Gaza’s Untold Story’ [Mio padre era un combattente per la libertà: la storia di Gaza che non è stata raccontata]. Il suo sito web è www.ramzybaroud.net
Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo www.znetitaly.org Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/forget-isis-humanity-is-at-stake/ Originale: non indicato |