http://contropiano.org/
Domenica, 12 Luglio 2015

I comunisti portoghesi vogliono un referendum per uscire dall’Euro

Da settimane i manifesti del Partito Comunista Portoghese che chiedono l’uscita del paese dall’Eurozona tappezzano i muri di Lisbona, Porto e delle altre città. Ora che la valanga di ‘No’ in Grecia e la manifesta impossibilità da parte di un governo riformista ed europeista come quello guidato da Alexis Tsipras di ottenere un accordo equo dall’Unione Europea i comunisti portoghese hanno deciso di lanciare la loro campagna elettorale in vista delle elezioni legislative di ottobre. Il segretario generale del Partito Comunista Portoghese, Jerónimo de Sousa, ha intenzione di guidare un vasto movimento di contestazione al governo di destra di Passos Coelho reclamando un referendum popolare per reclamare la fuoriuscita di Lisbona dall’eurozona e il ritorno alla moneta nazionale, lo Scudo. Secondo il PCP l’Unione Europea impedisce lo sviluppo economico e sociale del Portogallo con la sua rigidità finanziaria, anche se non è stato necessario un secondo piano di ‘salvataggio’ come nel caso della Grecia – alla quale ora la Troika sta imponendo il Terzo – e anche se il paese sta rispettando il ritmo dei pagamenti degli interessi al Fondo Monetario Internazionale. Nell’opinione di De Sousa l’Unione Europea non è un blocco formato da paesi con eguali diritti e dignità, ma un aggregato nel quale i paesi del sud del continente si limitano ad obbedire agli ordini di Berlino e Bruxelles.
“Il popolo portoghese ha il diritto di esprimersi sulla questione dell’internità o meno nell’Eurozona. Al momento le politiche dell’Unione Europea ci portano solo impoverimento e quindi è arrivata l’ora di ascoltare la voce dei cittadini” ha detto il leader del PCP dopo la sua rielezione a segretario dei comunisti portoghesi. Obiettivo del partito – ha spiegato De Sousa – è “studiare e preparare la liberazione del Portogallo dalla sottomissione all’Euro che rappresenta uno strumento di degrado dell’apparato produttivo del paese”. Comunque, ha chiarito il leader del PCP, un eventuale abbandono della moneta unica continentale dovrà basarsi “sul rispetto della volontà popolare e su una scientifica preparazione del paese, sulla difesa dei salari e dei risparmi, dei livelli di vita e dei diritti dei lavoratori”. “L’Euro è in corso nel nostro paese dal primo gennaio del 2002 e a distanza di anni è ormai chiaro che l’adesione alla moneta unica ha rappresentato un grande errore politico e finanziario”.
I comunisti portoghesi sollecitano anche il ritorno immediato al controllo pubblico delle banche e, a partire dal 2016, l’aumento del salario minimo da 505 ad almeno 600 euro.

top