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Ferguson e la vita d'inferno degli afro-americani di Mumia Abu-Jamal Traduzione per a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
12/03/2015
"L'oppressione all'estero dà luogo all'oppressione interna" dice Abu-Jamal a Sputnik nella sua prima intervista esclusiva dopo un periodo di isolamento. Il più famoso "prigioniero politico" statunitense sostiene che la condizione degli afro-americani è peggiorata sotto il presidente Obama.
Attivista e giornalista, Mumia Abu-Jamal è stato condannato per l'omicidio nel 1981 di Daniel Faulkner, un poliziotto di Filadelfia, e condannato a morte in un processo che molti ritengono abbia avuto il carattere di una persecuzione politica. I sostenitori di Abu-Jamal puntano il dito su un giudice razzista, sulle testimonianze contrastanti, sulla sua presunta confessione, sulle accuse di fabbricazione di prove a carico degli agenti di polizia di Philadelphia coinvolti, sull'occultamento di testimoni e sulla confessione di un altro sospetto.
Prima della sua incarcerazione, Abu-Jamal era stato nelle Pantere Nere e in seguito attivista di Move [organizzazione per la liberazione dei neri con sede a Filadelfia, ndt] e giornalista radiofonico. Il fatto di essere inserito nei programmi di controllo dell'Fbi (Cointelpro, Counter Intelligence Program) e sotto la sorveglianza della polizia, dimostra secondo ai suoi sostenitori che Mumia fosse già un obiettivo quando fu arrestato per l'omicidio.
Sputnik ha chiesto ad Abu-Jamal, attraverso corrispondenza scritta, la sua opinione sullo stato delle relazioni razziali nell'America post-Ferguson e quale impatto ha avuto il primo presidente nero sul progresso e sull'uguaglianza.
Abu-Jamal è pessimista, a suo avviso "la vita degli afro-americani è un inferno".
Il sistema di casta americano
"Non abbiamo 'eguali' diritti" ci dice Mumia. "Esiste la retorica della parità dei diritti usata dalle élite e dallo Stato per mistificare la reale situazione degli statunitensi neri: un tremendo e incessante inferno. La parità dei diritti non produrrebbe i risultati palesemente iniqui che portano alla carcerazione di massa, alla povertà e alla morte".
Niente di tutto questo dovrebbe "sorprendere" chi conosce la storia, osserva. "Dopo la guerra civile, quando i 'epubblicani neri' hanno modificato la Costituzione per tutelare i diritti della cittadinanza nera (ad esempio, il voto, ecc.), la nazione ha letteralmente ignorato le 'garanzie' della Costituzione per un secolo, fino a quando la resistenza nera del Sud lo ha reso impossibile (ma la discriminazione è continuata con altri mezzi!)"
Riferendosi al libro The New Jim Crow, del giurista Michelle Alexander, Abu-Jamal sostiene che gli Stati Uniti hanno un sistema di caste quando si tratta di "ordinaria, comune classe operaia e dei neri poveri".
"Sono tenuti fuori da ogni aspetto significativo della vita, (lavoro, istruzione, buoni alloggi, ecc.)", dice, trovando un colpevole nella "guerra fasulla alla droga" che "criminalizza la vita dei neri".
Ferguson, icona della vita dei neri negli Usa
Le recenti rivelazioni su Ferguson - "ground zero" nella storia recente del movimento "Black Lives Matter" che si oppone alla brutalità della repressione, fondato dopo che l'anno scorso la polizia ha sparato e ucciso il disarmato Mike Brown - mostrano un sistema giudiziario che si accanisce contro i cittadini a basso reddito, di solito neri. Un'indagine del Ministero della giustizia e vari altri rapporti mediatici rivelano che gli afro-americani venivano sproporzionatamente fermati per violazioni minori, multati pesantemente e incarcerati se non in grado di pagare.
Il Ministero della giustizia ha anche evidenziato che la polizia di Ferguson ha agito attraverso la lente del pregiudizio razziale.
"I nostri risultati indicano che nella stragrande maggioranza dei casi - quasi il 90 per cento - la violenza fisica è diretta contro gli afro-americani" ha annunciato il procuratore generale Eric Holder dopo la pubblicazione del rapporto all'inizio di questo mese.
Tuttavia, Abu-Jamal interpreta i fatti accaduti nella cittadina del Missouri solo come un esempio di un problema sistemico.
"Ferguson ci dice tutto: per i neri poveri, la vita è un inferno, in quanto lo Stato sfrutta i poveri per spremere i loro soldi, utilizzando a tal fine anche il sistema carcerario", afferma. "Mike Brown ci ha mostrato che utilizzano il terrore per un nonnulla, per far filare dritto i nativi. Le cose oggi sono diventate intollerabili, nonostante la favola dei diritti civili e delle sue vittorie".
L'elezione di Obama, un'arguzia politica
Le cose, per la "vita dei neri", sono peggiorate sotto Obama, sostiene Abu-Jamal. Egli osserva che la recessione del 2007 e 2008 ha decimato in modo sproporzionato le minoranze etniche e la situazione è ancora negativa, secondo gli economisti.
"Lo sapevate che negli ultimi otto anni o giù di lì, i neri americani (e gli ispanici) hanno perso la quota maggiore di ricchezza personale, soprattutto in relazione ai mutui, rispetto a qualsiasi altro momento della storia americana?", chiede retoricamente Abu Jamal.
La proprietà della casa costituisce la quota prevalente della ricchezza delle famiglie nere e ispaniche - quelle che hanno disponibilità economiche, naturalmente - mentre i cittadini bianchi tendono ad avere un portafoglio più diversificato di azioni e obbligazioni, i cui mercati sono in larga ripresa. Tuttavia, il mercato immobiliare è nuovamente in declino e i pignoramenti crescenti e i mutui underwater, ovvero sott'acqua, (quelli cioè in cui l'importo dovuto è superiore al valore della casa), hanno costretto molti proprietari a basso reddito ad abbandonare le loro case e, di conseguenza, la stragrande maggioranza della loro ricchezza".
"I neri sono in fondo a qualsiasi indice sociale della nazione", dice Abu-Jamal aggiungendo che avere il primo presidente nero potrebbe avere solo aggravato il problema. "La sua elezione ha determinato un contraccolpo tra i bianchi, spinti a contrastare tutto ciò che Obama cerca di fare", spiega Abu-Jamal. "Dalla sua elezione ha perso potere politico e nei due mandati ha perso le maggioranze in entrambe le camere del Congresso. I repubblicani - il partito nazionalista bianco - sta rendendo più difficili i suoi giorni".
La cosa non avrebbe potuto essere programmata meglio da chi vuole mantenere un certo ordine nel paese.
"L'elezione (e la rielezione) di Obama è stata un'arguzia politica", dichiara, "ma non produce vantaggi perché i neri nelle alte stanze non sono capaci di mantenere, pianificare e utilizzare il potere".
"False soluzioni"
Per Abu-Jamal, "la parità dei diritti", la presidenza Obama, le azioni positive e l'integrazione sono "chimere", false soluzioni ai problemi fondamentali dell'oppressione contro gli statunitensi neri.
"Nessuna di queste idee affronta realmente l'autodeterminazione o anche l'autonomia dei neri. Stiamo ancora mercanteggiando per le briciole", asserisce Mumia. "I primi programmi di azioni positive furono dei repubblicani (amministrazione Nixon) e miravano a placare il movimento di emancipazione con la promessa di buoni posti di lavoro. La nostra vita economica è stata mantenuta arretrata, le nostre comunità sono luoghi in gran parte separati dal normale flusso economico: viviamo in zone di casta inferiore (bantustan), dove lo sfruttamento (come ammesso nell'esempio di Ferguson) è tutto ciò che conta".
"Quando prendiamo seriamente in esame il concetto di azione positiva, ci accorgiamo che si tratta di un piano volto a costruire diverse élite - medici, avvocati, dirigenti politici. Per il ghetto povero, per gli intoccabili, le azioni positive sono in larga misura irrilevanti perché sono anni luce dalle loro possibilità. Come chiarisce il professore di diritto [Michelle] Alexander, la media dei neri statunitensi è espulsa - mentre le élite nere potrebbero avere accesso alle azioni positive - e i neo-liberali applaudono".
"Ci sono città oggi negli Usa dove il 50 per cento - il 50 per cento! - dei ragazzi lascia la scuola e non si diploma. Ci sono città con percentuali più elevate. Si tratta di un sistema fallimentare".
Oppressione all'estero = oppressione domenstica
Dopo la decisione del grand jury del Missouri di assolvere Darren Wilson - l'ufficiale che ha sparato e ucciso Michael Brown - da qualsiasi azione penale, le Nazioni Unite hanno rivisto la loro opinione sulla vita delle persone di colore negli Stati Uniti, definendola una questione di diritti umani.
"Sono profondamente preoccupato per il numero sproporzionato di giovani afro-americani che muoiono in scontri con gli agenti di polizia, così come per il numero sproporzionato di afro-americani incarcerati negli Stati Uniti e il loro numero sproporzionato nel braccio della morte" ha dichiarato l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Zeid Ra'ad Al Hussein.
Sputnik ha chiesto ad Abu-Jamal cosa ne pensasse del fatto che gli Stati Uniti venissero richiamati per il trattamento riservato agli afro-americani.
"Malcolm [X] avrebbe sostanzialmente concordato, ma avrebbe aggiunto che poiché gli Stati Uniti sono un impero, non si preoccupano né si curano di ciò che pensano gli altri", spiega. "Gli importa solo che gli altri obbediscano. Se Guantanamo chiude (metto un grande se), ci sono ancora 'black sites' [centri clandestini di detenzione] in tutto il mondo, dove la tortura è accettata, esercitata e associata a pratiche peggiori. Un cittadino statunitense può diventare bersaglio di un attacco dei droni se così decide il potere. L'intera nazione è sotto sorveglianza da parte di varie agenzie dagli acronimi fantasiosi. Ogni telefonata, ogni battitura, ogni conversazione".
Il modo in cui gli Stati Uniti agiscono in politica estera, sostiene Abu-Jamal, è parte integrante di come risponde all'opposizione interna.
"Malcolm direbbe che l'oppressione all'estero dà luogo all'oppressione interna, che il capitalismo che imperversa incontrollato fuori dal paese volgerà presto il suo occhio famelico sulle opportunità all'interno della 'nazione'. Perché, come ha detto Malcolm, il 'Capitalismo' è una sanguisuga".
L'eredità di Malcolm X
Sputnik aveva originariamente previsto di pubblicare questa intervista con Abu-Jamal nel 50° anniversario dell'assassinio del leader dei diritti civili Malcolm X. Tuttavia, nonostante la richiesta fosse stata inviata più di un mese prima dell'anniversario, Abu-Jamal non ha ricevuto in tempo le domande dell'intervista perché stava scontando una pena in isolamento per "non aver seguito le istruzioni".
(NdR: L'isolamento a lungo termine e il suo uso come punizione è considerata una violazione del diritto umanitario internazionale.)
Abu-Jamal ha risposto alle domande circa l'eredità di Malcolm X e il suo impatto sulla società.
"Onestamente, oggi penso che le nuove generazioni crescano senza un concetto reale di ciò che è stato Malcolm X, se non che era un tale che avrebbe odiato essere etichettato come 'un leader dei diritti civili'. Il suo nome è noto, ma le sue idee, la sua storia, in gran parte non lo è, a mio avviso, soprattutto tra le grandi masse della gioventù nera".
Abu-Jamal lamenta che Malcolm X è diventato "un'icona, un'effige buona per i francobolli degli Stati Uniti, perché non c'è una vera e propria organizzazione là fuori a sostenere il significato del progetto di Malcolm per i neri d'America. I media dominanti non possono e non vogliono raccontare quella storia. Hanno invece martinizzato Malcolm, distorcendo la sua storia, incivilendola, rendendola più 'sicura'".
"Quando era vivo, era una forza potente, un oratore di qualità, era anche un dirigente organizzativo geniale, che, come rivoluzionario, irradiava la nostra lotta, con serietà e impegno per la libertà dei neri in tutto il mondo".
Gli abbiamo chiesto di confrontare le eredità di Malcolm X e Martin Luther King. Abu-Jamal ritiene che, prima di tutto, erano divisi da un divergente senso di fedeltà al loro paese di nascita.
"Stranamente, entrambi gli uomini erano nazionalisti, in una certa misura", dice Mumia. "Martin era un nazionalista americano che voleva che gli Stati Uniti vivessero all'altezza del credo professato; Malcolm invece era un nazionalista nero che voleva che l'America nera fosse libera di seguire i propri interessi. Dannata America!"
La conclusione di Abu-Jamal è che, nonostante gli sforzi di questi due uomini, poco sia cambiato e poco ci può aspettare: "Essere nero in America oggi non è una passeggiata. E', per citare il rapper Young Jeezy, come livin' in hell". |