Originale: teleSUR English http://znetitaly.altervista.org/ 1° maggio 2015
Baltimora: razza, classe e rivolta di Bill Fletcher Traduzione di Maria Chiara Starace
Ci sono state poche cose che mi hanno sorpreso riguardo alla rivolta di Baltimora, seguita al funerale di Freddie Gray, che è stato assassinato. Le tensioni si erano andate costruendo fin da quando si è diffusa la notizia che era morto dopo che la spina dorsale gli era stata spezzata mentre era detenuto dalla polizia. Non è soltanto che quella atrocità si era verificata in circostanze estremamente sospette, ma che il governo della città è sembrato semplicemente debole nella sua reazione. Non mi ha sorpreso che la gioventù di colore scendesse in strada furiosa o che ci fossero opportunista tra la folla che hanno approfittato degli scontri per commettere dei furti. Era un tumulto o una rivolta. Non era in insurrezione e non aveva né un’ideologia né una dirigenza coerente. Quello che ho trovato maggiormente degno di nota negli avvenimenti recenti è una cosa che ha ricevuto una copertura giornalistica limitata: il fatto che ci fossero gruppi organizzati di uomini e donne che operavano attivamente per deviare la rabbia dei giovani dalla distruzione dei loro quartieri. Il NOI, per esempio, ha impegnato i suoi membri facendoli andare nelle strade, parlare con i giovani e cercare di dissuaderli dal fare atti di violenza. Il NOI non era da solo. C’erano altri gruppi, comprese squadre e anche gruppi di comunità che intendevano sia protestare per l’uccisione di Freddy Gray, ma anche cercare di convincere i giovani ribelli che era necessario ci fosse una strada diversa. Gran parte della Sinistra politica ha prestato scarsa attenzione a queste iniziative. In qualche misura rendiamo affascinanti le ribellioni, in parte perché riconosciamo la legittimità della rabbia, come nel caso di Ferguson, nel Missouri, o, adesso, a Baltimora, nel Maryland. C’è tuttavia un rischio intrinseco nelle nostre reazioni poiché troppo spesso ignoriamo la natura contraddittoria dei tumulti/rivolte. Noi della Sinistra reagiamo correttamente contro coloro che cancellano i ribelli in quanto “delinquenti” e “criminali”. Tuttavia se ci si ferma a questo, perdiamo degli argomenti critici. Reagire con rabbia è molto diverso dall’auto-difesa o da un’insurrezione programmata (non vuol dire che io esiga la seconda). Negli anni ’60, le comunità Nere in tutti gli Stati Uniti, sono esplose in ribellioni massicce scatenate da anni di discriminazione razzista, da violenze della polizia e da un senso di privazione della dignità da parte della società più vasta. Queste rivolte, tuttavia, sono quantitativamente diverse rispetto ai “tumulti per la razza” che hanno avuto luogo all’inizio del 20° secolo (particolarmente tra il 1917 e il1921), quando le comunità afro-americane erano vittime di pogrom attuati da masse razziste decise a distruggere. Gli afro-americani si opponevano di frequente a questi attacchi, spesso con le armi. Queste “rivolte per la razza” consistevano in attacchi da parte di un gruppo, contro un’intera comunità che, di conseguenza, utilizzava qualsiasi mezzo necessario per difendersi. Un’insurrezione mira a deporre un individuo o un regime, nel caso del miglior scenario possibile, facendo nascere un nuovo sistema. Forse può nascere con una sommossa, ma si trasforma in qualcosa di molto diverso, e questo avviene quando c’è organizzazione, dirigenza, e visione. I tumulti o le rivolte non incentrate su un obiettivo, esprimono rabbia, furore e talvolta disperazione. Come aveva osservato così bene Martin Luther King, queste rappresentano la voce di coloro che non vengono sentiti. Questa cos è molto chiara quando si guarda Baltimora. Baltimora è un classico esempio di città che è stata deindustrializzata negli scorsi 40 anni. Era una città con una classe operaia florida e ben organizzata che aveva assistito a una devastazione quasi su larga scala, quando le industrie si sono trasferite ho hanno chiuso completamente. Mentre i bianchi si trasferivano in periferia, la segregazione razziale è arrivata a essere rappresenta a livello metropolitano, cioè una città in gran parte nera circondata da una periferia di bianchi. Tuttavia la situazione non finisce con la razza. La deindustrializzazione di Baltimora è stata accompagnata da un aumento della povertà. L’epicentro della recente ribellione è un’area con un livello di disoccupazione di almeno il 30% e con un reddito medio di 17.000 dollari all’anno. Tuttavia, questa povertà è qualcosa che non si vedrà necessariamente durante una visita a Baltimora perché il rinnovamento della città ha creato zone di “luccichio” specialmente attorno al porto e agli stadi sportivi. Ci si può andare da turisti e non avere la sensazione che a poca distanza sarete testimoni delle conseguenze letali del capitalismo della finne del 20° secolo che sé riorganizzato. Coloro che si sono impegnati in queste rivolte, vivono una vita diversa da quella di coloro che sono scappati in periferia. Gli scontri con la polizia – sia nera che bianca – non li rende cari al sistema, un sistema che presume siano colpevoli anche prima che venga commesso un crimine. Quindi non avrebbe dovuto sorprendere nessuno ci sia stata quella violenza. Semmai la sorpresa sarebbe stata che non fosse successa prima. La sfida per noi della sinistra politica era di andare oltre il riferire su atti di rabbia, o, peggio il rendere affascinante la violenza. Penso che valga la pena prestare attenzione a coloro che come [l’organizzazione afro-americana] La Nazione dell’Islam [The Nation of Islam (NOI)] hanno passato del tempo nelle strade, parlando con i giovani. Vale la pena prestare attenzione ai capi della comunità – capi con la “c” minuscola, vorrei far notare – che hanno dei seguaci ma che spesso non vengono riconosciuti. Guardando questi e altri gruppi, ciò che dovrebbe emergere per noi è una discussione sulla strategia e l’organizzazione. La gente urlerà furiosa quando si accorgerà che la situazione è disperata. In assenza di una chiara visione o direzione in cui incanalare la propria rabbia, qualsiasi direzione diventa LA direzione. Tuttavia non è questo che ciò che crea un movimento politico. L’energia e la direzione del movimento #BlackLivesMatter (la Vita dei Neri conta) può comunque essere al centro di un nuovo movimento di giustizia razziale, un movimento che possa realmente – e io affermerei debba – unire la razza, la classe, il genere come parte di una spinta per la trasformazione sociale. E’ essenziale per noi della Sinistra politica, specialmente ma non limitandosi alla Sinistra Nera, impegnarsi in quella discussione sulla strategia. Strategia non significa pianificare questa o quella dimostrazione, ma implica riflettere a fondo sui modi di costruire un movimento e sulla direzione degli obiettivi di tale movimento. E la strategia è irrilevante se non è collegata al processo di costruzione o, in alcuni casi, di ricostruzione, di organizzazioni che sono strumenti di librazione. Non basta, a noi della Sinistra, commentare favorevolmente il diritto a ribellarsi che hanno le persone oppresse e represse. Non ci basta avvalorare la rabbia che ha assunto una forma molto distruttiva. Dobbiamo, piuttosto, appoggiare coloro che come il NOI, come le i gruppi che si impegnavano in una tregua allo scopo di reindirizzare la rabbia, e le organizzazioni ad hoc che volevano preservare le loro comunità, che fanno tutte parte di un più ampio movimento per la giustizia per Freddy Gray. Si devono unire questi sforzi come parte della costruzione di un ampio fronte per la giustizia e il potere, un movimento che, oltre che a protestare per le atrocità, sia guidato da un senso di speranza e dalla visione di un nuovo giorno.
Bill Fletcher Jr. è il presentatore del programma The Global African su Telesur-English. E’ attivista e scrittore di problemi della giustizia razziale, di lavoro e di giustizia globale. Seguitelo su Twitter, Facebook e su www.billfletcherjr.com Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo www.znetitaly.org Fonte: http://zcomm.org/znet/article/baltimore-race-class-&-upsrisings |