http://www.greenreport.it/ 26 novembre 2015
La visita del Papa in Africa vista dagli africani
Corruzione, sfruttamento delle risorse e dell’ambiente, povertà e terrorismo anche cristiano
Jeune Afrique scrive che quello che Papa Francesco ha iniziato ieri in Kenya «E’ senza dubbio, per il momento, il viaggio più rischioso del suo pontificato. In papamobile scoperta nelle strade di Nairobi, Kampala e, se la visita sarà mantenuta, Bangui, Papa Francesco scoprirà il continente africano, dove fino ad ora non era mai andato. Mentre questo viaggio si inscrive nel contesto teso degli attentati di Parigi e dell’attacco del Radisson a Bamako, è un messaggio di pace, di giustizia socialee di dialogo tra islam e cristianesimo che Jorge Bergoglio, 78 anni, vuole portare in cinque giorni molto densi, per il suo primo soggiorno sul continente dal 25 al novembre. Durante il suo undicesimo viaggio all’estero, inanellerà visite ai territori e pronuncerà 19 discorsi. Ascolterà numerose testimonianze, soprattutto di bambini soldato, di vittime dell’AIDS, delle guerre e della povertà». Ma il momento più atteso e temuto sarà l’apertura, dmenica 29 novembre – mentr tutto il mondo marcia per la giustizia climatica – l’apertura di una “porta santa” a Bangui, in una delle città più povere e insicure del mondo, insanguinata da una spietata guerra civile tra cristiani e musulmani che in realtà è un pezzo dell’eterno conflitto per le risorse che il Papa chiama Terza Guerra Mondiale . E qui che Papa Francesco ha voluto simbolicamente aprire con 10 giorni di anticipo il “Giubileo della misericordia”, in un Paese fantasma, la Repubblica Centrafricana, che la misericordia non l’ha mai conosciuta, a cominciare dai cristiani. La buona notizia è che I miliziani dell’ex-Séléka, oggi Front populaire pour la renaissance de la Centrafrique (FPRC), le milizie a maggioranza islamica che sono state brevemente al potere dopo il colpo di Stato che ha precipitato il Centrafrica nel caos assoluto, hanno invitato la popolazione di Bangui ad accogliere il Papa scendendo nelle strade, garantendo che da parte loro si farà di tutto perché la visita del Pontefice avvenga in tutta sicurezza. In un comunicato firmato dal coordinatore generale politico del FPRC, Moustapha Saboune, si legge: «Siamo convinti della necessità di incoraggiare il dialogo tra le diverse componenti della società centrafricana per la coesione sociale, (…) il ritorno dei rifugiati, (…) la messa in campo di istituzioni consensuali per una transizione tranquilla e delle elezioni libere e credibili». Saboune chiede ai Séléka, agli anti-Balaka (le milizie cristiane che hanno seminato la morte a colpi di machete e kalashnikov) e alla società civile di «mantenere la parola data e rispettare lo spirito a la lettera degli accordi di pace firmati a Nairobi, in Kenya. Il FPRC-Coalition-Séléka è s disdpoto d apportare il suo modesto contributo in materia di sicurezza e d’accoglienza, se necessario, durante questa visita pontificale». Se Papa Francesco riuscirò ad aprire la porta santa a Bangui e a riportare un po’ di pace in Centrafrica avrà fatto già un miracolo. Ma mentre il Papa atterrava a Nairobi in Centrafrica gli scontri proseguivano e la presidente di transizione della Repubblica Centrafricana, Catherine Samba-Panza, avrebbe già pronto un pano alternativo, che prevede una sosta di qualche ora del Papa all’aeroporto di Bangui, blindatro dalla forza di intervento francese Sangaris. In caso di disordini, le visite alla grande moschea del quartiere PK5, ad un centr profughi, allo stadio Boganda ed alla cattedrale cattolica verrbbero annullate. Il Papa pregherebbe circondato da soldati stranieri in un Paese che non è riuscito a trovare un atto di pace nemmeno per accoglierlo. Sarebbe una sconfitta per la pace, la comunità internazionale e soprattutto per la Repubblica Centrafricana, ma anche per le migliaia di pellegrini del Camerun e del Congo che, sfidando pericoli e difficoltà, saranno a Bangui per accogliere Papa Begoglio. La prima tappa del Papa è in Kenya, poi andrà in Uganda, Paesi che hanno rispettivamente il 32 e il 47% di popolazione cattolica, ma dove è presente la guerriglia islamista somala degli al Shebab e dove, in Uganda, è nata la Lord’s Resistance Army, una feroce milizia di disperati che dice di ispirarsi ai 10 comandamenti, alla Bibbia e al Vangelo e che da anni semina il terrore tra Uganda, Repubblica democratica del Congo, Repubblica Centrafricana e Sud Sudan. In Kenya Papa Francesco è stato accolto da danzatori che cantavano “Karibu papa Francis”, e da un imponente servizio di sicurezza di 10.000 uomini armati che hanno il compito di evitare un possibile attentato dei jihadisti di al Shebab. Bergoglio ha detto che «L’esperienza dimostra che la violenza, il conflitto, il terrorismo si nutrono della paura, del sospetto, così come della disperazione proveniente dalla povertà e dalla frustrazione». Poi ha chiesto ai leader del Kenya, un paese dove la corruzione sembra endemica, di «lavorare con integrità e trasparenza per i bene comune». E il presidente kenyano, Uhuru Kenyatta (non certo immune da accuse di corruzione ed autoritarismo) si era già portato avanti con il lavoro: il 24 novembre ha fatto un rimpasto di governo ed ha messo alla porta 5 ministri accusati di corruzione per un gigantesco scandalo che ha coinvolto i loro ministeri. Si tratta di Felix Koskei (agricoltura, pesca e sviluppo dell’allevamento), Michael Kamau (infrastrutture e trasporti), Davis Chirchir (energia e petrolio), Samuel Kazungu Kambi (lavoro) e Charity Ngilu (terre, alloggi e sviluppo urbano), tutti ministeri che in qualche modo si occupano di gestione delle risorse. I ministeri avrebbero gonfiato le spese per acquistare beni di lusso. Il 23 novembre, dopo mesi di traccheggiamento, Kenyatta aveva annunciato una serie di misure per lottare contro la corruzione, dicendo che «Si tratta di una minaccia alla sicurezza nazionale», poi aveva cesto ai leader religiosi di bollarla come un «peccato contro Dio e l’umanità». Oggi il Papa visiterà anche la sede dell’United Nations environment programme (UNEP) a Nairobi per sottolineare l’importanza della Conferenza delle parti dell’Unfccc che inizierà a Parigi il 30 novembre. Ma l’iniziativa più attesa è quello di domani nella gigantesca bidonville de Kangemi, alla periferia di Nairobi, dove il Papa incontrerà i movimenti popolari, cristiani e non cristiani, per chiedere che organizzino insieme la difesa pacifica dei poveri contro ogni forma di sfruttamento. In Uganda il Pontefice visiterà un centro caritativo a Nalukolongo e poi onorerà i martiri cristiani africani vittime di persecuzioni religiose, culturali, politiche e sessuali.
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