ansa - 13 ottobre 2014 - Tre attentati fanno strage a BaghdadAlmeno 30 persone sono state uccise e oltre 60 ferite da tre autobomba, lunedì a Baghdad in quartieri abitati dalla maggioranza sciita. Lo rendono noto fonti della sicurezza. Un'autobomba è esplosa sulla Piazza Aden, uccidendo 22 persone e ferendone 41, un'altra nel sobborgo di Sadr City, provocando la morte di 8 persone e il ferimento di 25 mentre ed una terza nel distretto di Habibiya. In quest'ultimo episodio ancora non csi conosce il numero delle vittime. L'Huffington Post Gli ex generali di Saddam guidano l'attacco dell’ISIS verso Baghdad, città simbolo della rinascita sunnita. Incubo per Obama La rivincita dei generali di Saddam. Una conquista che avrebbe un valore simbolico, oltre che politico e militare, dirompente. Bandiera nera su Baghdad. Il trionfo sunnita (nella sua coniugazione più estrema) contro l’odiato potere sciita. Conquistare Baghdad per sancire nel modo più eclatante, il fallimento della politica americana, e occidentale, in Medio Oriente, dopo due guerre scatenate per abbattere un dittatore diventato scomodo (Saddam Hussein) e costruire un “ordine nuovo” in Mesopotamia. SE CADE BAGHDAD. Di "ordine nuovo" non c’è ormai da tempo più traccia, mentre il “nuovo” ha i caratteri inquietanti dello Stato Islamico di Abu Bakr al-Baghdadi. Se cade Baghdad, saremmo ad un passaggio epocale. E non solo per il Medio Oriente. Perché verrebbero ribaltati gli equilibri di potenza tra mondo sunnita e mondo sciita, perché si tratterebbe della prima, grande sconfitta subita negli ultimi anni dall’Iran nella regione; perché metterebbe l’Amministrazione Obama di fronte al più colossale fiasco strategico registrato dalla fine della Guerra Fredda da una presidenza Usa: aver rivendicato, da parte di Obama, di aver posto fine, con il ritiro dei propri militari, alle “guerre dei Bush”, salvo poi ritrovarsi a fare i conti con un Paese in mano ad un esercito di tagliatori di teste, pronti a fare di Baghdad la capitale dello Stato della Jihad. MARCIA VERSO BAGHDAD. Mentre nella martoriata città curda di Kobane si continua a combattere strada per strada, l’Isis, stando a fonti locali citate dal Telegraph e da Al Arabiya, avrebbe radunato attorno alla capitale irachena “fino a 10 mila combattenti” pronti a sferrare l’attacco. Ma quei 10 mila miliziani, supportati da artiglieria pesante e carri armati, sono solo l’avanguardia delle forze che l’Isis è pronto a convogliare su Baghdad. Nel frattempo, lo “Stato maggiore” di al-Baghdadi consolida le posizioni nell’area prossima alla capitale. A darne conto è la notizia, rilanciata dalle agenzie di stampa internazionali, che le truppe irachene di stanza a Hit, nella provincia occidentale (sunnita) di Anbar, 150 chilometri ad ovest della capitale irachena, sono state trasferite in una vicina base militare, lasciando così la città sotto il pieno controllo dei jihadisti dello Stato islamico La base militare di Asad si trova a nord-ovest della città, circondata dal deserto, ed è una delle poche ancora sotto il controllo del governo. «Hit è ora al 100% controllata dall'Isis», ha confermato una fonte di polizia. La presa di Anbar garantirebbe all’Isis un corridoio diretto. Cruciale, in questa ottica, è la caduta del capoluogo Ramadi. Di fatto Baghdad è quasi circondata. LA DEBOLEZZA DELL'ESERCITO IRACHENO. In questa parte dell’Iraq a porre resistenza non sono i peshmerga curdi, abili e motivati combattenti. Qui, l’avanzata delle milizie del «Califfo Ibrahim» è resa più agevole da un esercito in rotta: quello del (fu) Stato iracheno. Per evitare la caduta di Baghdad, concordano gli analisti militari, non basteranno i raid aerei americani. Per fermare l’avanzata dell’Isis occorrono truppe di terra a sostegno di ciò che resta delle forze armate fedeli al governo di Baghdad. Oggi a difesa della capitale, sono schierati 60 mila soldati dell’esercito lealista, supportati da 12 squadre di consiglieri militari americani. Potrebbero anche essere sufficienti , quei soldati, se non fosse che si tratta di truppe raffazzonate, senza ufficiali all’altezza. LA RIVINCITA DI SADDAM. Per comprendere il valore, anche storico, della possibile conquista di Baghdad, è bene soffermarsi sulla catena di comando militare costruita da al-Baghdadi. I suoi più stretti collaboratori sono ex militari iracheni che il capo dell’Isis ha conosciuto quando era imprigionato dagli americani a Camp Bucca. Si tratta di ex fedelissimi di Saddam, usciti dal partito Baath: primi fra tutti Fadel al-Hayali, capo delle operazioni in Iraq, e Adnan al-Sweidawi, capo del consiglio militare. Entrambi erano colonnelli di Saddam e, assieme ad altri 23 ex ufficiali iracheni, sono stati scelti da al-Baghdadi per sommare competenze militari classiche ai metodi sanguinosi del terrorismo jihadista. Un terzo dei 25 capi militari di Isis è veterano di Saddam e tutti sono stati incarcerati dagli americani dopo il rovesciamento del regime nel 2003. Per consolidare tale struttura, al-Baghdadi ha ordinato blitz nelle prigioni irachene che, negli ultimi due anni, hanno portato a liberare - e arruolare - almeno 300 ex ufficiali della Guardia Repubblicana, di Saddam. Sono stati loro a rendere possibile la conquista di Mosul. E sono sempre loro, oggi, a coordinare sul campo il piano per la conquista di Baghdad. Quanto agli armamenti, l’Isis disporrebbe di un parco mezzi pesanti che la assimilerebbe a tutti gli effetti ad un esercito convenzionale: tra questi mezzi, almeno 150 carri da battaglia, oltre a decine di pezzi di artiglieria, anche di grosso calibro, sistemi anticarro ed antiaerei spalleggiabili di vario tipo e di produzione sia russa che americana. LA RINASCITA SUNNITA. A sostegno dell’avanzata dell’Isis, concepita come una “rinascita sunnita”, è anche Tariq Al-Hashemi, vice presidente sunnita dell’Iraq fino al 2011, quando fu costretto a fuggire dal Paese perché accusato dal governo sciita di Nuri Al-Maliki di “sostegno al terrorismo”. La “rinascita sunnita” passa dunque per la conquista di Baghdad. Ed è proprio su questa visione dell’ultima battaglia che fa conto al-Baghdadi. I diecimila miliziani che accerchiano la capitale possono già contare su decine di “cellule dormienti”
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