http://www.tempi.it Iraq, un gruppo di musulmani difende i cristiani contro i terroristi dello Stato islamico. «La mia casa è aperta per il mio fratello» Si sono riuniti domenica sera alla fine della Messa davanti alla chiesa di San Giorgio a Baghdad con questo cartello: «Anch’io sono un cristiano iracheno». Il patriarca Sako era fra loro: «Grazie, questo raduno porta speranza» «Anch’io sono un cristiano iracheno». Questo cartello di sostegno ai cristiani di Mosul non è stato alzato durante una manifestazione di fedeli cattolici o ortodossi ma portato da un gruppo di musulmani domenica sera fuori dalla chiesa di San Giorgio al termine della Messa. «QUESTO RADUNO PORTA SPERANZA». I musulmani, che hanno voluto mostrare in modo tangibile il loro sostegno, criticando il neonato califfato islamico, hanno dichiarato: «La mia casa è aperta per il mio fratello cristiano». I fedeli islamici sono stati raggiunti dal patriarca caldeo Louis Mar Sako, come si vede nella foto: «Questo raduno porta speranza per un nuovo Iraq. Penso soprattutto ai giovani, che hanno il compito e il dovere di cambiare la situazione», ha detto Sako secondo quanto riportato da AsiaNews. Poi riferendosi ai cristiani perseguitati, costretti a lasciare le loro case a Mosul: «È una vergogna e un crimine cacciare persone innocenti dalle proprie case e confiscare le loro proprietà perché sono “diversi”, perché sono cristiani. Il mondo intero deve ribellarsi contro queste azioni abominevoli».
SOLIDARIETÀ SU INTERNET. Prima di andare via, i cristiani hanno recitato il Padre Nostro e i musulmani la sura al Fatiha, la prima del Corano, che riassume il credo musulmano. Sostegno ai cristiani è stato espresso anche su internet, dove è stata lanciata da un iracheno di Mosul di nome Ali la campagna: “Siamo tutti cristiani”. «Preserviamo la dignità delle nostre azioni, per tutti i cristiani fuggiti da Mosul e come esempio per i nostri bambini», ha scritto su internet. Il suo messaggio è stato ripreso da centinaia di iracheni, che hanno fatto partire sui social l’hashtag “#I_am_Iraqi_I_am_Christian”. LETTERA APERTA. In una lettera aperta pubblicata ieri, il patriarca Sako è tornato a condannare la discriminazione: «La presa della città di Mosul da parte dei jihadisti islamici e la loro proclamazione di uno Stato islamico ha fatto precipitare la situazione per i cristiani di quella città e delle aree circostanti. (…) Lo Stato islamico ha emesso un comunicato per imporre apertamente ai cristiani di convertirsi, oppure pagare la jizya senza specificare il prezzo, oppure lasciare la città e le proprie case con indosso soltanto i vestiti, senza portare via nulla. (…) Queste richieste offendono i musulmani e la reputazione dell’islam, che sostiene la libertà per ognuno di avere la religione che preferisce e che proibisce la costrizione negli affari di fede, e sono in contraddizione con i 1.400 anni di storia e di vita del mondo islamico». «È UNA VERGOGNA». La lettera, rivolta «alle persone di buona coscienza e buona volontà, in Iraq e nel mondo, a tutti i moderati, nostri fratelli e sorelle musulmane in Iraq e nel mondo» e «a tutti i difensori della dignità della persona umana e della libertà religiosa», continua: «I cristiani sin dall’avvento dell’islam e in particolare nel nostro Oriente hanno condiviso con i musulmani ricordi felici e amari, hanno mischiato il sangue per la difesa dei propri diritti e delle proprie terre, hanno costruito insieme città, civiltà ed eredità comune. È una vergogna che ora i cristiani vengano rigettati, espulsi e limitati nella loro vita. (…) Ci appelliamo con calore fraterno ai nostri compagni iracheni che sostengono questa gente: devono riconsiderare la propria strategia e rispettare gli innocenti disarmati, di qualunque etnia, religione o setta. Il Corano impone il rispetto degli innocenti e non chiede il sequestro forzato delle proprietà delle persone: al contrario esso predica l’aiuto per le vedove, gli orfani, i deboli e coloro che non hanno difesa. Raccomanda persino di aiutare tutti i vicini». LA CONDANNA DELL’ONU. Anche il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha parlato contro i soprusi dei terroristi: «Gli attacchi sistematici contro i civili in ragione delle loro origini etniche o della loro appartenenza religiosa costituiscono un crimine contro l’umanità di cui gli autori dovranno rendere conto».
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