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Lunedì, 30 giugno

Paura e Delirio all’hotel Babilonia
di Pepe Escobar
traduzione di Fa Ranco

Quindi ora una enorme fila di Sunniti Estremi si estende dai sobborghi di Aleppo a Tikrit e da Mosul al confine Iracheno-Giordano – lo stesso che è sparito nel 2003 quando la missione Shock and Awe è stata (non)compiuta.

In una terrificante eco delle impronte delle armate di Cheney che risuonano sulle sabbie della provincia di Anbar, lo Stato Islamico di Iraq e Sham (ISIS) e la sua coalizione di intenti (jihadisti, islamisti, bahatisti e sceicchi tribali) ora si ergono a “liberatori” dei Sunniti iracheni dal giogo di una maggioranza sciita “malvagia” al governo di Baghdad.

Per di più l’ISIS controlla anche la guerra delle Pubbliche Relazioni. Qui uno studio jihadista su come ogni possibile coinvolgimento “cinetico” di Washington possa essere interpretato come  una dissacrante alleanza tra l’Impero e il Primo Ministro Nouri Al Maliki contro i ribelli.

Da una prospettiva Sunnita è collegato con la legge antiterrorista irachena; con la bahatificazione (con l’ascesa del neo-bahatista Jaysh Rijal Al Tariqa Al Naqshbandia -aka JRTN- spinta dall’ex pezzo grosso di Saddam Izzat Ibrahim Al Douri); con il Ministro degli Interni a Baghdad che perseguita i politici Sunniti; con le proteste soppresse.

Al contempo, c’è il ritorno della Sahwa (i Figli dell’Iraq) sponsorizzati USA – i quali combatterono strenuamente Al Qaeda nel 2007 in Iraq, la madre dell’ISIS -  e il ritorno di svariate milizie sciite (Muqtada Al Sadr non solo ha respinto la nuova ondata di “consiglieri statunitensi” – così è come è iniziato il Vietnam – ma ha anche avvertito che i suoi men in black faranno “tremare la terra” combattendo l’ISIS). La metà degli anni 2000 è la normalità, si scatenerà di nuovo un inferno di milizie che si combattono tra loro.

Mesopotamia, abbiamo un problema. I neo-bahatisti non vogliono altro che un Iraq governato dai Sunniti, stile Saddam (piuttosto l’ex cucciolo neocon Ahmad Chalabi), l’ISIS vuole un califfato esteso su tutto il levante e sotto le leggi siriane. Qualcuno deve pur cedere.

A cedere sarà lo stato iracheno stesso – balcanizzato, che patisce ancora le conseguenze dell’invasione e dell’occupazione del 2003 e finalmente ridotto al centro della jihad.

È IL MOMENTO DELLA VENDETTA

La “strategia” dell’amministrazione Obama (ricordate “non fate stronzate”, la strategia in Ucraina?) è di imporre un cambio di regime ad Al Maliki, dopotutto ha avuto il cattivo gusto di rifiutarsi di lasciar occupare l’Iraq alle truppe USA dopo la deadline di fine 2012. Più di tutto il suo governo è vicino a quello di Teheran.

Ecco  la risposta alla ormai leggendaria domanda su come i satelliti dell’intelligence statunitense si siano persi quella colonna di uomini dell’ISIS nelle loro lucenti Land Cruiser Toyota bianche che attraversavano il deserto siro-iracheno. Chiamiamola la madre di tutti gli Epic Fail (vi ricordate la “madre di tutte le battaglie” di Saddam?)

Abbiamo il marchio di fabbrica della “vendetta” dell’Impero del Caos contro Baghdad, Teheran e – perchè no – Mosca (dopotutto il presidente russo Putin aveva offerto pieno sostegno ad Al Maliki per combattere i jihadisti). L’Iraq si fonde perfettamente con l’Ucraina e come per un “vendetta remake” è – quasi tutto – spiegato qui.

Così come per la leggenda divulgata – ancora una volta – dalla Beltway dei “terroristi buoni” e “terroristi cattivi”, questa settimana Jabhat Al Nusra in Siria ha offerto il proprio sostegno all’ISIS. Ciò significa che quest’ultimo controlla virtualmente entrambi i lati del confine, Albu Kamal in Siria e Al Qaim in Iraq. Come bonus l’ISIS e gli sceicchi alleati delle tribù sunnite hanno anche circondato Camp Anaconda in Iraq, controllato dagli USA, e sono pronti a giocare ad interim con i loro mortai. Gli “analisti” della Beltway impareranno mai?

Quello scherzetto chiamato Giordania – governata da Re Playstation, aka Abdullah – sarà pronta da raccogliere come un frutto maturo non appena i Salafiti di Zarqa (città natale di Zarqawi) si metteranno d’accordo con l’ISIS. Aggiungiamo quel pezzo di terra al contratto e si potrà iniziare a parlare di business, magari includendo qualche raffineria di petrolio.

“Non fate stronzate”, applicato alla Siria e all’Iraq, significa che l’amministrazione Obama si è buttata (quasi) a pesce nella sua politica “Assad deve andarsene”, a proposito di governi Bahatisti. Ciò che è implicito è che gli USA sostengano l’ISIS in Siria mentre in Iraq sono un nemico (risoluto?) dell’ISIS . Il “peccato” di Assad è essere sia un alleato di Teheran (come Al Maliki) e, più di tutto, (da prospettiva statunitense) sia di Hezbollah. Ecco l’ultima “stronzata” dell’amministrazione Obama – sotto forma di rifornimenti di armi agli “accuratamente selezionati” ribelli in Siria.

Dominando su questo caotico scenario, tutta la Beltway, Casa Bianca inclusa, sta spacciando l’illusione di essere a piena conoscenza del fatto che i Men in Black che rappresentano il vero pericolo siano dell’ISIS – e cosa si debba fare di loro.

Una sorta di cooperazione tra Washington e Teheran contro l’ISIS diventa palese, creando fastidi ai sostenitori di “bombardiamo l’Iran” nella Beltway così come a quelli della “linea dura” di Teheran; dopotutto l’ISIS ha creato una barriera strategica tra Iraq e Siria, mettendo a repentaglio i rapporti tra Teheran e Hezbollah.

Il partito israeliano Likud vuole prevenire ogni collaborazione, ma è un dettaglio. Baghdad dovrebbe ricevere tutto l’aiuto di cui ha bisogno dalle forze speciali iraniane e milizie come Muqtada. L’ISIS non ha né gli uomini né l’abilità per organizzare un assedio a Baghdad, solo la popolazione di Sadr li farebbe a pezzi. Per non parlare della possibilità di attaccare città sciite come Najaf e Karbala, già protette da brigate popolari armate fino ai denti.

NATO E JIHADISTAN SI INCONTRERANNO?

Kirkuk ora è virtualmente sotto controllo curdo. Il suo “asservimento” a Baghdad sarebbe immensamente problematico – eufemisticamente parlando. Kirkuk produce circa 670.000 barili di greggio al giorno. Più di 300.000 sono esportati attraverso un oleodotto a Ceyhan in Turchia. Solo 120.000 barili al giorno sono stati movimentati nelle ultime settimane.

La produzione totale dell’Iraq è di 3.3 milioni di barili al giorno – il grosso dei quali concentrato nel sud – attorno a Basra. Non c’è alcuna prova concreta che l’ISIS possa essere in grado di concquistarla.

Per cui il problema sono alcune raffinerie nel nord, ad esempio Baiji. Le forze speciali anti-terrorismo irachene se ne facciano una ragione. Se l’ISIS fosse in grado di impossessarsi di un po’ di gas naturale e greggio – un “se” abbastanza grande – sarebbe una cuccagna assicurata per gli speculatori del mercato. Molto presto ci potrebbero essere migliaia di soldati delle forze speciali USA a “mettere in sicurezza” i giacimenti iracheni e la Green Zone a Baghdad.

L’esercito siriano di Assad può aiutare a combattere l’ISIS – e lo sta già facendo. In conclusione l’ISIS può essere scacciato dall’esercito siriano, le forze speciali iraniane, le brigate sciite e sì – un imminente cameo di quei jet di seconda mano provenienti da Russia e Bielorussia.

L’ISIS non conquisterà Baghdad, ma come uno scherzo della natura mutante, come in un film holliwoodiano in salsa sunnita, potrebbe impazzire più del dovuto e tentare di prendersi Doha, Amman e persino Riyadh.

L’Impero del Caos continuerà a puntare forte su – guarda caso – il caos. Sta proseguendo senza intoppi sulla sua strada – dalla possibilità concreta di una spinta finale in direzione di un Grande Curdistan (in Siria, Turchia, Iraq e persino Iran) ad un inferno di milizie settarie in Iraq, Siria, Libano, Turchia e Yemen. Per non menzionare le ramificazioni in Nord Africa, Asia centrale e Caucaso del nord.

Cosa farà Hillary Clinton? Bisogna aspettare il 2017. O potrebbe sfoderare un altro “Sono arrivata, ho visto, è morto” e mettere in scena un ritorno nel Levante, come fosse una Atena provvista di droni che canta Light my fire.

Alla fine la NATO non si accorderà con il Jihadistan. Non c’è “Responsabilità di proteggere” (R2P) gli Arabi dagli Arabi. La NATO starà – gioiosamente – a guardare. Perchè dal Nord Africa, per tutto il Medio Oriente, dal Caucaso fino all’Estremo Oriente il gioco è mantenere la strategia dei “Balcani Eurasiatici” del dottor Zbig Brzezinsky a cottura a fuoco lento su di una pira funeraria.


Pepe Escobar è autore di Globalistan: How the Globalized World is Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007), Red Zone Blues: a snapshot of Baghdad during the surge (Nimble Books, 2007), e Obama does Globalistan (Nimble Books, 2009). Può essere contattato a pepeasia@yahoo.com


Fonte: http://www.atimes.com/
Link: http://www.atimes.com/atimes/Middle_East/MID-02-270614.html
27.06.2014



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