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Daily Sabah Le riserve di gas a largo della Striscia di Gaza Traduzione e sintesi Carlotta Caldonazzo. A causa delle tensioni che attraversano la regione, la Turchia è una meta ideale per le esportazioni di gas di Israele, ma l’attuale operazione militare nella Striscia di Gaza (“Barriera Protettiva”) rischia di mettere in discussione tali relazioni. David Koraniy, direttore del Dinu Patricius Eurasia Center, ha recentemente dichiarato che le potenzialità di Israele di esportare gas sono fortemente limitate dai conflitti in Siria e Iraq. Tel Aviv ha dunque bisogno di un partner stabile: la Giordania, ma soprattutto la Turchia. “Barriera Protettiva” però rischia di impedire qualsiasi accordo. A parte l’opposizione politica interna che Ankara incontrerebbe, c’è l’instabilità del Sinai, dove passa l’oleodotto Port Said El Arish. Un’alternativa sarebbe l’oleodotto per la Turchia che attraversa la Zona economica esclusiva di Cipro, ma ciò presupporrebbe la soluzione della questione cipriota. Per questo motivo a maggio la società turca Turcas Petrol si è detta interessata alla costruzione di un nuovo oleodotto per importare il gas del Leviatano, un giacimento al largo delle coste di Gaza che contiene circa 620 miliardi di metri cubi di gas. Dalla scoperta delle riserve di gas a largo della costa della Striscia nel 2000, la battaglia per la loro conquista è diventata sempre più il nodo del conflitto israelo-palestinese, motivata in gran parte dalla crescente domanda di energia in Israele. Diversi osservatori notano che la pressione militare su Gaza ha lo scopo di eliminare Hamas come entità politica per rendere il clima più favorevole per un accordo sul gas. Fa parte del piano sostenere gli avversari di Hamas, Fatah, come i principali attori politici in Cisgiordania, istigare il conflitto tra fazioni, pianificare aiuti finanziari selettivi. L’importante è evitare con ogni mezzo possibile che i palestinesi abbiano riserve di gas proprie, poiché questo ne aumenterebbe il peso geopolitico. Nel frattempo Israele ha scoperto altri giacimenti di gas e petrolio, come il Leviatano, che potrebbero trasformare il paese da importatore a esportatore di energia. Il problema è che molti di essi si trovano in acque territoriali contese tra Israele, Siria, Libano, Gaza e Cipro. Nel 2011 il primo ministro Benjamin Netanyahu aveva annunciato che era tempo di un accordo sul gas, ma nel 2012 Hamas, che governa la Striscia di Gaza, viene esclusa dal tavolo delle trattative, quindi ne nega la legittimità. Di conseguenza, qualsiasi accordo Tel Aviv sigli con l’Autorità Palestinese a guida Fatah, non potrà mai avere la certezza che essa sia in grado di gestire Gaza. Stesso discorso per l’accordo raggiunto a giugno tra Nobel e Delek, le due compagnie che gestiscono il Leviatano, da un lato e la società britannica British Gas.
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