Le donne dicono NO ALLA NATO Care tutte, La NATO ha tenuto il proprio Summit biennale a Newport in Galles il 3/4 settembre scorsi, contro cui le Donne in Nero riunite nel maggio scorso a Lovanio per un incontro europeo, avevano già deciso di manifestare la propria opposizione in concomitanza con le stesse date. Come Donne in Nero che da anni ci occupiamo di conflitti armati e guerre a partire dalla relazione con le donne dei luoghi dei conflitti, da tempo insieme a loro abbiamo individuato nella NATO una vocazione militare sempre più accentuata, passando da una strategia di difesa ad una di interventi militari in un'area sempre più ampia. Giova ricordare che la NATO ha origine nel Trattato Atlantico del 1949 e che era nata come alleanza contro i paesi del blocco sovietico. L'URSS è crollata nel 1990, di conseguenza è venuto meno il Patto di Varsavia mentre la NATO “anacronisticamente” è ancora qui e continua ad espandersi. Oggi, infatti con i suoi 28 stati membri effettivi (USA, CANADA e STATI EUROPEI) adotta una strategia tesa ad allargare ancora le proprie fila con sempre nuovi paesi anche non europei attraverso: Dialogo del Mediterraneo (7 stati compreso Israele) Iniziativa di Istambul (4 e fra poco 6 stati del MO) Partenariato per la pace (22 membri in tutto il mondo anche Est Europa) Creazione di un “pivot” verso l'Asia (in una prospettiva futura di competizione militare ed economica con la Cina ). La politica attuale della NATO è incarnata nel suo documento del Concetto Strategico che ha avuto più versioni (1991/1999/2010) improntato a rendere la NATO più orientata alle spedizioni o pronta alla guerra, in grado di entrare in azione all'interno dell'Europa o molto lontano. Il cambiamento del modello di difesa italiano ha portato al passaggio da un esercito popolare a uno di volontari con ispirazione comune a quella della NATO. “Tutela degli interessi nazionali nell'accezione più vasta di tale termine, ovunque sia necessario” (1991-Governo Andreotti) coincide con lo spirito del Concetto Strategico anzi ne è ispirato. Ne è derivata la partecipazione economica e militare a tutte le avventure di guerra volute dalla NATO. Nelle linee guida inviate dalla Ministra della Difesa Pinotti oggi si dice “per la salvaguardia degli interessi vitali il paese è pronto a fare ricorso a tutte le energie disponibili e ad ogni mezzo necessario compreso l'uso della forza o la minaccia del suo impiego” “lo strumento militare rappresenta per il paese una assicurazione e una garanzia per il suo stesso sviluppo”. Un invito a rafforzare l'industria bellica? Tutto questo mentre anche gli USA sono costretti a riconoscere la insicurezza tecnologica degli F35 che ad occhi chiusi avremmo dovuto comprare come indispensabili per la nostra difesa (vedi dichiarazioni di Mauro e Pinotti del 2013). E oggi l'ineffabile ministra propone che sia la NATO a presidiare il Mediterraneo, definendo Newport l'appuntamento più importante dopo la caduta del Muro di Berlino. Qual è il senso del rilancio dell'espansione della NATO e della strategia militare in Europa? L'Europa è così effettivamente minacciata militarmente da altri paesi tanto da giustificare spese militari crescenti in una situazione di gravissima crisi economica e sociale per cittadine e cittadini? L'Italia spende 70 milioni al giorno e si è impegnata proprio a Newport a portare le spese al 2% del PIL come dovranno fare tutti gli stati membri. Quali i pericoli che questo progetto di rafforzamento offensivo discusso nel Summit di Newport (Galles) rappresenta, non solo per un futuro di relazioni pacifiche fra i popoli, ma anche rispetto ad una autonomia economica e politica non solo dell'Europa? Non a caso sono in corso accordi “segreti” fra governi su un trattato Ttip ( partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti) che dovrebbero essere invece tema di discussione pubblica. Perché rafforzare una NATO che spreca risorse per guerre illegali e pretestuose nelle motivazioni, con risultati disastrosi di morte e distruzione sotto gli occhi di tutte/i, causando il perdurare di conflitti interni che si trascinano per decenni a seguito dello sgretolamento nel tessuto sociale e la divisione che la guerra stessa genera, spesso di proposito? Perché le donne dovrebbero protestare contro la NATO? · Nel nostro paese le spese militari come paese membro della NATO e non solo, sono sempre crescenti a fronte di una grave riduzione delle spese per i beni e i servizi primari necessari, incidendo anzitutto sulla vita delle donne . In un paese di catastrofi, terremoti e allagamenti come l’Italia si continua con un crescendo di militarizzazione invece di investire sulla sicurezza ambientale,il · Con le basi e le presenze militari aumentano lo sfruttamento sessuale e la violenza contro le donne. Ad esempio le guerre nei Balcani hanno prodotto una enorme industria del sesso e traffico di donne. · Le donne soffrono di più per gli effetti della guerra,i loro corpi sono ormai sistematicamente considerati bottino di guerra e campo di battaglia. Sono loro la maggioranza delle vittime civili, le rifugiate e le sfollate che soffrono lutti inenarrabili. Migliaia sono prive di mezzi di sopravvivenza come in Afghanistan, in Iraq, in Siria, Palestina, Congo, Sud Sudan e altri luoghi, · Il linguaggio delle “alleanze” e dei “blocchi” esprime una logica patriarcale orientata alla guerra. · Le installazioni militari della NATO nei nostri paesi danneggiano la vita quotidiana, l'ambiente e la nostra sicurezza. · la pressione della NATO sull'Unione Europea sta mascolinizzando e militarizzando le nostre società · la Nato sfrutta e usa a scopi militari la Risoluzione 1325 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite” Le donne non sono solo vittime, ma possono avere e hanno un ruolo chiave nella prevenzione dei conflitti, nella riconciliazione e nella costruzione della pace, sono comunque potenziali non ancora valorizzati, lo abbiamo visto nelle trattative fallite nella guerra in Siria dove le donne non sono state ammesse. Non riconosciamo alla NATO alcun ruolo per la nostra sicurezza. La vera sicurezza deriva da negoziati pacifici e dalla composizione nonviolenta dei conflitti. Sarebbe utile incontrarci e discutere di questi temi e rintracciare non solo le responsabilità maschili rispetto a un mancato coinvolgimento delle donne sulle questioni militari ma anche la lontananza delle elaborazioni femministe dai temi della guerra che pure avevano generato l'assunto carico di significato “FUORI LA GUERRA DALLA STORIA” mai abbandonato. Avevamo immaginato di poter avviare non solo un dialogo su questi temi ma anche forme di attivismo in concomitanza del Summit, come uscite pubbliche in nero e in silenzio con striscioni e volantini chiedendo alle altre donne, singole e associazioni, di unirsi a noi. I drammatici eventi in Palestina in particolare, durante questi mesi ci hanno dissuaso dal focalizzarci sul NO alla NATO. E' venuto il momento di riprendere il discorso soprattutto di fronte ad un panorama internazionale disseminato di aree di conflitto, violenze inenarrabili ed esodi massicci."E' urgente riattivarci di fronte alle prospettive di riarmo della NATO e del nostro e di altri governi che aprono sempre maggiori prospettive di guerra". NON IN NOSTRO NOME! Aspettiamo vostre osservazioni e proposte. DONNE IN NERO Bologna
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