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Bergoglio: no al liberismo, la tirannia che svuota lo Stato «Questa economia uccide. Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in Borsa». I media italiani ne hanno parlato poco, ma la nuova “esortazione apostolica” di Papa Francesco, “Evangelii Gaudium” (la gioia del vangelo) contiene una potente critica al capitalismo finanziario. «Così come il comandamento “non uccidere” pone un limite chiaro per assicurare il valore della vita umana, oggi dobbiamo dire “no a un’economia dell’esclusione e della inequità”», scrive Bergoglio. «Oggi tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole». Conseguenza: «Grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita». Aggiunge il pontefice: «Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive». Papa Francesco, osserva “Keynes Blog”, critica frontalmente la dottrina neoliberista della “ricaduta favorevole”, secondo la quale il mercato sarebbe capace da solo di redistribuire le ricchezze, facendole “ricadere” dai ricchi verso i meno abbienti. «Secondo i sostenitori di queste teorie, che andavano particolarmente di moda durante l’era Reagan-Thatcher e che hanno dato una copertura ideologica alle “riforme”, l’arricchimento di pochi è a beneficio di tutti». Bergoglio rifiuta questa impostazione liberista: «Alcuni ancora difendono le teorie della “ricaduta favorevole”, che presuppongono che ogni crescita economica, favorita dal libero mercato, riesca a produrre di per sé una maggiore equità e inclusione sociale nel mondo. Questa opinione, che non è mai stata confermata dai fatti sottolinea Francesco esprime una fiducia grossolana e ingenua nella bontà di coloro che detengono il potere economico e nei meccanismi sacralizzati del sistema economico imperante». Da qui, continua il blog, Bergoglio parte per un poderoso attacco alla finanziarizzazione dell’economia. L’origine della disuguaglianza? E’ nella negazione del controllo degli Stati sull’economia e sui mercati finanziari, accusati di essere una nuova “tirannia” che agisce tramite “il debito e i suoi interessi”. «Mentre i guadagni di pochi crescono esponenzialmente, quelli della maggioranza si collocano sempre più distanti dal benessere di questa minoranza felice. Tale squilibrio riconosce il Papa procede da ideologie che difendono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria», e quindi «negano il diritto di controllo degli Stati, incaricati di vigilare per la tutela del bene comune». Così, «si instaura una nuova tirannia invisibile, a volte virtuale, che impone, in modo unilaterale e implacabile, le sue leggi e le sue regole». Di questo passo, inoltre, «il debito e i suoi interessi allontanano i paesi dalle possibilità praticabili della loro economia e i cittadini dal loro reale potere d’acquisto». «Non possiamo più confidare nelle forze cieche e nella “mano invisibile” del mercato», insiste Bergoglio. «La crescita in equità esige qualcosa di più della crescita economica, benché la presupponga». Il vero benessere per tutti «richiede decisioni, programmi, meccanismi e processi specificamente orientati a una migliore distribuzione delle entrate, alla creazione di opportunità di lavoro, a una promozione integrale dei poveri che superi il mero assistenzialismo». Lungi dal proporre «un populismo irresponsabile», il pontefice sa bene che «l’economia non può più ricorrere a rimedi che sono un nuovo veleno, come quando si pretende di aumentare la redditività riducendo il mercato del lavoro e creando in tal modo nuovi esclusi». L’unica vera “riforma strutturale” da varare? E’ la rimozione delle diseguaglianze. «La necessità di risolvere le cause strutturali della povertà non può attendere», avverte il Papa: «Non solo per una esigenza pragmatica di ottenere risultati e di ordinare la società, ma per guarirla da una malattia che la rende fragile e indegna, e che potrà solo portarla a nuove crisi». I piani assistenziali? Vanno visti come misure d’emergenza, in vista di riforme vigorose. «Finché non si risolveranno radicalmente i problemi dei poveri, rinunciando all’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria e aggredendo le cause strutturali della inequità, non si risolveranno i problemi del mondo e in definitiva nessun problema. L’inequità è la radice dei mali sociali».
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