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Luglio 2013

Un Pianeta affamato
di Giulia Falsini

Nutrire il mondo e proteggere il Pianeta

Il cibo che scegliamo – e ancor di più quello che sprechiamo - rischia di "affamare" il Pianeta e i suoi abitanti. Se, infatti, la maggior parte di noi è consapevole di come le auto, le fabbriche e i processi produttivi provochino emissioni di gas serra e inquinamento, è meno noto come le attività connesse all’allevamento e all’agricoltura rappresentino oggi la principale minaccia ambientale per il Pianeta.

La produzione alimentare è infatti responsabile del consumo del 38% delle terre emerse non coperte da ghiacci, del degrado di habitat e della perdita di biodiversità. L'agricoltura ha già distrutto o trasformato radicalmente il 70% dei pascoli, il 50% delle savane, il 45% delle foreste decidue temperate e il 25% delle foreste tropicali. Se escludiamo l’ultima glaciazione, nessun altro fattore ha avuto un impatto tanto distruttivo sugli ecosistemi. 


Un altro punto critico riguarda il consumo di risorse idriche: l’irrigazione utilizza il 70% dell’acqua dolce disponibile. I processi produttivi causano ancora l’inquinamento di fiumi e oceani (fertilizzanti, pesticidi e altri farmaci sono hanno contaminato praticamente tutti gli ecosistemi e le specie che vi vivono) e l’emissione di  una quantità di gas serra molto elevata. Il settore zootecnico da solo è responsabile del 18% delle emissioni e i settori delle carni bovine e lattiero-caseario sono responsabili di due terzi di queste emissioni. 


Come paradosso, l’industria alimentare è il settore più esposto ai rischi dei cambiamenti climatici sia come conseguenza  dell’alterazione dei cicli climatici, della siccità, sia per l’erosione dei suoli, la salinizzazione, le infestazioni e le patologie fungine e virali. Inoltre i cicli di azoto e fosforo sono completamente sbilanciati, con ripercussioni ambientali e socio-economiche.
 

All'orizzonte vi è un altro problema molto serio. Se ad oggi oltre un miliardo di persone, dei 7 miliardi che abitano  pianeta, soffre la fame cronica a causa della povertà e della cattiva distribuzione delle risorse alimentari, entro il 2050, la popolazione mondiale aumenterà di 3 miliardi di persone il che porterà ad un raddoppio della domanda di cibo.
 

Per garantire la salute a lungo termine del Pianeta è necessario e urgente ridurre drasticamente l’impatto negativo delle produzioni alimentari. 



Se da un lato per vincere questa sfida sono necessarie azioni globali che riguardano l’arrestare l’espansione dei terreni agricoli, il miglioramento dell'efficienza dell'uso di risorse (per unità di acqua, di energia), la riduzione degli sprechi lungo filiere, dall’altro basterebbero alcuni semplici cambiamenti alle nostre scelte alimentari per spingere la produzione di cibo in una direzione più sostenibile.

 

Per esempio, se nei paesi poveri, gli sprechi sono dovuto principalmente a raccolti perduti e infrastrutture inadeguate, in Europa il 40% avviene nelle nostre dispense e frigoriferi. Anche i piccoli miglioramenti sono importanti.  Sforzi mirati nel ridurre gli sprechi - soprattutto di quegli alimenti che assorbono più risorse, come carne e latticini - potrebbero fare una grande differenza.

 

La ricetta per salvare il Pianeta passa anche nel cambiamento della nostra alimentazione quotidiana, a partire dalla drastica riduzione dei consumi di carne, soprattutto bovina,  evitando i cibi eccessivamente elaborati e trasformati, diversificando il pesce che si acquista (evitando le specie sovrasfruttate) riscoprendo un’alimentazione ricca di vegetali di provenienza locale e di stagione, misure che possono migliorare la nostra salute e al contempo ridurre i costi ambientali del sistema agroalimentare.

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