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21 marzo 2013

Torna la Giornata mondiale dell'acqua, tra beni pubblici e diritti negati
di Federico Gasperini

Non può essere solo una celebrazione. L’oro blu del XXI secolo: nessun pasto è gratis, ma i servizi di base devono essere forniti con equità e solidarietà

 Oltre due anni fa l'assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che ha dichiarato il 2013 "anno internazionale della cooperazione idrica", accogliendo la proposta lanciata dal presidente della Repubblica del Tajikistan, Emomali Rahmon, a conclusione del quinto Forum mondiale sull'acqua tenutasi a Istanbul nel 2009: anche la Giornata mondiale dell'acqua che si celebrerà domani, e che è giunta al 20° anniversario, è dedicata a questo tema.

Nella risoluzione si sottolineava che «l'acqua è essenziale per lo sviluppo sostenibile, la salvaguardia dell'ambiente e l'eliminazione della povertà e della fame, è indispensabile per la salute ed il benessere degli uomini e riveste una importanza cruciale per la realizzazione degli obiettivi del Millennio», che - ricordiamo - prevedono di ridurre della metà, entro il 2015 e rispetto al 1990, la percentuale di popolazione senza un accesso sostenibile all'acqua potabile e agli impianti igienici di base.

A due anni appena di distanza da questa scadenza si tratta quindi di fare il punto sull'obiettivo, concordato a livello internazionale in tutti i piani e programmi inerenti l'acqua (vedi ad esempio il Piano di attuazione di Johannesburg, a supporto del decennio internazionale dell'acqua, "Water for Life", 2005-2015).  

Nell'anno internazionale della cooperazione idrica è ancora importante sensibilizzare tutti (governi, imprese, associazioni, cittadini...) sui problemi legati alle risorse idriche ma è necessario anche prendere atto che i risultati legati al raggiungimento dell'obiettivo di dimezzare la percentuale delle persone che non hanno accesso all'acqua potabile e ai servizi igienici di base sono lontani da quelli attesi, nonostante i progressi fatti.

L'aggiustamento di obiettivi e indicatori pare dunque opportuno, dato che qualche anno fa non c'era piena consapevolezza - oltre che del reale valore dell'acqua - di quelli che sarebbero stati gli effetti dei cambiamenti climatici per le loro ripercussioni sulla quantità e qualità delle risorse idriche. I rapporti a livello globale e per singole aree, dove viene evidenziato l'aumento della temperatura del pianeta ed una diversa distribuzione delle piogge con tendenza alla riduzione, oggi si sprecano.  

Limitandoci al Mediterraneo, uno studio del Noaa (National oceanic and atmospheric administration)  pubblicato dal Journal of Climate, conferma che piogge e nevicate invernali sono radicalmente ridotte ormai da 20 anni e che i gas serra ne sono i maggiori responsabili. L'Ispra conferma che fenomeni di vulnerabilità del suolo fino alla desertificazione interesseranno regioni italiane come Sicilia, Puglia, Calabria, Basilicata e Sardegna, ma anche Piemonte, Liguria, Toscana e Abruzzo. Il Lamma (Laboratorio di monitoraggio e modellistica ambientale per lo sviluppo sostenibile) nel 2011 affermava, riferendosi alla Toscana, che «due eventi estremi condizionano ormai da anni il nostro territorio: fenomeni piovosi con vere e proprie bombe d'acqua improvvise e su aree ristrette e il rischio siccità che ricorre periodicamente condizionando la ricarica delle falde, delle sorgenti, dei laghi  e dei corsi di acqua. Un primo dato sulla variazione della piovosità nella nostra regione si ha dal confronto del periodo 1991-2008 rispetto al ventennio 1961-1990. Le precipitazioni nel corso degli ultimi decenni hanno mostrato un trend negativo diffuso, con valori medi regionali di -12%».

Nel 2012 in Toscana poi è stato registrato un altro periodo siccitoso come non si era mai verificato negli ultimi 100 anni, dove sono cadute fino al 40% di piogge in meno rispetto alla media. D'altra parte in novembre si sono verificate precipitazioni intense, dove in poche ore sono cadute al suolo le piogge che mediamente si rilevano in un semestre, che hanno provocato i fenomeni alluvionali del grossetano e di Massa Carrara.

Quindi al nord come al sud del pianeta, fatte le dovute differenze, per la gestione sostenibile delle risorse idriche si dovrà tener conto di questi aspetti e - guardando oltre il 2015 - considerare quanto riportano rapporti come  Urbanizing the developing world del Worldwatch Institute, in cui si afferma che tra il 2011 e il 2050 la popolazione urbana mondiale è destinata a crescere di 2,6 miliardi, portando il numero totale di abitanti delle città a 6,3 miliardi, con centri abitati che saranno sempre più caldi, più aridi e più inquinati in particolare nei Paesi in via di sviluppo.

Dotare le grandi metropoli di acquedotti e fognature in grado di servire anche i mega quartieri degradati, dove risiedono tante persone quanto in una regione italiana come la Toscana, significa dare un'altra prospettiva di vita alla popolazione. Sapendo, però, che nessuno di quei cittadini è in grado di pagare una tariffa per l'acqua o per la depurazione.

Se gli obiettivi del Millennio prima o poi dovranno essere perseguiti e non solo enunciati nelle varie conferenze mondiali, forum e convegni che anche quest'anno non mancheranno, è necessario seguire la scia di una sorta di "governo mondiale" guidato giocoforza dall'Onu, che abbia la necessaria autorevolezza per farsi carico del pieno riconoscimento dell'accesso all'acqua come diritto.

Ciò significa, nell'applicazione pratica, togliere "l'affare acqua" dalle mani delle multinazionali e dal mercato, sapendo certo che nessun "pasto" è gratis ma anche che i servizi di base devono essere forniti con equità, solidarietà e assunti dalla collettività delegandoli alle rappresentanze elette democraticamente, che li devono gestire secondo l'interesse generale. Una voce forte in questo senso è auspicabile che esca dal Forum sociale mondiale, che si terrà a Tunisi dal 26 al 30 marzo prossimi.

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