Fonte: The Tibet Post - Redazione
Come nel 2009 a Machen, un Tibetano Sceglie la Morte Gettandosi nel Gange a Calcutta E’ accaduto nella notte tra il 2 e il 3 aprile ma la notizia è stata data i giorni successivi e ripresa con nuovi particolari l’11 aprile dal sito tibetano Tibet Post. Dhondup Phuntsok, un tibetano di 26 anni si è immolato a Calcutta saltando dal ponte Howrah e gettandosi nel Gange. Sconvolto dalla notizia dell’immolazione di Jamphel Yeshi, a New Delhi, Dhondup, prima di compiere l’atto estremo ha scritto di suo pugno un messaggio in cui solleva i suoi amici e compatrioti tibetani da ogni responsabilità legata al suo gesto. “E’ una mia personale decisione” scrive Dhondup Phuntsok “Qualsiasi conseguenza possa derivare da quanto compirò questa notte, non preoccupatevi, nessuno di voi è coinvolto, cancellerò tutti i numeri dal mio cellulare così nessuno sarà contattato se dovessi essere preso mentre compio quanto ho deciso o durante le indagini della polizia; ripeto, non preoccupatevi, siate certi delle mie parole”. “Tibet libero”, conclude il messaggio. Il suo corpo è stato ripescato dal Gange il 6 aprile: indossava una Tshirt con la scritta Free Tibet. Nato a Darjeeeling, dove aveva compiuto i suoi studi, Dhondup si era trasferito a Calcutta con la famiglia. Così parla di lui Tenzin Tsundue, scrittore e Presidente della sezione regionale del Tibetan Youth Congress: “Non l’avevo mai incontrato personalmente ma ricevevo spesso suoi messaggi e telefonate nelle quali discutevamo sui modi migliori per sensibilizzare la comunità tibetana in India sul problema del Tibet”. Dopo i trentaquattro casi di immolazione con il fuoco, Dhondup ha sacrificato la sua vita gettandosi nel fiume. Il suo gesto non è il solo. Richiama infatti alla memoria quello di Tashi Sangpo, ventotto anni, residente nel monastero di Golok Ragya, nella contea di Machen, regione del Qinghai, che il 21 marzo 2009 si è tolto la vita gettandosi nel fiume Machu. Nei giorni precedenti il 10 marzo, nel monastero, da giorni sotto il costante controllo della polizia, erano stati trovati numerosi volantini di protesta e una grande bandiera tibetana era stata fatta sventolare sul tetto della principale sala di preghiera. Alcuni monaci erano stati arrestati e il monastero completamente isolato. Le forze di sicurezza avevano affermato di aver trovato sia i volantini sia la bandiera nella stanza di Tashi Sangpo. Il giovane monaco, in segno di protesta e piuttosto che subire l’arresto, si era allontanato dal monastero e si era suicidato gettandosi nel fiume. Non appena si è diffusa la notizia della sua morte, gli abitanti di Ragya erano scesi nelle strade con bandiere e striscioni, al grido di “Indipendenza per il Tibet” e “Lunga vita al Dalai Lama”.
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