http://www.youtube.com/watch?v=49Jv1AtWAJA&feature=player_embedded video dei bambini morti in siria sotto il bombardamento di un areo militare http://www.informarexresistere.fr I quasi 40.000 cadaveri abbandonati, a pochi km dalla Palestina Un video agghiacciante ha fatto da buongiorno. Un video dove c’è solo un accumularsi di corpi di bimbi, un accatastarsi di urla di madri private del più grande amore, strappato via nel sangue e nell’incomprensibilità di un conflitto che ormai è trasceso nella mattanza, semplice, chiara, palese, mattanza. I bimbi di questo video si chiamavano, e per le loro madri continueranno a chiamarsi, Shahd, Muhammed, Adnan Fateba, Zainab, Iman, Ounoud e Mamdouh. Un paese che era gelsomino e pane caldo, ora è un mattatoio, una tonnara, un qualcosa di indescrivibile. Ed ora non voglio parlare di quest’abominio, non voglio dirvi quel che penso dei missili, dei coltelli che sgozzano, dell’areonautica che lavora bombardando senza sosta dell’esercito di Assad, non voglio dirvi quel che penso delle truppe mercenarie che si son appropriate di una rivolta reale che finalmente muoveva mani piedi e voci contro anni di silenzio forzato, di tortura e carcere. Ora come ora parlare di Siria vuol dire vomitare un odio e un disprezzo infinito per buona parte delle forze in campo: anche se consapevole di quanta mia Siria è lì a resistere alle truppe di Assad come ai proclami islamici dei ribelli arrivati da chissà dove, consapevole di quanto popolo siriano ci sia e ci sia stato nelle strade che urlavano IRHAL, via via da qui, al regime del partito Baath. Insomma nessun articolo di racconti di guerra, nessun articolo di sterile geopolitica incapace di parlare del dramma umano. Quel che voglio chiedermi in queste righe è PERCHE’, perché a meno di 400 km dalla Palestina si accumulano nei furgoncini corpi di bimbi come fossero sacchi di farina, perché le urla di quelle mamme non arrivano alle vostre orecchie, non vengono pubblicate sulle vostre bacheche facebook che fino a pochi giorni fa erano invase solo da Gaza. Giuro, non riesco a capirlo, Sarà che ho giocato con i bimbi di Palestina nelle stradine dei loro campi profughi, ma che per anni ho diviso giochi e pasti con le famiglie siriane, nella loro terra fertile e profumata, ho amato le loro case, i loro vassoi sempre pieni, la loro dolce solidarietà costante ai fratelli palestinesi. Sarà che per me la Siria rimane casa, ma non riesco a capire questo silenzio, non riesco a capire come fino a ieri urlavate e vi strappavate i capelli cercando di bloccare la bastarda guerra sionista su Gaza, e davanti a questo invece, semplicemente, vi girate dall’altra parte. Non riesco a capire, ma credo sia meglio così. e vi lascio le dolci e dolorose righe di quel che era il mio fratello siriano, e che ora è diventato il mio poeta esule fratello siriano. Rimango a distanza, osservando la mia tristezza, Bosra ash-sham, ormai una vita fa… abbracciato alla nebbia di questa triste mattina, di quest’esilio forzato, guardando lacrime di dolore lavare il volto del mattino ….. Ogni giorno mi alzo prima del sole lo guardo oggi ci porterai della speranza? Ma il sole rimane nel suo letto, sbadiglia, forse si vergogna di sorgere, se il sole non sorgerà nella terra che ho dentro di me sorgerà mai sulla mia terra, laggiù? ……… In esilio il dolore è più pesante, la tristezza più profonda l’esilio è un surgelatore, portiamo con forza tutta la nostra memoria vicina e lontana, alla ricerca di un po’ di calore ma è tutto futile quel che cerchiamo ……. Cerchiamo tra le macerie, rimasugli di una terra natale, per la speranza, comunque misera, di attendere un nulla, che ci dia speranza, che ci lasci vivere almeno per una notte, ma è tutto futile quel che cerchiamo ……….. Rimango a distanza, assediato dal mio dolore stringendo forte al petto il mio dolore è un dolore che annega in ogni direzione, cerco la mia terra, ma brucia come una candela, evapora come acqua la mia terra è cambiata, un cimitero di fratelli seppelliti sui fratelli. ……… Nonostante tutti i miei vestiti invernali mi sembra di camminare nudo per le strade di Roma, mi vergogno della compassione negli sguardi della gente, un povero vagabondo senza patria, E così anche l’abbraccio di mia figlia Benedetta, di mia sorella Valentina, la calda accoglienza degli amici Leonardo e Riccardo, La vispa Claudia, così come la gentilezza di Giulia e Margherita, tutti loro mi han donato del calore, ma è stato come un anestetico locale, perché il mio gelo è così profondo e i duri colpi del freddo hanno attraversato il mio corpo tutti i vestiti del mondo non daranno calore alla mia anima lacerata. …….. Le lacrime di dolore non mi scaldano nel freddo dell’esilio, non splende sole sulla mia terra, non brilla la patria che ho dentro di me.
|