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"Il regime siriano è vicino alla fine"
Parla un'attivista per i diritti umani Hanadi Zahlout, imprigionata per mesi a Damasco, ottimista dopo l'accordo tra le forze di opposizione e l'unificazione del comando dell'esercito libero. "Assad non può durare più di due mesi" ROMA - "Il regime siriano non durerà più di due mesi, non sarà nemmeno necessario un intervento armato dell'Occidente per vedere la caduta di Bashar al Assad". Ne è convinta Hanadi Zahlout, attivista siriana per i diritti umani, imprigionata per mesi nel 2011 a Damasco per aver organizzato le proteste attraverso Facebook, tenuta in isolamento e costretta ad assistere a torture su altri attivisti. Hanadi è in Italia per la campagna di Amnesty International in difesa dei diritti delle donne.
A Doha, in Qatar, l'opposizione ha raggiunto un accordo per superare le divisioni. Siamo vicini a una svolta in Siria? "Siamo in una situazione di attesa. La gente aspetta la caduta del regime e comincia a prepararsi per il dopo Assad. In diverse regioni sono stati fondati comitati popolari, rappresentati nella nuova coalizione, formatasi in seguito all'accordo di Doha. Anche l'Esercito libero siriano, prima frammentato in tanti comandi, ora si è unito". Quanto può resistere il regime adesso? "Secondo l'opinione degli economisti, il regime non ha risorse per sopravvivere più di due mesi. Persino le forze armate sono ormai disorganizzate e utilizzano armamenti vecchi". Lei appartiene alla minoranza alauita, quella di Bashar al Assad, un gruppo da sempre fedele alla famiglia del presidente. Che farete nei prossimi mesi? "Già negli anni Ottanta più di cinquemila alauiti erano detenuti nelle carceri di Assad. E quando è partita la protesta, gli alauiti sono scesi in piazza sin dalle prime manifestazioni. Certo, una parte resta sempre fedele al regime, anche per paura di persecuzioni. Finalmente però gli alauiti cominciano a domandarsi fino a quando i loro figli dovranno morire per mantenere al potere Assad".
L'Esercito libero è stato criticato per la presenza di jihadisti arrivati da tutto il mondo islamico e per gli abusi da loro compiuti sui civili. Saranno una minaccia per il futuro del suo Paese? "Già tre mesi fa il comando dell'Esercito libero siriano ha deciso di considerare i combattenti stranieri come mercenari e di non collaborare con loro. Gli integralisti si rafforzano perché il sostegno alla rivolta viene soprattutto da Paesi come Arabia Saudita e Qatar, che ovviamente non sosterrebbero correnti laiche. A volte persino i comandanti sono costretti ad adottare costumi e usanze tradizionali, come la barba lunga, per essere ben visti dai finanziatori. Tutti temiamo che la corrente fondamentalista cresca anche in seno alla società. Ma a mio avviso non serve criticare l'Esercito libero, quanto piuttosto accelerare la caduta del regime ed evitare altre vittime".
Insomma, lo spettro dell'islam radicale sulla Siria è reale? "Il popolo siriano è conservatore, ma non è mai stato estremista. Anche il leader della nuova coalizione, Mouaz Al Khatib, è un religioso moderato che crede in una Costituzione laica nel rispetto dell'Islam".
Secondo lei, la comunità internazionale ha fatto abbastanza per la Siria? "Senza dubbio la comunità internazionale non ha fatto il suo dovere. E non parlo di interventi armati, ma di solidarietà. Ad esempio, non c'è stata la creazione della no-fly-zone, come l'opposizione siriana aveva chiesto. Né aiuti adeguati ai rifugiati, in Giordania o in Turchia". Infine, che cosa significa essere donna in Siria? Cambia qualcosa nella sua attività politica? "In Siria le donne sono ancora discriminate. In più, l'attività politica è causa di preoccupazioni per i genitori, che temono per l'onore delle figlie. I timori nascono soprattutto dalla mancanza di garanzie durante gli interrogatori di polizia. Ma le donne partecipano comunque alle proteste, anche per guadagnarsi emancipazione e diritti. E adesso sempre più ufficiali donne si distaccano dalle forze armate governative e si uniscono all'Esercito libero. Spero in una Costituzione che sancisca le pari opportunità fra uomini e donne".
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