L’articolo di Robert Fisk sul massacro di sabato 25 agosto 2012
http://znetitaly.altervista.org Un lettore ci segnala un comunicato stampa relativo a un articolo di Robert Fisk comparso sull’Independent il 29 agosto 2012 a proposito del massacro di Daraya. Pubblichiamo entrambi lasciando le valutazioni del caso ai nostri lettori. Znetitaly
Daraya Coordination Committee Comunicato Stampa del Comitato di Coordinamento di Daraya Mercoledì 29 agosto 2012 Robert Fisk, dell’Independent, ha scritto un articolo sul massacro perpetrato a Daraya solo quattro giorni prima. Fisk è un giornalista di fama mondiale, noto per le sue opinioni equilibrate e per i suoi articoli pionieristici, specialmente dal Medio Oriente. Il popolo siriano ricorda in particolare Fisk per essere stato il primo giornalista straniero a entrare nella città di Hama dopo il massacro del 1982 e ad aver riferito al mondo gli orrori che vide là. Siamo rimasti pertanto del tutto attoniti dall’articolo citato più sopra e vorremmo assicurarci che taluni punti di esso non passino senza essere corretti. Lo facciamo per rispetto nei confronti degli eroi caduti e per garantire che sia udita la voce delle vittime. Chiunque abbia assistito all’infame e insolente resoconto della televisione Addounia, favorita del governo, avrà notato le evidenti somiglianze tra i due racconti. Una delle maggiori preoccupazioni che invalidano qualsiasi dichiarazione ricevuto dalle vittime è la presenza di personale dell’esercito, ammessa dallo stesso Fisk. Chiunque abbia una minima conoscenza del regime siriano conosce il livello di intimidazione che ciò produce nei cuori e nelle menti dei testimoni. L’esercito non ha bisogno di imboccare le dichiarazioni dei testimoni, poiché la paura è più che sufficiente per far loro ripetere i racconti diffusi dal governo a proposito di milizie armate e di islamisti radicali. Inoltre l’articolo è intitolato e fondato sulla storia governativa non credibile dello scambio di prigionieri. La domanda che esige una risposta è la seguente: anche se ci fosse stato uno scambio di prigionieri ed esso fosse fallito, il regime di Assad ha una qualsiasi ragione per un simile livello di rappresaglia? Ci sono stati simili negoziati falliti prima dei massacri di Muaddamiya, Saqba, ecc. ? In realtà quel che è successo nelle città della campagna del governatorato di Damasco, e di fatto in tutta la Siria, segue uno scenario simile, che inizia con bombardamenti e termina con massacri di civili. Un punto apparentemente forte nell’articolo di Fisk è il fatto che egli abbia citato i veri nomi delle persone che gli hanno raccontato storie vere. Tuttavia il Comitato di Coordinamento di Daraya è entrato in contatto con queste persone e devono essere apportate le seguenti correzioni: 1. Il racconto dei genitori di Hamdi Khreitem. Il testimone deve essere stato troppo intimidito per identificare gli assassini dei suoi genitori. Nostre fonti affidabili dell’ospedale da campo di Daraya confermano che entrambi sono stati colpiti da un cecchino (dell’esercito di Assad, naturalmente). 2. Il racconto di Khaled Yahya Zukari. Il testimone si trovava effettivamente in un’auto con suo fratello e le loro mogli e figli. Sono stati oggetto di colpi d’arma da fuoco dell’esercito governativo e sua moglie e sua figlia (Leen) sono state colpite. La testa della bambina era quasi spaccata a metà e una pallottola è penetrata nel torace della madre. La madre è entrata in delirio in conseguenza dello shock. In seguito è morta in quanto l’ospedale da campo ha dovuto essere evacuato prima dell’irruzione dell’esercito. L’esercito di Assad ha detto alla gente che l’Esercito Siriano Libero aveva violentato e ucciso la donna. La paura e l’intimidazione dei testimoni si riflettono a volte nel loro rifiuto di individuare una parte colpevole. Inoltre Fisk dovrebbe saper fare meglio che riferire una congettura come questa: “Un altro uomo ha detto che, anche se non aveva visto i morti nella tomba, riteneva che la maggior parte di essi fossero legati all’esercito governativo e vi fossero tra essi diversi coscritti in libera uscita.” L’accusa implicita è ovviamente diretta contro l’Esercito Siriano Libero e questo modo di riferire assomiglia alla propaganda statale siriana par excellence, cosa che desideriamo il signor Fisk non avesse fatto. Il comitato rivoluzionario vorrebbe infine sottolineare anche che il signor Fisk non ha incontrato alcun membro dell’opposizione a Daraya e che è semplicemente dipeso dai racconti delle sue “guide turistiche” nel riferire su un massacro così orribile, il peggiore che la Siria abbia visto nei 17 mesi della rivoluzione.
Independent Dall’interno di Daraya: Come un fallito scambio di prigionieri si è trasformato in un massacro. Esclusivo: il primo giornalista occidentale a entrare nella città che ha subito la furia di Assad ascolta i resoconti di testimoni dell’episodio siriano più sanguinoso. Daraya, la città del massacro, è un luogo di fantasmi e di domande. Vi echeggiano il rombo dei colpi di mortaio e il crepitio delle sparatorie di ieri, con i cittadini di ritorno che parlano di morte e di attacchi, di ‘terroristi’ stranieri, il cimitero del suo massacro infestato dai cecchini. Ma gli uomini e le donne con i quali abbiamo potuto parlare, due dei quali hanno perso i loro cari nel giorno dell’infamia di Daraya, quattro giorni fa, raccontano una storia molto diversa dalla versione popolare che ha fatto il giro del mondo: il loro è il racconto di una cattura di ostaggi da parte dell’Esercito della Siria Libera e di negoziati disperati per lo scambio di prigionieri tra gli oppositori armati al regime e l’esercito siriano, prima che il governo di al-Assad decidesse di attaccare la città e riconquistarla dal controllo dei ribelli. Ufficialmente non è trapelato nulla a proposito di tali negoziati tra nemici giurati. Ma alti ufficiali siriani hanno parlato all’Independent di come avessero “esaurito ogni possibilità di riconciliazione” con chi teneva la città, mentre i cittadini di Daraya ci hanno detto che c’era stato un tentativo di ambo le parti di organizzare uno scambio di civili e di soldati fuori servizio della città apparentemente sequestrati dai ribelli a motivo dei loro collegamenti familiari con l’esercito governativo con prigionieri nelle mani dell’esercito. Quando tali colloqui sono falliti l’esercito è entrato a Daraya, a sole sei miglia dal centro di Damasco. Essere ieri il primo testimone occidentale nella città è stato tanto frustrante quanto è stato pericoloso. I corpi di uomini, donne e bambini erano stati naturalmente spostati dal cimitero, dove molti di loro erano stati trovati; e quando siamo arrivati in compagni delle truppe siriane al cimitero mussulmano sunnita diviso dalla strada principale che attraversa Daraya i cecchini hanno aperto il fuoco contro i soldati, colpendo sul retro del vecchio blindato sul quale siamo fuggiti. E tuttavia siamo riusciti a parlare con civili senza essere uditi dagli ufficiali siriani in due casi nella sicurezza delle loro stesse case e il loro racconto dell’ultima uccisione di sabato di 245 uomini, donne e bambini suggeriva che le atrocità erano molto più diffuse di quanto si supponesse. Una donna che ha detto di chiamarsi Leena ha raccontato che stava attraversando in auto la città e aveva visto almeno dieci corpi di uomini stesi sulla strada vicino a casa sua. “Abbiamo proseguito guidando velocemente, non abbiamo osato fermarci, abbiamo soltanto visto quei corpi nella strada”. Ha detto che le truppe siriane non erano ancora entrate a Daraya. Un altro uomo ha detto che, anche se non aveva visto i morti nella tomba, riteneva che la maggior parte di essi fossero legati all’esercito governativo e vi fossero tra essi diversi coscritti in libera uscita. “Uno dei morti era un postino; lo hanno preso perché era un dipendente governativo”, ha detto l’uomo. Se questi racconti sono veri, allora gli uomini armati che indossavano passamontagna, secondo un’altra donna che ha descritto come essi hanno fatto irruzione nella sua casa e come ella li avesse baciati in un tentativo spaventato di evitare che sparassero alla sua famiglia era insorti armati, piuttosto che soldati siriani. La casa di Amer Sheikh Rajab, un operatore di muletti, è stata requisita, ha detto, da uomini armati come base delle forze dell’”Esercito Libero”, l’espressione usata dai civili per indicare i ribelli. Avevano distrutto le stoviglie della famiglia e bruciato tappeti e letti la famiglia ci ha mostrato tale distruzione ma, cosa che dà da pensare, gli armati hanno anche portato via parti di computer e di apparecchi televisivi dalla casa. Da utilizzare forse come componenti di bombe? Su una strada al limite di Daraya abbiamo incontrato Khaled Yahya Zucari, un autista di camion che stava lasciando sabato la città su un mini-bus con sua moglie trentaquattrenne Musreen e la loro figlia di sette mesi. “Ci stavamo dirigendo al (quartiere periferico di) Senaya quando improvvisamente siamo stati fatti oggetto di numerosi colpi d’arma da fuoco”, ha detto. “Ho detto a mia moglie di distendersi sul pavimento ma una pallottola è penetrata nel bus e, passando attraverso nostra figlia, ha colpito mia moglie. Era la stessa pallottola. Sono morte entrambe. Il colpo è arrivato dagli alberi, da un’area verde. Forse si è trattato di militanti nascosti sul terreno e tra gli alberi che hanno pensato che fossimo un bus militare che trasportava soldati.” Qualsiasi ampia indagine di una tragedia di queste dimensioni e in questa situazione è stata ieri virtualmente impossibile. A volte, in compagnia dell’esercito siriano, abbiamo dovuto correre lungo strade vuote con cecchini antigovernativi agli incroci; molte famiglie si erano barricate in casa. Anche prima che partissimo per Daraya dalla grande base aerea militare di Damasco in cui si trovano elicotteri da attacco Hind e carri armati T-72 una serie di colpi di mortaio, forse sparati dalla stessa Daraya, ha colpito la pista a meno di trecento metri da noi, facendo salire una colonna di fumo nero a torreggiare nel cielo. Anche se i soldati siriani hanno continuato noncuranti a fare la doccia all’aria aperta, ho cominciato a provare una certa simpatia per gli ispettori del cessate il fuoco dell’ONU che avevano lasciato la Siria la settimana prima. Forse il resoconto più triste della giornata di ieri è venuto dal ventisettenne Hamdi Khreitem, seduto nella casa della sua famiglia con suo fratello e sua sorella, che ci ha raccontato di come i suoi genitori, Selim e Aisha, erano usciti sabato per comprare del pane. “Avevamo già visto in televisione le immagini del massacro; i canali occidentali dicevano che era stato l’esercito siriano; la televisione di stato diceva che era stato l’”Esercito Libero”, ma eravamo a corto di cibo e babbo e mamma sono andati in città. Poi abbiamo ricevuto una chiamata dal loro cellulare ed era la mamma che diceva semplicemente: “Siamo morti.” Lei non lo era. “Era ferita al torace e a un braccio. Mio padre era morto ma non so dove sia stato colpito o chi lo abbia ucciso. Lo abbiamo portato a casa dall’ospedale coperto e lo abbiamo seppellito ieri.” E il futuro? La famiglia ha parlato delle elezioni. “Se il presidente è eletto, va bene. Se non lo è, allora dobbiamo avere un altro presidente.” E’ stato un desolato, tenero grido perché finisca la violenza. La battaglia di Daraya, ovviamente, prosegue.
Da Z Net Lo spirito della resistenza è vivo www.znetitaly.org http://www.sirialibano.com/siria-2/daraya-i-residenti-rispondono-a-robert-fisk.html Originali: http://www.sirialibano.com The Independenthttp://www.independent.co.uk/
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