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13 luglio 2012

Siria. Cresce il numero dei rifugiati, Giordania e Libano al collasso

Un recente rapporto di Refugees International lancia l’allarme: il crescente numero di persone in fuga dalla Siria rischia di rendere instabile tutta la regione. Libano e Giordania, tra i principali paesi ospitanti, sono vicini al collasso.

Giordania e Libano sono al collasso. La crisi siriana si intensifica, e i due paesi affrontano l’emergenza del “crescente aumento del numero di rifugiati che attraversano i loro confini per cercare aiuto”. 

Pur non avendo sottoscritto la Convenzione sui Rifugiati del 1951 e il Protocollo sui Rifugiati del 1967 infatti, Libano e Siria hanno comunque “accolto i rifugiati siriani fornendo accoglienza, assistenza e servizi, nonostante le loro scarse risorse economiche”. 

Una situazione che, dalla primavera del 2011, è arrivata adesso “al punto di rottura”, tanto da necessitare “un decisivo sostegno, tanto per le comunità ospitanti che per la popolazione rifugiata, in modo da poter mantenere i livelli di sicurezza e benessere attualmente garantiti”. 

È quanto si legge in un dettagliato rapporto stilato dall’organizzazione indipendente “Refugees International” e diffuso il 10 luglio scorso. “La comunità internazionale – scrivono – deve agire per dare una risposta efficace al problema dei rifugiati, aiutando chi ne ha bisogno e preservando la stabilità regionale”. 

Come ricorda il documento, all’inizio della primavera 2011 “le sollevazioni popolari e la conseguente repressione governativa in Siria hanno costretto un gran numero di persone ad abbandonare le proprie case e, in molti casi, il paese”. 

Sono “oltre 97 mila i rifugiati attualmente registrati nei paesi circostanti, e fra questi più di 55mila si trovano in Giordania e Libano”. Una situazione complessa, e apparentemente destinata a peggiorare, se è vero che “migliaia di persone aspettano ancora di essere registrate e sono state identificate come bisognose di assistenza, e ci sono centinaia di nuovi arrivi ogni settimana”. 

Destinazioni, il Libano e la Giordania, che vengono privilegiate perché “storicamente le persone che risiedono intorno ai confini libano-siriano-giordani hanno legami culturali, familiari e commerciali”, spiega RI.  “Molti siriani che lasciano il paese vengono accolti da membri delle loro famiglie, amici, conoscenti o comunità dove possono inserirsi e trovare risorse per vivere”.

Ma, di contro, ci sono “moltissimi siriani che non hanno connessioni di questo tipo e, fuggendo dalle violenze, si trovano in un paese straniero in condizioni simili a quelle ‘tradizionalmente’ vissute dalle popolazioni rifugiate”. 

Inoltre, come sottolinea il rapporto, non bisogna dimenticare che Libano e Giordania “sono tra i principali paesi ospitanti di rifugiati iracheni e palestinesi, cui continuano a offrire sostegno”. 

Una condizione generale che, secondo RI, rischia di diventare “esplosiva”, dal momento che i due paesi “pur avendo offerto ospitalità ai siriani, non hanno la possibilità di continuare a sostenere da soli la situazione”, anche a causa della mancanza di lavoro e risorse per le popolazioni locali.

“Nel nord del Libano e nella Valle di Beqa’a – ad esempio – le possibilità di impiego e le funzionalità degli spazi abitativi sono già inadeguate. L’aggiunta di oltre 20mila profughi siriani in cerca di lavoro non ha fatto che aumentare le pressioni sociali su queste aree”. 

E se “i governi libanese e giordano, insieme a Unhcr e alle Ong locali stanno attualmente fornendo una serie di servizi umanitari ai rifugiati, tra cui protezione, cibo, rifugio, cure mediche ed educazione” il loro numero continua però ad aumentare “e cresce anche la richiesta di servizi”. 

Difficoltà che stanno provocando “il rallentamento dell’economia regionale” con la principale conseguenza che “le relazioni tra le comunità ospitanti e la popolazione rifugiata stanno diventando sempre più tese”. 

Spiega RI che “la delicata situazione politica in Libano e Giordania potrebbe facilmente diventare conflittuale.

In Libano ci sono giù conflitti tra gruppi pro e anti Assad, e con le difficoltà di sostenere i rifugiati siriani questi disaccordi politici potrebbero tradursi in un conflitto di confine su larga scala tra paesi ospitanti e Siria”. 

Al contrario “fornire un’adeguata assistenza a Libano e Giordania, di cui possano beneficiare i loro stessi cittadini e i rifugiati, migliorerebbe le condizioni dei profughi nel breve periodo, e garantirebbe l’assenza di scontri tra comunità ospitanti nel lungo periodo”. 

Ecco perché “gli Stati Uniti e ECHO (European Commission Humanitarian Aid and Civil Protection, ndt) dovrebbero aumentare i loro finanziamenti e rivedere il piano di risposta all’emergenza, in modo che le Ong locali e internazionali possano provvedere alle necessità delle popolazioni e dei rifugiati”.

“Le condizioni politiche in entrambi i paesi rendono difficile una risposta rapida ed efficace al problema dei rifugiati, ma è necessario che tutti gli attori coinvolti agiscano per prevenire una crisi umanitaria e minimizzino il rischio di tensioni interne e regionali”. 

“Libano e Giordania hanno le capacità necessarie per dare una risposta onnicomprensiva ed efficace alla questione dei rifugiati siriani che attraversano i loro confini. Ma le loro capacità di riuscita dipendono sia dal sostegno della comunità internazionale che dalla volontà nazionale di rendere il benessere dei rifugiati e delle comunità locali una priorità”. 

 

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