http://ilmondodiannibale.globalist.it Homs. Bashar pensa alla "soluzione finale" Negata per il secondo giorno consecutivo l'autorizzazione all'ingresso della Croce Rossa Internazionale nel quartiere di Bab Amro. Voci di esecuzioni sommarie. Venti anni dopo Sarajevo ecco servita Homs. Il quartiere di Bab Amro è sotto assedio militare da 29 giorni e da due giorni il convoglio umanitario, sette container carichi di generi di prima necessità, attende che Bashar al-Assad dia il suo ok per entrare. "Troppo pericoloso", è la risposta del regime di Damasco. E così per il secondo giorno consecutivo la Croce Rossa resta nel gelo, e non può entrare. Intanto le pochi voci che riescono a comunicare con il resto del mondo da Bab Amro, 28mila abitanti, dicono che i soldati fedeli al regime, stanno effettuando rastrellamenti per le strade della città, che hanno avuto luogo esecuzioni sommarie. Che le cose stiano effettivamente così a Homs lo conferma da Beirut la giornalista francese appena evacuata, Edith Bouvier. Nel suo primo articolo da liberata conferma che a Bab Amro non ci sono i terroristi che tanto piacciono( a destra e a sinistra) e che i soldati di Assad sparano indiscriminatamente contro la popolazione. Conferma anche che è stato il regime di Damasco a impedire alla Croce Rossa di soccorrerla. Il più noto mediorientalista vivente, Robert Fisk, ha sottolineato che il termine usato dal regime siriano per definire l'operazione in atto a Bab Amro da quando i soldati sono entrati, "pulirlo", è lo stesso che venne usato da Israele quando invase il Libano. Non accade solo l'assedio di Homs, in Siria. Il regime cannoneggia l'altra città martire, la prima a essersi sollevati contro Bashar, Daraa. Orrore per le immagine che giungono dalla Siria è stato espresso da Ban Ki Moon, che chiede anche di sapere per quali motivi i rappresentanti dell'Onu non possano entrare in Siria. L'accusa di crimini di guerra comincia a essere formulata contro il capo del regime di Damasco, ancora protetto da Putin. La Gran Bretagna ha chiesto che il Presidente sia considerato responsabile, e per la Turchia la comunità internazionale deve dare immediatamente una risposta. Ma il tempo passa, la risposta della comunità internazionale tarda e la "soluzione finale", termine caro ad Assad, sembra a portata di mano.
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