di Lettera22 per il Fatto
Siria. Strage di Hula, la Russia non cambia “Responsabili esercito regolare e miliziani” Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov: "Mosca non potrà difendere il suo alleato" da nuove sanzioni. Lunedì notte il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite aveva adottato una dichiarazione di condanna, non vincolante, ma firmata anche dallo stato governato da Putin, in cui si accusa il governo di Damasco per l'uso dell'artiglieria pesante Sia l’esercito regolare siriano sia i gruppi che da quattordici mesi si oppongono al potere del presidente Bashar al Assad hanno responsabilità nella strage di Hula. Il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov ha rimarcato la posizione di Mosca sul massacro che tra venerdì e sabato ha fatto almeno 108 morti, tra cui 34 donne e 49 bambini. “Il più grave episodio della guerra civile”, ha scritto il quotidiano russo Kommersant, “sebbene Damasco neghi la responsabilità, l’Occidente punta il dito contro il regime che da oltre un anno reprime le manifestazioni dell’opposizione. Questo vorrà dire nuove sanzioni per la Siria e Mosca non potrà difendere il suo alleato”. Lunedì notte, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite aveva adottato una dichiarazione di condanna, tuttavia non vincolante, in cui si accusa il governo di Damasco per l’uso dell’artiglieria pesante sul centro residenziale, non lontano dalla centrale città di Homs, e con cui chiede il ritiro delle armi pesanti dalle città siriane, come previsto dal, fino ad adesso inefficace, piano di pace dell’inviato dell’Onu e della Lega Araba, Kofi Annan. Il documento è stato sottoscritto da tutti i quindici Paesi membri del Consiglio, compresa la Russia, il principale alleato di Assad, che nelle precedenti occasioni aveva bloccato ogni forma di condanna del regime. Dopo un duro braccio di ferro diplomatico, Mosca ha ottenuto che nel testo l’intera responsabilità della strage non fosse addossata sull’esercito, rimarcando come molte delle vittime sono state uccise da distanza ravvicinata, additando perciò come colpevoli i miliziani dell’opposizione. “Occorre chiarire con certezza chi sono i responsabili”, ha detto Lavrov a colloquio con il suo omologo britannico. William Hague, volato a Mosca per tentare di smorzare la posizione russa. “Noi non sosteniamo il governo siriano, sosteniamo il piano di pace di Annan. Bisogna fermare le violenze e creare le condizioni per il dialogo. Tutto il resto è secondario”, ha poi aggiunto. Il problema, almeno nella sede del Palazzo di Vetro, è la mancanza, per il momento, di un piano B che possa sostituire quello in sei punti dell’ex segretario generale dell’Onu, oggi in visita a Damasco, dove ha detto di essere inorridito dal massacro e ha esortato il governo siriano e “chiunque abbia un’arma” a fare passi concreti per dimostrare di voler raggiungere la pace. La Russia, notano gli osservatori, è diventato fuori dalla Siria l’attore chiave per tentare di risolvere la crisi. Soprattutto da quando gli Stati Uniti hanno messo sul tavolo l’ipotesi di una soluzione alla yemenita, ossia una transizione interna, con mediazione araba, in cui Assad si faccia da parte come fatto dopo 33 anni di potere dall’ex presidente yemenita Ali Abdullah Saleh. Una soluzione che Mosca non esclude perché gli permetterebbe di non lasciare la Siria all’influenza delle potenze occidentali. Questo nonostante lo stesso Lavrov abbia voluto sottolineare come il cambio di regime non sia per forza la soluzione alla spirale di violenza. “Assad sta mettendo sé stesso e la Russia all’angolo” ha detto Alexei Malashenko, esporto di Medio oriente al Carnegie Moscow Center, intervistato dall’Associated Press, “Se non ci dovessero essere cambiamenti alla Russia non resterà che abbandonarlo”. La pressione diplomatica su Mosca continua. Venerdì, fa sapere una nota dell’Eliseo, la questione siriana sarà al centro dei colloqui che il presidente francese, Francois Hollande, avrà con l’omologo russo, Vladimir Putin, in visita a Parigi. Nonostante il dispiegamento di 280 osservatori Onu le proteste e le violenze non si fermano. Secondo quanto riferiscono gruppi dell’opposizione, nuovi bombardamenti su Hama hanno causato almeno 30 morti, mentre a Damasco numerosi negozianti hanno fatto una serrata per solidarizzare con le vittime di Hula. Intanto anche la Cina ha condannato il massacro. “Siamo attoniti”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, Liu Weimin, esortando tutte le parti in causa a trovare una tregua, senza però schierarsi a favore di una o dell’altra.
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