http://www.libreidee.org
Attenti, la guerra con l’Iran è già cominciata: in Siria Misteriosi gruppi armati sparano sulla polizia, che risponde al fuoco e fa i primi morti, subito elevati al rango di “martiri”. E’ l’inizio della “narrazione del genocidio”, modello Libia. In pochi mesi, il governo è isolato dal resto del mondo e costretto a rincorrere l’emergenza. Ma il resto del mondo non sta a guardare: si affretta anzi ad ammassare uomini e mezzi alla frontiera, preparando un “corridoio umanitario” da cui gli “insorti” scateneranno l’offensiva finale. Si scrive Siria, ma si legge Iran: la caduta di Damasco, pianificata a tavolino dagli Usa, provocherà il crollo di Hezbollah in Libano e il totale isolamento di Teheran, vero obiettivo della prossima guerra americana che il presidente Barack Obama sta costruendo giorno per giorno. La guerra con l’Iran è già cominciata, avverte Aisling Byrne su “Asia Times” in un reportage ripreso da “Megachip”, citando fonti israeliane: nulla indebolirebbe il paese degli ayatollah più della perdita della Siria, sostiene il sovrano saudita Abdullah. Lo conferma Tom Donilon, consigliere di Obama per la sicurezza nazionale: la fine del regime di Bashar Assad «rappresenterebbe il peggior scacco per l’Iran in tutta la regione». Grandi manovre, come ammette Jeffrey Feltman, sottosegretario di Stato per il Medio Oriente: obiettivo, «sostenere l’opposizione e strangolare diplomaticamente e finanziariamente il regime siriano fino a quando il risultato non sarà raggiunto». Come sempre, circolano dossier illuminanti: da quello del Brooking Institute redatto già nel 2009 (titolo, “Quale strada per la Persia?”), al recentissimo “Verso una Siria del dopo-Assad”, firmato da John Hannah e Martin Indyk, entrambi ex funzionari neoconservatori dell’esecutivo Bush-Cheney ed entrambi fautori del rovesciamento del governo siriano, magari col solito “aiutino” di personaggi legati ad Al Qaeda. La prima battaglia, cruciale, è quella della disinformazione a tappeto, ovvero la «deliberata costruzione di una narrativa in larga parte menzognera, che raffigura dimostranti democratici disarmati mentre vengono ammazzati a migliaia mentre protestano pacificamente contro un regime oppressivo e violento, una “macchina per uccidere” guidata dal “mostro” Assad», sintetizza Aisling Byrne. Il precedente perfetto è quello della Libia, dove i media hanno denunciato “stragi di civili” senza una sola notizia realmente accertata. Strumenti cardine nell’operazione Siria sono Al Jazeera e Al Arabiya, televisioni di regime controllate dalle monarchia petrolifere del Qatar e dell’Arabia Saudita, decise a far cadere il governo di Damasco. Per “Asia Times”, «a dieci anni di distanza dalla guerra in Iraq, pare che nessuna delle lezioni del 2003 dalla demonizzazione di Saddam Hussein alle armi di distruzione di massa che non c’erano sia stata imparata». Nessun controllo sulle fonti del presunto “genocidio”: l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani è basato in Gran Bretagna e finanziato attraverso un fondo con sede a Dubai, eppure «ha avuto un ruolo guida nel fornire sostegno alla narrativa dei massacri di migliaia di manifestanti pacifici ad opera di infiltrati, di “fatti appurati” e di altre ed esagerate attestazioni di “massacri”». Totalmente ignorata l’unica vera notizia: secondo un recente sondaggio di “YouGov” commissionato dalla Qatar Foundation, il 55% dei siriani non vuole la caduta di Assad. «Il fatto che nessuno dei quotidiani di primo piano del mainstream e nessun notiziario televisivo abbiano riportato i risultati del sondaggio di “YouGov” non è strano: non si adattavano alla loro narrativa», ironizza Aisling Byrne. Persino fonti dell’intelligence americana ammettono che realtà è ben altra: «La maggior parte delle asserzioni più serie fatte dall’opposizione siriana si sono rivelate esagerazioni grossolane o menzogne pure e semplici, rivelando più l’inconsistenza dell’opposizione che non l’instabilità del regime siriano», avverte Stratfor, importante struttura dei servizi segreti statunitensi. E l’“American Conservative” rivela che «gli analisti della Cia non nascondono il loro scetticismo nei confronti di questa marcia di avvicinamento alla guerra». Il rapporto alle Nazioni Unite che parla di 3500 civili finora uccisi dai soldati di Assad «è basato in larga parte su fonti che stanno coi ribelli e non è suffragato da prove», tant’è vero che «la Cia ha rifiutato di sottoscriverne l’appello». Questo però non significa che piano proceda comunque, anche se con tempi più lunghi: «E’ chiaro afferma il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov che l’obiettivo è quello di provocare una catastrofe umanitaria, in modo da avere il pretesto per pretendere un’intromissione da parte di paesi esteri». Guida pratica per il rovesciamento dei governi: il terzo capitolo di “Una via per la Persia” tratta proprio della Siria, e scrive: «Sostenere di nascosto l’insurrezione consentirebbe agli Stati Uniti di poter negare in modo plausibile di averlo fatto, riducendo i contraccolpi sul piano diplomatico e politico». Infatti, «dopo che il governo sarà per alcune volte finito sotto scacco, ci sarà anche il pretesto per agire». Secondo questa relazione, l’intervento militare dovrebbe essere intrapreso solo dopo il fallimento di ogni altra opzione: davanti a questi fallimenti la “comunità internazionale” messa davanti al fatto compiuto riterrebbe che è stato il governo a “tirarsi addosso l’attacco militare” dopo aver rifiutato ogni miglior via d’uscita. L’agenda americana è esplicita: si tratta di finanziare gruppi di opposizione siriani, incrementarne le capacità operative, fornire armi ed equipaggiamenti, e soprattutto «mettere in piedi una narrativa adeguata, col pieno appoggio dei media sostenuti dagli Stati Uniti». E poi il passo successivo, la creazione di un “corridoio sul terreno”, in un paese confinante, per «sostenere lo sviluppo di una infrastruttura a sostegno delle operazioni». Detto fatto: con la piena collaborazione di Francia e Gran Bretagna, «che hanno dato forma fin dall’inizio all’opposizione siriana», il piano si sta ora perfezionando con l’aiuto strategico della Turchia, che a Iskenderun ospita il “Libero esercito siriano” nonché miliziani reduci dalla Libia, mentre la base Nato di Incirlik si sta trasformando nel centro nevralgico della nuova guerra “umanitaria” in programma. Al “regime change” collabora anche la Germania attraverso l’Swp, l’istituto tedesco per gli affari internazionali, che sta “allevando” il Consiglio Nazionale Siriano per prepararlo ad assumere il potere. L’investimento in termini di intelligence è stato enorme, rivela il “Washington Post” citando Wikileaks: il Dipartimento di Stato americano ha finanziato con milioni di dollari vari gruppi siriani in esilio compreso il Movimento per la Giustizia e per lo Sviluppo con sede a Londra, un’organizzazione vicina ai Fratelli Musulmani e vari individui singoli fin dal 2006, tramite una “Middle East Partnership Initiative” amministrata da una fondazione statunitense, il Democracy Council. Fin da quando tutto è cominciato, aggiunge “Asia Times”, sono state esercitate pressioni significative affinché la Turchia realizzasse un “corridoio umanitario” lungo la sua frontiera meridionale con la Siria. Lo scopo principale, come indicato in “Una via per la Persia”, è quello di fornire una base cui possano appoggiarsi gli insorti sostenuti dall’estero e da cui essi possano lanciare i loro attacchi. L’obiettivo di un simile “corridoio umanitario”, scrive Aisling Byrne, «è umanitario come le quattro settimane di bombardamenti aerei su Sirte che la Nato ha messo a segno esercitando il proprio “dovere di proteggere la popolazione”, secondo il mandato approvato al Consiglio di Sicurezza dell’Onu». Tutto questo non significa che la Siria non chieda democrazia, né che non siano stati commessi abusi anche sanguinosi nella repressione. Ma dimostra che la rappresentazione dei media non è veritiera, e che l’obiettivo non è quello dichiarato. Nel mirino c’è Iran, e la Siria è solo l’anticamera della nuova guerra destinata a incendiare il Medio Oriente. «Aerei da combattimento della Nato privi di contrassegni stanno arrivando nelle basi militari turche vicine a Iskenderun lungo la frontiera siriana, trasportando armi e volontari del Consiglio Nazionale di Transizione libico», scrive esplicitamente l’“American Conservative”. Il conto alla rovescia è già cominciato. E le grandi manovre congiunte Usa-Israele, annunciate per la primavera 2012, non faranno che aumentare la tensione. Si avvicinano scenari da Terza Guerra Mondiale, mentre le televisioni delle peggiori dittature petrolifere filo-occidentali raccontano che il popolo siriano lotta contro il feroce regime di Assad.
|