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21/06/2012

Il gesuita attivista cacciato dalla Siria
di Maghdi Abo Abia

In Siria dagli anni '70, ha cercato fino all'ultimo un dialogo tra cristiani e musulmani

Il New York Times ci racconta la storia di un gesuita italiano, Paolo dall’Oglio, espulso dalla Siria in quanto oppositore del governo guidato da Bashar Al-Assad.

UOMO DI DIALOGO - “Hanno provato a cacciarmi via fin dallo scorso anno e alla fine ci sono riusciti”, ha spiegato il frate 57enne lasciato solo dalla sua Chiesa. Il religioso ha lasciato il Paese lo scorso sabato, abbandonando il monastero che sorvegliava da 30 anni e che aveva trasformato in un centro per il dialogo tra le fedi. “Il problema è che io sono per il cambiamento, per la democrazia, per i diritti umani e per la dignità, e per i siriani questo è un atteggiamento provocatorio”, ha spiegato il religioso il quale ha confermato di aver avuto il cosiddetto “foglio di via”.

LA FALSA TUTELA DEL GOVERNO - Il governo di Bashar Al-Assad, dominato dalla componente alawita, componente minoritaria nel Paese, si è auto-nominato difensore delle minoranze e del pluralismo. Una bugia secondo gli oppositori e per Sarjoun al-Akkadi, a capo del comitato del coordinamento cristiano di Latakia. “Per quarant’anni il Governo ha provato a impaurire i cristiani facendo loro credere che il governo li proteggesse dalla cattiveria esterna, ma era tutta una bugia”. Padre Paolo è stato mandato via dal Paese appunto perché appoggiava i gruppi cristiani in opposizione al Governo. “Se non fosse stato italiano -continua al-Akkadi- sarebbe stato rapito o ucciso”.

DISINTERESSE CRISTIANO - In Siria al momento i cristiani sono poco meno di 2 milioni su una popolazione di 23 milioni di persone. “I pericoli sono reali -spiega padre Paolo- inoltre in Siria sono convinti che la democrazia sia un qualcosa di occidentale viziato dal sionismo.”. Eppure la voce di Padre Paolo è unica tra le autorità ecclesiastiche siriane, le quali hanno taciuto sui bombardamenti che hanno coinvolto la popolazione civile. Per dirne una, l’assedio di Homs è costato la vita a 150 mila cristiani. (non possono essere morti, probabilmente l'intervistatore intende profughi, cmq la cifra e' irreale, se pensate che dopo quattro anni di assedio a Sarajevo ci sono stati oltre trecentomila morti. mentre i bombardamenti di Homs sono durati alcune settimane. ndr)

NESSUN INTERVENTO - “Come possiamo stare in silenzio?” ha spiegato Pade Paolo “siamo solidali con la repressione non solo perché come cristiani non la denunciamo ma anche perché la neghiamo”. A colpire Padre Paolo anche l’assenza d’interesse da parte del patriarca della chiesa Ortodossa a Mosca il quale non è intervenuto attraverso il suo ufficio per cercare di convincere il Governo a limitare il suo appoggio ad Assad. L’atteggiamento di Padre Paolo sembra quindi essere schiacciato dalla politica di “non intromissione” dei Cristiani nell’attività del Governo di Assad.

LA SUA STORIA - Padre Paolo è arrivato in Medio Oriente da Roma alla fine degli anni ’70 con la speranza di migliorare il dialogo tra Cristiani e Musulmani. Nel 1982 incappò nei resti di un monastero abbandonato, e dopo 10 giorni di preghiera capì che quello era il posto ideale per operare il suo ufficio. All’inizio delle proteste nel marzo 2011 Padre Paolo ha organizzato degli incontri per capire meglio i motivi e le cause della protesta. La sua attività non è passata inosservata ai piani alti del Governo siriano tanto che lo scorso novembre è stata presentata una richiesta al vescovo cattolico locale per espellerlo dal Paese.

NON VADA A QUSAIR - A quel punto venne ammonito e smise di occuparsi della politica interna siriana, almeno fino al bombardamento di Homs. Quell’atto lo convinse a tornare in sella e ne fu ancora più convinto dopo che la Siria autorizzò le manifestazioni di protesta su spinta dell’Onu. Ogni volta che doveva agire però avvisava prima la polizia segreta, fino a quando a Qusair gli è stato detto di non incontrare i ribelli e che sarebbe stato meglio per lui se avesse lasciato la città. Nonostante i consigli si recò in citta scoprendo come al di là delle proteste per una Siria più democratica si nascondevano elementi che inneggiavano all’islamismo più estremo.    Ma ormai il suo tempo in Siria era finito, ed ora dal Libano guarda il Paese dilaniato dalla guerra.


fonte http://www.giornalettismo.com/archives/377388/il-gesuita-attivista-cacciato-dalla-siria/

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