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08 giugno 2012

Siria-Annan, gruppo contatto con Iran
di Michele Giorgio

Il tentativo è quello di sbloccare lo stallo al Consiglio di Sicurezza. "Il mio piano non e' morto ma non e' stato attuato", ha detto ieri all'Onu l'inviato speciale

Roma, 08 giugno 2012, Nena News - Un Kofi Annan stanco, demoralizzato, ferito dai siluri sganciati contro il suo piano non solo dal regime siriano e dai ribelli ma, l'altra sera, anche dagli «Amici della Siria», è apparso ieri davanti all'Assemblea generale delle Nazioni Unite in un estremo tentativo di salvare la sua iniziativa. In un'atmosfera avvelenata dall'ultimo pesante massacro di decine di civili a Mazraat al Qubeir (Hama) - le opposizioni lo hanno attribuito alla milizia «shabiha» vicina al regime del presidente Bashar Assad ma Damasco ha negato con forza -, l'inviato speciale dell'Onu ha fatto mea culpa. Come gli chiedevano gli Usa e gli alleati arabi. «Nonostante l'accettazione del piano di pace e nonostante la presenza degli osservatori Onu, oggi devo essere franco, il piano non è stato attuato», ha esordito Annan, «Non possiamo lasciare che le uccisioni siano una realtà quotidiana nel Paese». Poi ha rilanciato la sua iniziativa diplomatica provando a spiegare a tutte le parti che «bisogna agire insieme e parlare con una voce sola», poiché le azioni individuali non porteranno a nulla. Parole rivolte anche a quei paesi che, riuniti nel gruppo dei (presunti) «Amici della Siria», l'altra sera a Istanbul hanno decretato, senza annunciarlo, la morte del piano dell'inviato dell'Onu e deciso l'avvio di una politica di maggiore sostegno all'opposizione e ai ribelli (sempre più armati). Annan punta a creare un «gruppo di contatto» di potenze mondiali come Usa, Francia, Gran Bretagna, Russia, Cina, e dei principali attori regionali influenti sul governo di Damasco o sull'opposizione, come Arabia Saudita, Qatar, Turchia e Iran. Gli «Amici della Siria» però in Turchia avevano già escluso l'inclusione dell'Iran nel gruppo di contatto, affermando che Tehran non può essere coinvolta in alcun modo perché troppo sbilanciata a favore di una delle due parti in conflitto (Assad). Turchia, Qatar e Arabia saudita non sono forse schierate apertamente con l'opposizione e l'Esercito libero siriano (le formazioni armate dei ribelli)? A dettare la linea in ogni caso è il segretario di stato Hillary Clinton che a margine della riunione in Turchia ha detto che: occorre convincere Mosca e Pechino ad accettare un cambio di regime in Siria (anche con la forza?), attraverso l'adesione ad un progetto di transizione politica che obblighi Assad a farsi da parte. Altrimenti sarà la guerra civile. La Russia (per ora) resiste alle pressioni. «Le sanzioni imposte dai Paesi sulla Siria hanno solo aggravato la situazione», ha detto l'ambasciatore russo Vitaly Churkin durante la riunione dell'Assemblea Generale dell'Onu, aggiungendo che una pressione unilaterale non porta a nulla. Churkin ha aggiuto che gli «orrendi crimini» commessi in Siria devono essere indagati. Nel frattempo ricchi «uomini d'affari» siriani hanno creato un fondo di 300 milioni di dollari, finanziato volto a sostenere i ribelli che combattono l'esercito siriano. La strage di al Qubeir ha aggravato ulteriomente la crisi aprendo ancora una volta la strada ad un intervento militare internazionale. Sino ad oggi Washington si è mantenuta cauta ma se l'opinione pubblica americana comincerà a sostenere in maggioranza un attacco alla Siria, così come fece nel 2011 con la Libia, Barack Obama in piena campagna per un secondo mandato presidenzialie non esiterà un secondo ad impegnare le forze armate contro Damasco. E non è escluso che, come avvenuto lo scorso anno, siano i «volenterosi» europei, guidata dalla Francia di Hollande, a lanciare per primi le operazioni militari forzando la mano del presidente americano. La strage di al Qubeir come quella a Houla ha avuto un impatto internazionale enorme. Gli Stati Uniti hanno condannano duramente il massacro di civili, incluse donne e bambini. Le uccisioni, ha commentato la Casa Bianca, «insieme al rifiuto del regime a consentire l'ingresso degli osservatori nell'area (di Al-Qubeir) sono un'affronto alla dignità umana e alla giustizia». Obama ora chiede a tutti i paesi di «abbandonare l'appoggio al regime brutale e illegittimo» della Siria e a unire la forze «a sostegno della transizione politica in Siria». Sulla stessa lunghezza d'onda è il segretario dell'Onu Ban ki moon che ha accusato Assad di aver perduto ogni legittimità con il massacro di al Qubeir e denunciato le forze armate governative che, a suo dire, non farebbero entrare gli osservatori dell'Onu nell'area della strage.

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