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2 agosto 2012

Amnesty International: «Fermate il massacro in Siria»

Donatella Rovera, di Amnesty International, è  tornata di recente da un lunga missione di ricerca in Siria, dove ha assistito in prima persona a numerose violazioni dei diritti umani commesse dalle forze governative,  e denuncia: «L'attacco contro Aleppo, che pone sempre di più la popolazione civile a rischio, è il prevedibile sviluppo di quel modello di violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di sicurezza in tutto il paese».

L'assalto delle forze armate rimaste fedeli al regime nazional-socialista di Bashir al Assad contro la città di Aleppo sembra essere proprio il disperato culmine di mesi di brutale repressione contro i dissidenti che ha trasformato le poteste democratiche in una sanguinosa guerra civile etnico-religiosa e nella quale ormai agiscono potenze e presenze straniere.

La Rovera fa un quadro terribile e realistico della situazione siriana: «Assistite dalle famigerate milizie shabiha, le forze governative hanno aperto il fuoco contro le manifestazioni pacifiche, uccidendo e ferendo coloro che partecipavano o semplicemente assistevano alle proteste, bambini compresi. L'intensificarsi della repressione ha colpito gli attivisti che hanno raccontato ad Amnesty International di essere stati minacciati e aggrediti; altri sono stati arrestati e da allora non si è saputo più nulla di loro. Anche i medici e gli infermieri che prestavano soccorso ai feriti sono stati presi di mira. Il 24 giugno sono stati ritrovati i corpi carbonizzati e mutilati di tre medici, che facevano parte di una rete volontaria di assistenza medica ai manifestanti feriti e che erano stati arrestati la settimana prima. Mentre i combattimenti tra le forze governative e l'opposizione ad Aleppo, come in altre aree della Siria, diventano sempre più intensi e aumentano le denunce di abusi commessi dall'opposizione armata, la popolazione è esposta a rischi gravissimi. A migliaia stanno abbandonando le loro case, unendosi agli oltre 100.000 rifugiati dell'ultimo anno. Nonostante l'escalation di violenza, la comunità internazionale è paralizzata tra misure inefficaci, come la Missione di supervisione dell'Onu, e i veti del Consiglio di sicurezza. Nel frattempo donne, uomini e bambini in Siria vengono abbandonati al loro destino».

Per questo Amnesty International continua a chiedere al Consiglio di sicurezza dell'Onu «Di agire per fermare questo spargimento di sangue, garantendo una reale presenza di osservatori in Siria, deferendo la situazione del paese alla Corte penale internazionale e fermando l'afflusso di armi al governo di Damasco e ai gruppi dell'opposizione armata».

Il 20 luglio Russia e Cina hanno messo ancora una volta, il veto a una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu che avrebbe potuto risolvere la situazione in Siria. La Missione di supervisione delle Nazioni Unite in Siria è stata prorogata per altri 30 giorni, ma Amnesty sottolinea che «Il Consiglio di Sicurezza non è riuscito ad aggiungere una componente sui diritti umani al suo mandato. Tale mancanza di considerazione per i diritti umani sottolinea l'inadeguatezza della risposta della comunità internazionale alla situazione sempre più grave nel Paese. Il voto è arrivato in un momento di grave violenza nel paese, poco dopo che esponenti di alto livello delle autorità siriane erano stati uccisi a Damasco. Alla luce della nuova escalation di violenza di questi giorni, la Russia deve immediatamente intervenire per fermare lo spargimento di sangue e smettere di bloccare gli sforzi internazionali per farlo».

Il 10 luglio la Russia aveva detto che non avrebbe più inviato armi alla Siria fino a quando la situazione sarebbe rimasta instabile. Amnesty però denuncia: «Nonostante le promesse, la Russia continua a rispettare i contratti ancora esistenti soddisfacendo le richieste siriane. La Russia deve interrompere immediatamente tutti i trasferimenti di armi, compresa l'assistenza tecnica al governo siriano. Almeno 108 persone sono state uccise nell'attacco del 25 maggio nel villaggio siriano di Houla. 49 dei morti erano bambini. La brutale uccisione di civili ha scioccato tutto il mondo e ha portato alla condanna da parte del Consiglio di sicurezza dell'Onu. Ma la condanna non basta - abbiamo urgente bisogno di misure concrete per fermare questo spargimento di sangue. Amnesty International ha i nomi di oltre 14.000 persone uccise dall'inizio della repressione delle proteste pacifiche, iniziate nel marzo 2011. Molti altri sono stati feriti».

Il 14 aprile, è stata adottata una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu che chiede la piena attuazione del "piano in sei punti" proposto dall'inviato speciale dell'Onu  Kofi Annan. La risoluzione chiede: la cessazione della violenza; l'avvio di un processo di transizione politica e il rispetto dei diritti umani.

La risoluzione ha anche autorizzato una missione Onu non armata di supervisione in Siria (Unsmis), ma senza un chiaro mandato di monitoraggio e di indagine sugli abusi dei diritti umani, compresi i crimini contro l'umanità e crimini di guerra. Amnesty International chiede «Al Consiglio di sicurezza dell'Onu di istituire una Missione di supervisione con risorse adeguate e con una forte componente sui diritti umani con il mandato per gli osservatori di indagare e rendere noti tutti gli aspetti sui diritti umani e le loro implicazioni per il "piano di sei punti". La Missione delle Nazioni Unite deve essere rinforzata con urgenza attraverso maggiori risorse e più competenze in materia di diritti umani.

Amnesty è preoccupata per il mancato impegno delle autorità siriane rispetto al piano, intanto continua a ricevere «segnalazioni credibili di gravi violazioni dei diritti umani, tra cui uccisioni illegali, da parte delle forze di sicurezza siriane. Migliaia di persone sono state arrestate nel contesto delle manifestazioni popolari e rimangono tuttora in detenzione in "incommunicado". Continuano a essere riportate anche violazioni da parte di gruppi armati di opposizione, nonostante il cessate il fuoco concordato il 12 aprile».

Amnessty International chiede sforzi significativi da tutte le parti coinvolte per porre fine a questo devastante conflitto. «Le autorità siriane devono: porre fine alle esecuzioni extragiudiziali, all'uso indiscriminato e sproporzionato della forza e chiarire a tutte le forze governative e alle milizie che tali violazioni non saranno tollerate; rilasciare tutti coloro che sono stati arbitrariamente arrestati e detenuti per aver partecipato a manifestazioni pacifiche o che hanno espresso il loro dissenso nei confronti del governo; cooperare pienamente con la Missione di osservatori delle Nazioni Unite e consentire l'accesso agli osservatori a tutti i luoghi di detenzione e permettere loro e alle agenzie umanitarie un accesso rapido e senza restrizioni in Siria. Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu deve: assicurarsi che la Missione di osservazione delle Nazioni Unite abbia una forte componente sui diritti umani e adeguate risorse e garantire che gli osservatori dei diritti umani abbiano la capacità di proteggere le vittime e i testimoni; • deferire la situazione in Siria al procuratore della Corte penale internazionale per indagare sui crimini commessi in violazione del diritto internazionale; immediatamente imporre un embargo sulle armi alla Siria, con l'obiettivo di fermare l'afflusso di armi al governo siriano e stabilire un meccanismo efficace per controllarne il rispetto. Tutti i governi devono assumersi una responsabilità condivisa per indagare e perseguire i crimini contro l'umanità e altri crimini di diritto internazionale commessi in Siria. La Russia deve immediatamente sospendere i trasferimenti al governo siriano di tutte le armi, le munizioni, equipaggiamento, addestramento e personale militare, di sicurezza e di polizia».

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