da Il Mondo di Annibale
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12 settembre 2012

Libia, attacco a Obama e alla Primavera
di Francesco Peloso

L’ambasciatore americano in Libia, Chris Stevens, è stato ucciso a Bengasi a ridosso della prima riunione del Parlamento libico da gruppi estremisti islamici che hanno preso spunto, per la loro azione omicida, da un film volutamente blasfemo e offensivo della figura di Maometto realizzato da Sam Bacile, un cittadino israelo-americano che ha subito dichiarato: “l’Islam è un cancro”. Forse, nell’assalto, c’è il coinvolgimento delle brigate fondamentaliste Ansar Al-Sharia, vicine ad Al Qaida. Nelle prossime ore si saprà meglio, fra l’altro, se il diplomatico è stato colpito da un razzo sparato contro la vettura su cui viaggiava o sia morto per asfissia negli scontri intorno al consolato statunitense di Bengasi. Intanto la prima seduta del Parlamento libico -alla quale appunto doveva assistere Stevens – è stata rinviata “per motivi di sicurezza” ed è noto a tutti che alle recenti elezioni svoltesi in Libia – ‘a sorpresa’, come si dice, i partiti islamici avevano perso e ad avere la meglio, invece, era stata la coalizione di partiti e movimenti laici e musulmani moderati.

Questi i primi dati inequivocabili che emergono dalla crisi, gravissima, apertasi in Libia. Per altro l’ambasciatore Stevens era un fautore della svolta politica avvenuta nel Paese mediorientale. Il tentativo in atto, dunque, è quello di sovvertire il processo politico, complesso ed eccezionale, che sta cambiando il mondo arabo aprendo le porte a novità e a problemi inediti ma di certo anche a una stagione nuova di indipendenza politica e di libertà chiudendo la lunga stagione delle autocrazie. Non meravigli dunque che il fondamentalismo, quello islamico salafita o di al Qaida, quello israelo-americano o evangelico protestante, cerchi, con ogni mezzo, di fermare il processo in corso. Lo scontro di civiltà rimane – sul piano internazionale – l’unica carta che è in grado di giocare la destra americana e quella dei partiti ad essa associata in varie aree del mondo, dall’Europa al Medio Oriente ad Israele. E’ poi solo un patetico corollario italiano, insignificante per gli scenari mondiali ma non del tutto per noi, il fatto che il partito comunista di Paolo Ferrero si trovi accodato a questa stessa compagnia e critichi senza in queste ore, con sprezzo del ridicolo, sia la svolta libica che la rivolta siriana e schierandosi – una volta di più – dalla parte dei dittatori.

Diventa dunque sempre più evidente che la battaglia di questo tempo è quella fra fondamentalismo ideologico e religioso e democrazia, fra diritti – civili e sociali – e svolte e visioni autoritarie. Fra chi vuole tenere in piedi i muri per mantenere in piedi il proprio potere, la propria rendita di posizione, e chi vuole abbatterli rischiando la contaminazione, l’incontro, la costruzione di una pagina della storia. In più nel Medio Oriente e in tutto il mondo arabo, si gioca la partita drammatica e delicata delle risorse energetiche, del controllo di un’ara cruciale del mondo in cui interessi differenti convergono. E a pagarne il prezzo sono i popoli, le persone, le famiglie, le donne, gli uomini i bambini delle città e delle terre arabe che si sono rivoltati contro le dittature e lo stanno continuando a fare in questi giorni ad Aleppo, a Damasco a Homs.

Sull’altra sponda dell’Atlantico la coalizione repubblicana multimiliardaria delle grandi corporation votate sempre di più all’isolazionismo antieuropeo, al fallimento delle politiche di integrazione mondiale, capaci di immaginare sempre e solo la guerra come risorsa economica e un iperliberismo antisociale quale ricetta per curare ogni male, perde colpi nonostante l’immane quantità di risorse messe in campo per battere Obama. E nonostante l’opposizione anti-nazionale ferocemente realizzata al Congresso degli Stati Uniti per fermare ogni provvedimento di carattere economico e sociale, senza contare le violente campagne razziste contro la Casa Bianca.

E allora di fronte ai sondaggi che vedevano di nuovo Mitt Romney perdere irrimediabilmente terreno, ecco l’affondo finale, l’attacco fondamentalista con un film blasfemo messo in circolazione l’11 settembre. Non c’è traccia di proposte per affrontare con una visione policentrica e multipolare le grandi sfide e le crisi mondiali nel pensiero breve di una destra che non è mai stata tanto povera di idee.

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