http://www.asianews.it Libia sempre più ingovernabile. Bombardamenti Nato per sedare scontri fra fazioni A pochi giorni dalle elezioni il Paese è preda di tensioni e scontri. A Bengasi un gruppo di ribelli assalta un ufficio elettorale. Fonti di AsiaNews denunciano bombardamenti Nato contro Zintan e Mashasha, costati decine di morti. La popolazione libica contro gli estremisti islamici. Tripoli (AsiaNews) - Insicurezza, divisioni, lotte e scontri armati fra ribelli ed ex sostenitori del regime di Gheddafi, mettono in pericolo il futuro della Libia. Il prossimo 7 luglio la popolazione voterà per scegliere i 200 membri dell'Assemblea costituente, che stileranno la prima Costituzione democratica del dopo regime. Fonti di AsiaNews, descrivono un Paese ancora in piena guerra civile e accusano la Nato di fomentare scontri e violenze fra fazioni rivali. "In diverse zone della Libia si combatte ancora - affermano - e tutto questo nel silenzio generale dei media". Secondo le fonti, le forze dell'Alleanza atlantica non hanno mai abbondonato il Paese. "Tre settimane fa - raccontano - i jet Nato hanno lanciato un fitto bombardamento su due città in lotta fra di loro: Zintan e Mashasha". La prima è una delle più importanti roccaforti dei ribelli e per tutto il periodo della guerra ha avuto il sostegno da parte della Nato. La seconda è invece abitata da popolazioni nomadi originarie del Niger. Essa era stata costruita dallo stesso Gheddafi per permettere ai popoli del deserto di diventare stanziali. I suoi abitanti hanno sostenuto il rais durante l'offensiva contro Zintan. "Caduto il dittatore - continuano le fonti di AsiaNews - Zintan si è vendicata lanciando attacchi contro Mashasha che ha risposto lanciando missili e bombe di mortaio. Per fermare la violenze la Nato ha bombardato entrambe le città, facendo diversi morti. L'Alleanza atlantica ha giustificato le bombe contro Zintan, sua alleata, come un errore balistico. E questo nel silenzio totale dei media". L'ingerenza della Nato nei conflitti fra fazioni, la presenza di armi e la totale assenza di una leadership in grado di governare il Paese, aumentano il rischio di una nuova guerra civile per la spartizione del potere in vista delle elezioni del 7 luglio. "Dopo la caduta di Gheddafi - affermano le fonti - che ha monopolizzato le istituzioni per oltre 40 anni, ora tutti cercano di ottenere poltrone e consensi, sfruttando il clima di insicurezza e anarchia". Ieri, a Benghazi oltre 300 persone hanno assaltato uno degli uffici elettorali, bruciando le schede e altro materiale destinato all'organizzazione delle votazioni, per chiedere più seggi elettorali. "Il Consiglio nazionale di transizione - continuano - non ha alcun controllo sul Paese. Ogni città vuole la sua autonomia, controllare le proprie risorse e fare affari con le multinazionali. Questo è il risultato della costosa guerra umanitaria organizzata con il benestare dell'Onu". L'unico segno di speranza è la sconfitta del fronte islamista, principale fautore della guerra contro Gheddafi, che oggi si trova emarginato fra la stessa popolazione libica. "In questi mesi - raccontano le fonti - gli estremisti islamici hanno tentato in tutti i modi di raccogliere potere e consensi all'interno della società, ponendosi come alternativa al regime, forti soprattutto dei risultati elettorali delle votazioni tunisine ed egiziane. Essi si sono però scontrati con il desiderio del popolo libico per modernità e cambiamento. Dopo averli sostenuti nei primi giorni della guerra, la popolazione si è resa conto delle loro posizioni retrograde e contrarie alla modernità e ha iniziato a combatterli. La gente è stanca di essere strumentalizzata e desidera un vero cambiamento del Paese".
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