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The Guardian
Anonymous smascherato Nella desolata stazione del Lincolnshire dove abbiamo appuntamento mi ci vogliono due secondi per individuare Jake Davis, alias Topiary, l'hacker, l'anno scorso tra gli uomini più ricercati del pianeta. Nel 2011 LulzSec, un ramo di Anonymous, ha provocato un putiferio nel web. Tra le tante azioni avevano violato il sito della Cia, e durante la primavera araba membri del gruppo erano penetrati nei siti governativi di Tunisia ed Egitto. Un hacker, Tflow (che, si scoprì poi, era un sedicenne londinese) scrisse un codice che permise agli attivisti web di aggirare la censura del governo. Quello che mi attende alla stazione di Spalding è il guru di LulzSec. "Cerca un ragazzo pallido che ha bisogno di un taglio di capelli", mi aveva messaggiato Jake. Aveva ragione. È pallido e ha veramente bisogno di un bravo parrucchiere. Ha 19 anni. Magro, dall'accento scozzese, per lunghi mesi è sfuggito alle forze dell'ordine di vari Paesi. Sapevo già che faccia avesse: l'anno scorso a luglio venne arrestato a casa sua, nelle isole Shetland. Accusato di 5 reati di hackeraggio, comparve davanti ai giudici di Londra e venne poi rilasciato in libertà su cauzione. Anonymous aveva finalmente un volto: quello di un ragazzo dai capelli unti, occhiali da sole, in mano il libro Free Radicals: The Secret Anarchy of Science. Al suo arresto ne seguirono molti altri, con una risonanza internazionale incredibile. Quello che gli arrestati avevano in comune: tutti massimo ventenni, inglesi, americani o irlandesi e quasi tutti provenienti da cittadine remote. A marzo è uscito un articolo che spiegava la dinamica dell'operazione dell'FBI. Gli agenti avevano convinto un membro di LulzSec di New York, un portoricano con due figli, Hector Xavier Monsegur, alias Sabu, a diventare informatore. Gabriella Coleman, professoressa di tecnologia all'Università McGill, Montreal, conosce Anonymous più di chiunque. Ha cominciato a studiarlo come nuova forza politica fin dalla sua nascita, nel 2008. Anche Parmy Olson, giornalista di Forbes, nel suo libro We are Anonymous: Inside the Hacker World of LulzSec, Anonymous and the Global Cyber Insurgency, pubblicato in America in giugno, offre un'analisi brillante di quel mondo. Olson ha incontrato Jake Davies nelle Shetland quando ancora si faceva chiamare Topiary. Come lei al primo appuntamento, anch'io mi aspettavo un patito di computer asociale. Invece Davis è aperto, chiacchierone, per niente fanatico, anche se gli hanno vietato di accedere a internet per un anno. L'anno scorso è stato accusato di cospirazione e ad aprile dovrà comparire ancora davanti ai giudici. Non sa se sarà accusato anche di frode. Adesso è in libertà condizionata, porta al polso il braccialetto elettronico, deve essere a casa per le 10 e vive con la madre a Spalding, nel Lincolnshire. Il suo unico mezzo di comunicazione è ormai un vecchio cellulare. E con grande sorpresa, non mia ma sua, internet non gli manca. "Mi sento meglio. Prima era la mia vita. Il mondo fuori non esisteva. Un anno fa camminavo a testa bassa, mugugnando monosillabi. Sul web ho imparato quasi tutto quello che so. La cosa che mi manca di più è Wikipedia. Ma non mi lamento. A scuola avevo imparato a lavorare a maglia, adesso sono piuttosto bravo". Jake ha avuto un'infanzia difficile, e ha lasciato la scuola a 13 anni. È stata la mancanza di contatti col mondo esterno che ha condotto Jake a me. Ha anche collaborato al libro di Parmy Olson: sembrava avesse voglia di un legame col mondo reale. "Vivendo alle Shetland non capivo l'impatto di ciò che stavamo facendo, non capivo che effetto avesse sul mondo reale. Ora che sono andato tante volte a Londra, vedo che il mondo gira e non ha nulla a che vedere col rinchiudersi in una stanza". La cosa che sorprende di più è che Jake non sembra triste di essere stato preso o di poter trascorrere anni in cella. "Ho vissuto a lungo chiuso in camera col pc. Non sarà diverso. Voglio andare in carcere a scontare la mia pena, là voglio farmi una cultura, leggere pile di libri". Jake corre peraltro il rischio di essere estradato. È stato accusato anche in Usa, dove i suoi colleghi hacker si stanno facendo dentro 20 anni. In Irlanda invece agli arrestati non sono poi stati attribuiti reati: Anonymous sarà anche un fenomeno internazionale, ma tra la polizia non esiste ancora un accordo comune su come vigilare internet. La cosa di Jake che salta all'occhio, e vale per molte altre persone coinvolte in Anonymous, è quanto sia intelligente. "Non sono persone normali in circostanze eccezionali", spiega Olson, "ma persone straordinarie in circostanze straordinarie". Di certo Davis è stato trascurato dal sistema scolastico, che non è riuscito a coltivare il suo talento. "Non ho nessuna qualifica", dice, imbarazzato. David si è distinto in Anonymous e poi in LulzSec non perché fosse un hacker esperto, le sue abilità tecniche erano limitate, ma perché è uno scrittore e un comunicatore dotato. Tra le altre cose controllava l'account Twitter di LulzSec, dal quale usciva un flusso continuo di dichiarazioni. Al di là della facile ironia, è sua la famosa: "Non si può arrestare un'idea". Anche se l'impatto di Anonymous può essere stato esagerato, alla base del gruppo c'è un'idea radicale: internet ha reso possibile una movimentazione di massa mai vista prima. Nessun governo riesce a controllare ciò che decide la massa. Secondo Parmy Olson, l'idea di portare la gente a "credere nel potere della massa" è stata una delle più grandi conquiste del gruppo. Che non ha né un'organizzazione centrale né membri ufficiali. Per alcuni versi somiglia a un'altra organizzazione anonima, Al Qaeda. Se credi in Anonymous e ti definisci tale, sei un Anonymous. Nel 2008 il movimento sembrava essere sbucato dal nulla. All'epoca Gabriella Coleman stava studiando la Open Source community (la rete di programmatori che crede e sviluppa software aperti) ed era di base all'università di Alberta, dove c'era il più grande archivio al mondo su Scientology. Notò in internet il video di un'intervista di Tom Cruise su Scientology. Un gruppo di hacker aveva incominciato a "beffarsi" online della chiesa di Scientology. Per molti il video - destinato a scopi promozionali all'interno della chiesa - era provocatorio. Cruise appariva come un fanatico patologico. Poi le cose sono degenerate. La chiesa cominciò a minacciare legalmente i siti che linkavano il video. Fu questo tentativo di controllare il web che indusse qualcuno a ribellarsi. "Ho capito", spiega Coleman, "che la chiesa di Scientology era il peggior incubo per un fanatico di computer perché è una religione tra scienza e tecnologia, ma dove la tecnologia non funziona e la scienza è pseudoscienza. Ed è una religione estremamente protetta: hanno un controllo serrato sui copyright, quindi per gli hacker era una provocazione vera". Cercando di indispettire la setta si resero anche conto che avevano un potere fino a quel momento non contemplato: la forza dei numeri. Invece di organizzare proteste online prepararono una manifestazione mondiale. Il 10 febbraio 2010, 7mila persone si radunarono in 127 città di tutto il mondo. Un nuovo movimento politico era nato. Parlando con Coleman e Olson comincio a capire qualcosa di Anonymous, ciò che è, ciò che ha fatto. Comincio a entrare nelle chatroom di Anonymous, su IRC (Internet relay chat), nel cosiddetto "profondo web", uno spazio virtuale introvabile persino su Google. E mi rendo conto che non ci capisco nulla. La gente sembra parlare a vanvera di stronzate con acronimi che non capisco. È confusamente caotico. Ci sono persone che entrano in chat ogni cinque secondi, gente che se ne va, tizi che continuano a cambiare soprannome. Poi c'è lo slang. Tutti sono fag: ci sono i newfag (i nuovi arrivati) e gli oldfag (i veterani), i fagfag (omosessuali) e i moralfag (i paladini di alti principi morali). Io sono una newfag. Ma tra la misoginia e le barzellette sull'Aids non riesco a scoprire i piani per conquistare il mondo. È solo sulla directory "stampa" che trovo persone in grado di digitare frasi compiute e parlare in una lingua che riconosco come inglese. Lì "Anon" autoselezionati interagiscono con la stampa e spiegano gli obiettivi di Anonymous. Un diciassettenne, The Poet, che dice essere figlio di iraniani, mi racconta com'è rimasto coinvolto nell'operazione Iran (Opiran, la campagna di Anonymous per aiutare gli attivisti iraniani dopo la rielezione di Mahmoud Ahmadinejad nel 2009). Voleva fare qualcosa per aiutare chi stava laggiù. Studia e ne sapeva di computer quanto me quando si è ritrovato nel forum, ora ci passa cinque o più ore al giorno. Mi racconta che gli è piaciuto aiutare a scrivere i comunicati stampa, che ha cominciato ad interessarsi al mondo degli affari e sta considerando di intraprendere la carriera diplomatica. Anche se suppongo che far parte di Anonymous non sia l'esperienza migliore da citare nel curriculum. È tardi, l'una di notte, ed è ovvio che un altro mio contatto si trova da qualche parte in Europa e il giorno dopo deve andare a scuola. "Vai a dormire", continuo a dirgli. Tramite il protocollo criptato della chat, Jabber (il primo passo per comunicare con qualcuno nel mondo di Anon), ho chattato con un altro adolescente che è stato arrestato, ma mai incriminato. Un fortunato. "Ero immaturo e avventato", confessa, "ho fatto molti danni, messo a rischio di furto d'identità milioni di persone divulgando le loro password". Perché l'hai fatto, gli chiedo? "Sembrava divertente". Il divertimento è alla base di tutto. Turbare. Prendere in giro. Smentire, manipolare utenti internet. Ecco perché Jake sospetta sia così diffuso in Inghilterra. "L'umorismo di Anon è piuttosto dark e ironico, molto simile all'umorismo inglese", dice. La parola "lulz", di LulzSec è un'alterazione della parola LOL, che sta per "laugh out loud" (risata fragorosa) e non di "lots of love" (con affetto) come pensava David Cameron quando ha messo LOL alla fine di un testo per Rebekah Brooks. È facile diventare paranoici quando si fa una ricerca su Anonymous. A molte persone che sono rimaste invischiate nelle loro azioni sono accadute cose terribili. Il primo gesto del gruppo di LulzSec è stato un attacco contro Aaron Barr, amministratore delegato di una ditta di sicurezza informatica, la HBGary Inc, che sosteneva di essere riuscito ad entrare in Anonymous e aver individuato chi fossero i membri principali. Non era vero. Ma LulzSec ha craccato la sua mail e ha scaricato 40 mila messaggi divulgandoli online. Poco dopo aver frequentato le chatroom di Anonymous, il mio computer ha cominciato a rallentare, il telefono a non funzionare. Mi sveglio la notte con incubi paranoici. Quinn Norton, un giornalista di Wired, mi dice che nel gruppo esiste l'etica diffusa di non attaccare la stampa. Tuttavia sospetta che ci possa essere un cache coi miei documenti da qualche parte, ma che non ci faranno nulla di male. "La cosa importante quando scrivi di loro", mi dice, "è di non fare la stronza". Parlo a Jake della mia paranoia. "Anch'io ce l'avevo", confessa, "ogni mattina passavo un'ora a fare ricerche e a scorrere script per sentirmi meglio". Ma almeno nel caso di Jake, essere paranoico non significa che qualcuno non ti stia davvero seguendo. Quando Sabu, il doppiogiochista degli Anonymous, venne intercettato dall'FBI, è rimasto offline per 24 ore, e quando è riapparso la sua versione non convinceva. "Sospettavo di lui", dice Jake, "ma mi ripetevo che la possibilità che ci fosse un gruppo di federali lì fuori per arrestarmi era roba da film. Sono delle Shetland. L'FBI non avrebbe mai usato uno dei miei amici per spiarmi. Invece è stato proprio quello che è successo". "Anon è arte, politica, spettacolo", pensa Coleman. Si oppone a quasi tutto ciò che la società convenzionale si tiene stretto. La ricerca della fama individuale non è gradita. Gli Anon che promuovono se stessi dichiarando di parlare a nome di Anonymous vengono emarginati. "È l'opposto dei mezzi di comunicazione sociali", dice Coleman. "Drammatizzano l'importanza di anonimato e privacy in un'epoca in cui sono intaccate. Sono gli anti Facebook". E sono quasi tutti maschi. Tra le "Regole di Internet" pubblicate sul sito a loro riconducibile 4chan, la norma n. 30 dice "in internet non ci sono ragazze". Ma la regola precedente è "tutte le ragazze sono uomini e tutti i ragazzi sono agenti segreti dell'FBI", e forse contiene un po' di verità. A volte Anonymous sembra essere un covo di adolescenti cui piace mettersi nei guai. Ma è impossibile generalizzare. Un giovane che si nasconde dietro un famoso twitter di Anonymous confessa alla Coleman di essere "membro dell'1%, per parlare come quelli di Occupy". "È sempre a Parigi in vacanza", dice lei, "è un ingegnere abbiente e attento a restare senza nome". Quanto a me, sono più confusa ora sugli Anonymous di quando ho iniziato questo articolo. Quando sono su pastebin. com, il sito dove scaricano i loro dati, i risultati degli attacchi e operazioni criminali e gli obiettivi appaiono casuali, perversi. "Merda, lo sai che in Anonymous succede sempre qualcosa", mi dice un membro chiamato KnownoledgeUs. "Persino per un Anon è difficile sapere cosa succede in Anonymous", chiosa. Questa frase mi fa sentire meglio. "Ah, ecco", rispondo. Anonymous è della nuova generazione. Internet è loro. Anonymous è loro. E io sono troppo vecchia per "lulz".
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