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Martin Schulz: “Il Parlamento europeo è il luogo della democrazia” Martin Schulz non risparmia le parole. Nell’intervista concessa a Presseurop in occasione della sua visita ufficiale a Parigi, il presidente del Parlamento europeo ha spiegato che l’istituzione di cui è a capo deve ancora battersi per sopravvivere nel paesaggio comunitario: contro i mercati che vogliono imporre il loro ritmo alla democrazia; contro la mancanza di visibilità del lavoro svolto dagli eurodeputati e anche contro i leader europei che hanno ancora una pessima opinione del funzionamento democratico dell’Ue. D: Lei è il presidente del Parlamento europeo da 6 mesi e lo sarà fino al 2014. Qual è la linea di riferimento del suo mandato? Il Parlamento europeo è il luogo della democrazia in Europa, e la democrazia in Europa ha bisogno di essere difesa. Non dobbiamo assolutamente arrenderci al principio secondo cui le necessità dei mercati prevalgono sulla democrazia. Al contrario abbiamo bisogno che sia la democrazia a controllare i mercati. Questo processo non è più gestito unicamente dalle istituzioni nazionali, ed è necessario un parlamentarismo transnazionale che dia una legittimità alle istituzioni esecutive comunitarie. Il ruolo del Parlamento europeo è proprio questo. I governi nazionali non sempre sono pronti ad accettarlo, ma è normale che sia così. Nessun parlamento ha mai ricevuto le sue prerogative in dono dai potenti. Abbiamo sempre lottato per i diritti parlamentari. E questo è il mio primo dovere. D: Il Parlamento dispone di tutti i mezzi necessari a compiere questa missione? Sì, il Parlamento è sufficientemente forte per utilizzare i suoi strumenti legislativi. Un esempio: il consiglio dei ministri dell’interno ha deciso unilateralmente di escludere il Parlamento da una parte della gestione dello spazio Schengen. Il Parlamento ha reagito sospendendo 5 dossier principali, e non ha più intenzione di negoziare fino a quando il Consiglio non avrà abbandonato questa idea sbagliata. Ho già ricevuto segnali che mi fanno pensare a un ritorno del Consiglio al tavolo delle trattative. D: Di recente i presidenti del Consiglio europeo, della Commissione europea e della Banca centrale hanno lavorato insieme per presentare il rapporto “Verso una reale unione monetaria”. Il presidente del Parlamento europeo non ha partecipato. Avrebbe voluto essere invitato o fa parte dell’ordine naturale delle cose? Questo fatto mostra quale sia il pensiero di alcuni rappresentanti dell’Unione europea. Non viviamo più nell’epoca del Congresso di Vienna, dove le potenze europee si riunivano a porte chiuse per poi comunicare a sorpresa le loro decisioni. Viviamo in una democrazia multinazionale. Che il Parlamento europeo, e in questo caso il suo presidente, sia stato escluso mostra quale sia il pensiero democratico di queste persone. Mi ha stupito che soltanto [il presidente della Commissione europea] José Manuel Barroso abbia obiettato. Non mi aspetto che lo faccia [il presidente del Consiglio europeo] Herman Van Rompuy, perché rappresenta proprio le persone contrarie al rafforzamento del Parlamento europeo. Non tutti, ma la maggioranza. Da [il presidente della Bce] Mario Draghi non mi aspetto nulla, e fino a oggi [il presidente dell’Eurogruppo] Jean-Claude Juncker non si è espresso sull’argomento. Ma in ogni caso abbiamo raggiunto un successo importante: ora il Parlamento è integrato nel processo e sarà consultato come i governi nazionali sul progetto presentato da Van Rompuy. In futuro vedremo. D: Un’Europa federale presuppone un Parlamento più potente, ma questa non sembra essere la visione attuale. Il Parlamento europeo è già molto potente. Credo che siamo uno degli organi legislatori più potenti in Europa. L’Acta, per esempio, è stato bocciato dal Parlamento europeo, come anche l’accordo sul trasferimento di dati personali Swift [in seguito approvato dopo nuove trattative]. E poi ricordatevi la direttiva sui servizi, la cosiddetta direttiva Bolkenstein: anch’essa rifiutata dal Parlamento europeo. La riduzione dei costi del roaming è un’altra decisione del Parlamento europeo. Ma abbiamo un problema: siamo un legislatore forte con una visibilità ridotta. Il ruolo del presidente del Parlamento europeo è lottare contro questa situazione. Lei come la spiega? I governi nazionali, che sono un altro braccio del sistema legislativo in Europa, hanno il vantaggio di poter disporre di un pubblico nazionale. Questo permette loro di trasformare ogni nostro successo in un successo nazionale, dove il ruolo del parlamento sparisce. D’altra parte bisogna ricordare che non esiste un governo europeo. In questo momento a esercitare le funzioni di governo europeo è la Commissione, con una maggioranza governamentale che ne sostiene il presidente e con un’opposizione che rema contro. A livello comunale, regionale e nazionale c’è un unico sistema, che per gli europei è molto familiare. A livello europeo non è così. Spero che con le prossime elezioni europee, dopo le quali il presidente della Commissione sarà eletto dal Parlamento europeo, si creerà una struttura precisa: da una parte una maggioranza che ha eletto il presidente e lo sostiene, dall’altra un’opposizione. Spero che questo possa facilitare la visibilità del Parlamento europeo. D: Ogni parlamento trae la sua legittimità dal voto, e il Parlamento europeo potrebbe accrescere la sua attraverso una votazione realmente europea. Lei è in grado di fare in modo che alle elezioni europee ci siano liste transnazionali? Credo che stiamo andando in quella direzione. Il trattato di Lisbona prevede che il Consiglio europeo proponga al Parlamento un candidato alla presidenza della Commissione, rispettando il risultato delle elezioni europee. Le grandi famiglie politiche in Europa stanno creando una procedura per nominare un candidato su scala europea per la presidenza. Di conseguenza ci sarà una campagna elettorale che per la prima volta non sarà un appello a eleggere il Parlamento europeo. È giusto così, perché l’identificazione dell’elettore con la sua tendenza politica si riproduce nella sfida dei candidati, non in un appello a eleggere un’istituzione. Gli elettori finora hanno avuto difficoltà a capire a cosa serviva il loro voto. Cosa fanno i deputati dopo che li ho eletti? Come utilizzano il mio voto? Questa situazione ha ridotto le elezioni europee a una sorta di test nazionale. Credo che dalla prossima volta le cose cominceranno a cambiare. Aumenterà la partecipazione, e di conseguenza anche la legittimità del Parlamento.
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