DE VOLKSKRANT AMSTERDAM
Un’illusione da mille miliardi
Il 29 marzo i ministri europei delle finanze hanno dichiarato di aver trovato i soldi per il fondo anticrisi. In realtà si tratta di un artificio contabile che potrebbe crollare alla prima scossa. “Mille miliardi di dollari”. Mentre comunica l’ammontare del nuovo fondo di salvataggio europeo, il ministro delle finanze olandese Jan Kees De Jager parla quasi sottovoce. E il fatto che i suoi colleghi europei invochino il dollaro per garantire la stabilità dell’euro non lascia presagire nulla di buono. La verità è che non abbiamo mille miliardi di dollari da versare nel Meccanismo europeo di stabilità (Mes), il fondo d’emergenza a cui Spagna e Italia dovrebbero ricorrere in caso di rischio fallimento. E non ci sono nemmeno 800 o 700 miliardi di euro, cifre citate con orgoglio dalla dichiarazione ufficiale dei ministri. De Jager e soci ci hanno mostrato un’illusione, un trucco contabile che compromette fin dall’inizio la credibilità del fondo di salvataggio, che sarà operativo a partire dal primo luglio. Le basi di questo gioco di prestigio matematico sono state gettate dai capi di governo europei, quando lo scorso autunno hanno deciso che la capacità di prestito combinato del fondo di sicurezza già esistente [Il Fesf, creato nel 2010] e del Mes deve essere limitata a un massimo di 500 miliardi di euro. A quel punto, nei loro messaggi trionfali, hanno cominciato a porre l’accento sulla cifra 500, ignorando il fatto che disponiamo appena di 300 miliardi di contante e 200 miliardi del fondo precedente sono già stati impegnati per salvare dal fallimento Grecia, Portogallo e Irlanda. A dicembre gli stessi leader europei hanno deciso di “riconsiderare” la cifra complessiva del fondo. Nel gergo di Bruxelles significa che hanno capito che è necessario aumentarla. I mercati finanziari, gli Stati Uniti, l’Ocse e l’Fmi hanno suggerito che 500 miliardi di euro non basterebbero a impedire a un’azione combinata degli speculatori contro un paese (l’Italia) di affondare tutta l’eurozona. La Commissione europea ha proposto un piano chiaro: aggiungendo il denaro non utilizzato dal fondo precedente (240 miliardi) al nuovo Mes si arriva a 740 miliardi di euro: il trillion dollar baby. In questo modo si potrebbero convincere i mercati e incoraggiare l’Fmi a rafforzare la sua riserva per la lotta alla crisi dell’euro. La proposta è però stata respinta venerdì 30 marzo a causa dell’opposizione della Germania. A quel punto, con un colpo di bacchetta magica, i ministri delle finanze hanno tirato fuori una cifra ancora più elevata: 800 miliardi di euro, risultato della somma tra i 500 miliardi già promessi, i 200 miliardi di prestiti del vecchio fondo e 100 miliardi del primo aiuto alla Grecia. Una minestra riscaldata con l’aggiunta di un po’ di fumo negli occhi. Anello debole Non è la prima volta che i ministri dell’eurozona si producono in acrobazie aritmetiche. Nel maggio del 2010 anche il vecchio fondo di salvataggio era stato battezzato “trillion dollar baby”. L’Efsf avrebbe dovuto raccogliere 750 miliardi di euro: 500 miliardi dall'Ue e 250 miliardi dall’Fmi. Nel giro di pochi mesi il contributo dell’Ue si è ridotto a 250 miliardi a causa delle garanzie supplementari necessarie per prestare il denaro. Dopo ripetute lamentele da parete della classe politica, i paesi dell’eurozona hanno deciso di aumentare il loro contributo portandolo a 440 miliardi. I cinesi e i sistemi di leva finanziaria moltiplicheranno la cifra per quattro o per cinque. Ma nessuno ha parlato di cinesi né di leve. C’è da dire che 500 miliardi sono una bella cifra per il Mes, sufficiente a sostenere le banche spagnole nel caso in cui Madrid ne facesse richiesta. Il problema è che se il governo spagnolo e quello italiano busseranno nello stesso momento alla porta del fondo, i soldi non basteranno. Secondo i ministri l’obiettivo non è quello di utilizzare effettivamente il denaro del fondo, ma quello di creare un “big bazooka”. Per questo parlano di mille miliardi di dollari, per spaventare gli speculatori ed evitare che i mercati attacchino un anello debole dell’eurozona. Ma è proprio su questo punto cruciale che i governi hanno modificato la linea di difesa dell’eurozona. Per la seconda volta in due anni.
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