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Sciopero europeo, contro il rigore criminale di Bruxelles La mobilitazione europea del 14 novembre ha un significato inedito, non è il “solito” sciopero: è l’espressione di una protesta generalizzata a livello europeo, che attraversa tutti gli strati sociali, per denunciare l’intollerabilità delle attuali politiche economiche finalizzate a garantire gli interessi delle oligarchie finanziarie che stanno letteralmente distruggendo la vita di milioni di persone. Una protesta partita dai movimenti sociali e dai sindacati spagnoli ed estesasi al Portogallo, alla Grecia e all’Italia e che vede uniti, a livello europeo, lavoratori del pubblico e del privato, studenti, precari, disoccupati, professionisti, commercianti, artigiani, pensionati, insegnanti. Si tratta di interrompere la spirale di politiche che in nome di un debito che non potrà mai essere estinto a causa dei tassi di interesse imposti esigono la destrutturazione del lavoro e dei suoi diritti, la fine della sanità e della scuola pubblica, dei beni comuni, e della tutela dell’ambiente. In una parola la fine dello Stato sociale «È necessario aderire allo sciopero del 14 novembre sostiene “Alternativa”, il laboratorio politico fondato da Giulietto Chiesa perché individua il vero problema di oggi, e cioè che in questo scenario non c’è possibilità di salvezza per nessuno: lo schema del ‘900 in cui un gruppo sociale colpito da leggi lesive dei propri interessi, attraverso i propri rappresentanti (partiti, sindacati) riusciva a difendersi e talvolta ottenere risultati migliorativi delle condizioni di lavoro e salariali è stato scardinato». Oggi non ci sono più spazi reali di contrattazione in nessun ambito lavorativo, «per la semplice ragione che le forze politiche e sindacali svolgono solo una funzione amministrativa, quella di rendere operativi i comandi dei mercati finanziari, facendo arricchire i ricchi e impoverire i poveri». Per “Alternativa” non c’è che una strada: «Dobbiamo riappropriarci della politica, quella vera: sono gli esseri umani che determinano i modelli di società entro cui vivere, e per questo dobbiamo porre dei limiti alle logiche dei mercati e dell’economia, finalizzandola a scopi civili e sociali: dobbiamo unirci, tutti, in tutta Europa, in tutto il mondo per dire “basta”a questa “dittatura” dell’economia». «Con questa nuova rata fa eco Giorgio Cremaschi su “Micromega” l’insieme dei tagli alla spesa pubblica imposta da tutti, ripeto tutti, i governi della Unione Europea ammonta al 40% del Pil greco. Come se da noi l’insieme delle manovre decise dai governi Berlusconi e Monti avesse tagliato oltre 600 miliardi di euro. Finora siamo ad un quarto di tale cifra e già le province annunciano che spegneranno il riscaldamento nelle scuole». La Grecia sta «uscendo dall’Europa dei diritti sociali» e ormai «precipita in quella che una volta veniva chiamata la condizione del terzo mondo». E Atene è solo l’anticamera di quello che ci aspetta: «Quanti anziani, quanti bambini, quante donne, quanti poveri vedranno degradare le loro condizioni di vita fino a mettere a rischio la vita stessa, per la cancellazione di quel sistema di protezione che dalla scuola, alla sanità, alle pensioni, ai contratti, alle tutele contro i licenziamenti ha fatto faticosamente uscire dal medioevo questo nostro piccolo continente?». Fu la vittoria contro il fascismo, ricorda Cremaschi, a costruire in Europa lo stato sociale. E sono «la destra liberista e la sinistra inutile e smemorata» a demolirlo, imponendo in silenzio tutti i trattati-capestro che la Commissione Europea, senza il minimo contraddittorio né l’ombra di validazione democratica, continua a infliggere ai popoli dell’Eurozona. «Da noi il regime dell’informazione tira un sospiro di sollievo bipartizan perché il Parlamento greco ha messo sul lastrico altri milioni di persone: qui da noi tutto questo non è neanche degno di discussione, da noi si litiga su legge elettorale e primarie», osserva Cremaschi. «Già, le primarie del centrosinistra: dove tutti i candidati sono impegnati a rispettare il Fiscal Compact e quei trattati europei grazie ai quali la Grecia viene distrutta». Primarie in cui «si chiede a chi va votare di vigilare perché quei candidati mantengano quegli impegni». Conclude l’ex dirigente della Fiom, animatore del “Comitato No-Debito” e del “No-Monti Day”: «Non so in quale percentuale, ma la responsabilità del massacro greco attribuito quanto spetta al governo di quel paese, a Draghi, a Merkel e a Hollande tocca anche a Monti, a Berlusconi, a Bersani e a chi accetta i vincoli europei». Il popolo greco? «Subisce danni e vittime paragonabili a quelli di una guerra: questo è un crimine e chi lo compie è un criminale». Aggiunge Cremaschi: «Si può essere criminali perché si fa consapevolmente del male, oppure perché non ci si oppone a esso per opportunismo, paura, ignoranza. Ma resta il fatto che i crimini ci sono e i criminali sono tra noi». Dunque, tutti in piazza il 14 novembre: «Sarà una prima giornata di lotta europea. È un appuntamento importante, giustamente fatto proprio dagli indignados spagnoli e dal “No-Monti Day”, nonostante che la piattaforma ufficiale della confederazione sindacale europea sia totalmente subalterna alla criminalità economica. Noi andremo in piazza contro tutte le complicità verso il massacro della Grecia e di tutta l’Europa». |