http://comune-info.net La rivoluzione non è un lavoro da esperti «Join the invasion! La rivoluzione non è un lavoro da esperti» è il titolo interessante di un appello che promuove una grande giornata di protesta in diversi paesi contro le ricette Ue. Di certo, sono molti a pensare che: le elezioni non risolvono più i grandi problemi; la protesta ha bisogno di creatività e cooperazione; il cambiamento profondo riguarda tutti e tutte anche prima e dopo il 14 novembre. «Il 14 novembre scenderemo in piazza, perché se non lo facciamo noi nessuno lo farà al nostro posto. Ci raccontano che saranno le elezioni a cambiare i nostri destini, ma non siamo più disposti a crederci». Comincia così un appello interessante e proviamo a spiegarvi perché: prima di tutto si parla già da un po’ di tempo, non solo a Roma, di una grande giornata di protesta, che ora ha un titolo «Join the invasion!», un’ambizione, collegarsi con quanto viene promosso in altri paesi europei contro i «folli diktat economici» dell’Ue, e un promotore (o meglio molti, cioè cittadini e cittadine, studenti e universitari, precari, reti, centri sociali, diversi dei quali che su facebook sono raccolti dietro il nome di Trast Invaders). Al centro della protesta c’è ovviamente il bisogno di risposte concrete e immediate «all’attacco allo stato sociale, alla progressiva scomparsa di ogni garanzia sul posto di lavoro, alla privatizzazione dei saperi e alla devastazione dei territori». Come dargli torto? Di certo, sono tanti i modi con i quali rispondere con creatività a quel bisogno, come dimostra anche la foto di questa pagina, che rimbalza sul web (si tratta di «un’azione diretta contro il carovita e le politiche di austerity!», fanno sapere gli autori). L’oggetto del 14 novembre in ogni caso è piuttosto chiaro. E soprattutto è condiviso da un numero di persone che al momento nessuna forza politica e sociale è in grado di mettere insieme. In realtà l’appello appare significatico già dal «sottotitolo»: «La rivoluzione non è un lavoro da esperti». Come dire è davvero giunto il momento di andare oltre la forza, comunque utile, della cosiddetta militanza. Il cambiamento profondo è una faccenda di tutti, anche se in forme contraddittorie. Siamo persone comuni, ci ha spiegato qualche anno il movimento degli zapatisiti, «e pertanto ribelli». «Abbiamo visto susseguirsi un governo di centro-sinistra, uno di destra e ora uno tecnico (ma tristemente politico); al peggio non c’è mai fine!», scrivono i promotori dell’appello che ironizzano poi sul «fenomeno Renzi», quello che si propone per il cambiamento «facendo, tuttavia, l’occhiolino (con relativo fundraising) all’industria e alla finanza italiane…». La messa in discussione della centralità delle elezioni, che non è certo una proposta qualunquista, sembra un richiamo alle parole scritte qualche anno fa dallo storico Howard Zinn: «Sto parlando di un senso delle proporzioni che è smarrito nella follia elettorale. Sosterrei un candidato contro un altro? Sì, per due minuti, il tempo che serve ad abbassare la leva nella cabina elettorale. Ma prima e dopo quei due minuti, il nostro tempo, la nostra energia, dovremmo impiegarli per istruire, mobilitare, organizzare i nostri concittadini sul posto di lavoro, nel nostro quartiere, nelle scuole…». I promotori dell’appello infatti scrivono: «Saremo in piazza il 14 novembre così come ogni giorno animiamo i percorsi di contropotere nelle scuole, nei posti di lavoro, nelle università e nei territori». A proposito di «contropotere» (quale liberazione permanente, qui e ora, che non punta a prendere nessun potere), resta sempre attuale la lettura del saggio scritto qualche anno fa da Miguel Benasayag e Diego Sztulwark, «Contropotere» (Elèuthera). Non manca poi nell’appello una critica alla Cgil, che pure ha aderito alla giornata: «Scegliamo di dar valore ai singoli percorsi di lotta, in una giornata in cui la Cgil ha convocato uno sciopero generale di quattro ore, che crediamo del tutto inefficace per la gravità della situazione attuale e che riteniamo rappresenti soltanto un ulteriore sintomo del netto scollamento tra la società da una parte e i sindacati e i partiti, dall’altra. La scelta della Cgil, inoltre, è stata tardiva e quasi obbligata, il 14 novembre, infatti, vi saranno scioperi generali in Portogallo, Spagna e Grecia». Di certo, concludono i promotori, quello del 14 novembre non sarà uno sciopero come altri, «sarà un’invasione!». Intanto, non solo a Roma, si moltiplicano le occupazioni alle università per preparare il 14. |