http://www.ilfattoquotidiano.it Crisi greca, nuovi documenti che scottano. Arrestato un altro giornalista Fermato Spiros Karazaferris, dell’emittente radiofonica Art. Pochi minuti prima durante l’ultima trasmissione aveva detto di essere pronto a diffondere le prove di come i dati sul default ellenico siano stati alterati Se non è emergenza democratica, poco ci manca. Nel giorno in cui il parlamento ellenico licenzia il primo articolo del decreto sulle privatizzazioni chieste dalla troika, un altro giornalista viene arrestato con modalità controverse: si tratta di Spiros Karazaferris, dell’emittente radiofonica Art, mentre la grande stampa nazionale “tace” per scioperare contro i tagli della troika e nelle stesse ore in cui si celebra il processo a Kostas Vaxevanis, il giornalista della lista Lagarde. L’arresto di Karazaferris, fratello di Iorgos, leader del partito nazionalista del Laos, è avvenuto davanti all’ambasciata israeliana e con le modalità di un film di spionaggio: personale in uniforme ma anche in borghese ha sbarrato la strada con tre auto. Gli agenti di polizia lo hanno atteso fuori dalla sede della radio e lo hanno condotto alla Centrale dove gli hanno mostrato due condanne per violazione di dati personali. Ma pochi minuti prima durante l’ultima trasmissione Karazaferris aveva detto di essere pronto a diffondere documenti che proverebbero come i dati sul default ellenico siano stati alterati. E che aveva ottenuto quei riscontri dal gruppo di hacker Anonymous, che due giorni fa aveva attaccato il server del ministero delle Finanze ateniese, mettendo in rete documenti segreti sui negoziati fra il governo di Atene e la troika. Il giornalista aveva concluso il suo programma radiofonico dicendo di essere certo che il deficit greco è stato “fraudolentemente forzato”, per ottenere gli aiuti dei creditori internazionali. Rimandando la produzione delle prove alla successiva trasmissione. In seguito lo stesso giornalista ha dichiarato di essere stato arrestato per un pregresso ordine di cattura (diffamazione sul caso Giosaki) per avere accusato alcuni giudici di voler fare un colpo di stato “morbido”, costituendo una sorta di controllo occulto al di fuori della normale amministrazione. Ma fa specie uno spiegamento di uomini così massiccio per una mera questione di querele, particolare che fa aumentare i sospetti sui reali motivi del fermo. Solo due giorni fa era stato arrestato il direttore del magazine Hot Doc, Kostas Vaxevanis, che aveva pubblicato quella che potrebbe essere la famosa lista Lagarde, l’elenco di illustri evasori ellenici che negli ultimi anni hanno portato fuori dal paese ingenti somme di denaro. E che l’attuale vertice del Fmi, nelle vesti di ministro delle finanze francese, aveva comunicato ad Atene per via diplomatica, salvo il fatto che oggi i due ex ministri delle finanze ellenici, Papaconstantinou e Venizelos, non sanno dove quell’elenco sia finito. Tanto più che pochi minuti prima di entrare nell’ufficio del pubblico ministero Karatzaferis ha fatto la seguente dichiarazione: “Mi hanno arrestato per intimidirmi, ma le mie rivelazioni continuano. Apparentemente sono portato in giudizio su una questione di dati personali ma ero stato già assolto. Non fatevi intimidire, sono pronto ad andare anche a Korydallos (il carcere più duro di Atene, dove è stato anche Panagoulis), ma i documenti della Ragioneria Generale sugli swap e sul debito vedranno la luce del giorno sulla radio APT TV e sul mio blog spirospero.gr. Coloro che hanno ordinato il mio arresto hanno commesso un grosso errore e calunniano, ancora una volta, la Grecia. I media stranieri lo tratteranno ampiamente e il caso ha già raggiunto il Parlamento europeo”. E in effetti l’eurodeputato Nikolaos Salavrakos ha presentato un’interrogazione al Parlamento europeo sulla persecuzione dei giornalisti in Grecia, innescate dal doppio arresto (Vaxevanis e Karatzaferis). Mentre in Parlamento con una maggioranza risicata, i membri della Commissione Finanze della Camera hanno respinto la proposta di Syriza di chiamare a testimoniare l’ex primo ministro George Papandreou sulla lista Lagarde, mentre l’ex Chief Financial Crime Kapeleris con una nota supplementare alla Procura accusa l’ex ministro delle Finanze George Papaconstantinou. Il tutto nella giornata in cui passa il primo decreto legge per la privatizzazione, ma con una evidente frattura di governo: infatti i due leader di Pasok e Dimar, Venizelos e Kouvellis che sostengono l’anomala maggioranza del premier conservatore Samaras, non hanno preso parte al voto in Parlamento. Non passa invece l’articolo secondo cui l’Ente previdenziale del personale che lavora nel settore dell’informazione (Etap-Mme) sarebbe dovuto essere assorbito dall’Ente nazionale per le Prestazioni di Servizi Sanitarie (Eopyy). Il rischio al momento è di un tutti contro tutti anche in virtù di numerosi franchi tiratori nella maggioranza. Situazione quindi incandescente tenendo conto che il prossimo voto sarà sul taglio dei dipendenti pubblici (45mila in tre anni) su cui già dalle scorse settimane sia socialisti che sinistra democratica hanno avanzato forti dubbi, già cinque deputati del Pasok hanno annunciato il voto contrario, un deputato di Nea Dimokratia, Stavroiannis, è stato espulso dal partito la scorsa settimana perché ha pubblicamente detto che in coscienza non se la sente di avallare queste misure da 13 miliardi di euro, propedeutiche alla concessione dell’ulteriore tranche di prestiti da 31 miliardi. Nel dettaglio il voto di oggi produce la privatizzazione di molti enti pubblici come Hellenic Petroleum, PPC, OPAP, Corse di cavalli, Acqua, Eyath, Ufficio Postale, Autorità Portuale del Pireo, Salonicco, Alessandropoli, Volos, Eleusi, Igoumenitsa, Heraklion, Kavala, Corfu, Lavrion Patrono e Rafina; e le modalità di utilizzo delle aree demaniali per fini commerciali. Passaggi sui quali l’opposizione chiede trasparenza per evitare conflitti di interesse e pericolo di politiche clientelari date dall’urgenza di chiudere quelle vendite nel più breve tempo possibile (al fine di fare cassa) ma con il rischio concreto di favoritismi. Ragion per cui il sindacato confederale Gsee ha indetto un altro sciopero generale per il 6 e 7 novembre. E il quotidiano Katimerinì titola: “Esaurimento nervoso per il governo”
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