Fonte: http://www.unimondo.org/ Pace, diritti umani e sviluppo in un mondo multipolare e in evoluzione Johan Galtung propone Dodici Tesi per affrontare la grave situazione attuale: il vecchio ordine è andato. Il problema non è chi sia al vertice adesso, ma come arrivare a un ordine equo globale senza nessuno al vertice. Eccellenze: Il titolo per questo 6° Social Forum nel contesto dei 10 Articoli della Dichiarazione ONU sul Diritto allo Sviluppo del 4 dicembre 1986 è molto ben scelto. Il punto focale è sullo sviluppo centrato sulle persone rispetto alla crescita economica centrata sul sistema. E sulla globalizzazione, uno stimolante processo che coinvolge tutti gli stati, le regioni, le nazioni e le civiltà, gli umani e la natura rispetto a un mercato globalizzato con solo tre flussi liberi, dei capitali, delle merci e dei servizi, non del lavoro; che accresce il divario economico globale. E ciò nel contesto di povertà rampante, di sempre più ampie disuguaglianze entro i singoli stati, di crisi economiche dovute alla sconnessione fra l’economia reale e quella finanziaria e all’avida speculazione, di disoccupazione montante e di tensioni popolari. La carta geografica di ieri che divideva il mondo fra paesi sviluppati e in via di sviluppo ha poco senso col declino, de-sviluppo di molti paesi sviluppati e l’emergere di molti paesi in via di sviluppo come i BRICS che superano quegli altri in calo. Un mondo nuovo. Permettetemi Dodici Tesi che affrontano questa grave situazione. Tesi 1: È possibile soddisfare i bisogni umani fondamentali, ma l’unità base di sviluppo non è né il singolo individuo al quale si dà un sussidio, né l’intero paese sovvenzionando il bilancio. L‘unità base è il livello locale dei villaggi vicini; cominciare dai più poveri, e fra essi dai più bisognosi, sollevando il fondo della società. Con lo “sgocciolamento” non funziona; col “pompaggio” forse sì. Tesi 2: Ma i diritti socio-economici non si dovrebbero soddisfare a spese dei diritti civili-politici. Dall’interno le comunità devono organizzarsi democraticamente nel senso della trasparenza dei processi di sviluppo, dei dialoghi verso il consenso, e dei dibattiti verso votazioni. La democrazia non è solo un diritto, ma anche un bisogno d’auto-espressione e di dignità; “la mia voce fa una differenza”. Tesi 3: L’esterno, il pubblico, il privato, la società civile e settori tecnici che entrano con capitali e risorse tecniche devono dialogare con l’interno. Il coordinamento è un compito congiunto, di enti eletti o amministrativi, ONG, chiese, ecc. in dialogo perpetuo. Tesi 4: I micro-crediti non vengono dati agli individui ma alle micro-aziende locali purché esse producano beni per la soddisfazione di bisogni fondamentali, e i loro dipendenti siano i più bisognosi, affamati, assetati, malvestiti e mal alloggiati, i più sofferenti e/o analfabeti. Il nome della partita non è efficienza ma decenza e dignità per i più bisognosi. Tesi 5: Soddisfare i bisogni fondamentali è fattibile, anche rapidamente: * gli alimenti, coltivandone il fabbisogno su terreni di proprietà pubblica ma di utilizzo privato, da parte di cooperative con punti vendita, usando tecnologie vecchie e nuove (combinando agri- e acqua-coltura, a 3-dimensioni), distanze di trasporto brevi per un ambiente sostenibile, se possibile non solo gli alimenti ma gli stessi mezzi di produzione localmente; * l’acqua, distillando l’acqua marina con l’energia solare e specchi orientati, aggiungendovi i sali minerali, usando grandi condutture per l’acqua, non solo per il petrolio; * l’alloggio con blocchi abitativi facilmente assemblabili e smontabili e a poco prezzo, come container cubici standardizzati, materiali locali, adattabili a bisogni famigliari variabili, su terreni di proprietà pubblica e utilizzo privato; * la sanità rendendo disponibile acqua pulita a tutti, avendo una fitta rete di policlinici, personale medico/paramedico “scalzo” (barefoot), medicinali generici, e ospedali regionali ed elicotteri per le emergenze; * l’istruzione offrendo a tutti, non solo ai bambini, l’alfabetizzazione per associarli nella cultura simbolica; invitando studenti o funzionari a vivere all’incirca un semestre in villaggi bisognosi, una fitta rete di scuole connesse con internet, e trasporti economici con autobus. Tesi 6: Oltre a questo, gli Obiettivi del Millennio sanciscono: * alta attenzione sulla parità di genere: l’istruzione è un approccio comprovato, renderla obbligatoria oltre il livello elementare comporta che sia anche gratuita, e in principio garantisce la parità ben aldilà dell’età scolare: * alta attenzione all’ambiente: c’è bisogno di una conversione massiccia da tecnologie basate su petrolio/gas/carbone esauribili e inquinanti a forme energetiche basate su sole/vento/acqua (cascate, maree, onde), bio e geo/idrotermiche, usando multe e incentivi, ugualizzando l’accesso all’energia; * alta attenzione all’equità globale: autosufficienza locale, nazionale e regionale accentuata nella produzione di beni-servizi per i bisogni essenziali e i consumi normali necessità e normalità non lussi; scambi intra- anziché inter-settoriali a scopo d’equità (risorse per risorse, lavorati contro lavorati, servizi per servizi); protezione tariffaria per i settori deboli; cancellazione dei debiti non destinati primariamente a soddisfare bisogni fondamentali, e contratti non-democraticamente. Tesi 7: La soddisfazione dei bisogni fondamentali dei più bisognosi è un fondo minimo non-negoziabile del Diritto allo Sviluppo. Quali sono gli ostacoli da eliminare? Patologie sociali e globali come l’indisponibilità di capitali per i bassi ritorni dei più bisognosi senza potere d’acquisto; la democrazia può funzionare male quando la maggioranza diventa ceto medio senza solidarietà verso i poveri; quando c’è ossessione ideologica con il sistema di mercato, o desiderio di tenere in miseria gente disposta a lavori da manovale; o minoranze timorose di perdere i propri privilegi; o gli altolocati che si sentono sminuiti quando il divario si assottiglia; e poi la paura fondamentale: “Ci tratteranno allo stesso modo in cui noi li abbiamo trattati, se vengono su”. Quindi: sollevare quelli al fondo senza minacciare quelli in cima, facendo ben presenti i vantaggi per tutti di una società equa. Le politiche della tesi 5 sono rispondenti a ciò. In paesi omogenei tassare i ricchi per promuovere i poveri può funzionare, ma i paesi in gran parte non sono omogenei. Gli altolocati devono essere disposti a vivere in società con parità per entrambi i generi, per tutti i colori, per anziani-gente di media età-giovani, con molte nazionalità; non più gestite da élite di maschi, bianchi, di mezz’età e di una sola nazionalità dominante. Ma altri devono imparare che gli altolocati sono pure loro esseri umani, non solo “parassiti”. Concentrare l’attenzione solo sui diritti dei più poveri esclude il preparare i privilegiati all’inevitabile e ai piaceri del vivere in diversità e parità. 8: Questi ostacoli inducono molti a due conclusioni: internamente, una rivoluzione per dare alla metà in basso una possibilità senza impedimenti dalla metà in alto; e globalmente, sganciarsi dal sistema dominante. Il che è comprensibile, ma implementare il Diritto allo Sviluppo aggira tali politiche mediante più uguaglianza all’interno sollevando il fondo della società, e più equità fra gli stati con l’autosufficienza e un commercio mirante a vantaggi mutui e uguali. Le due convenzioni sui Diritti Umani del 16 dicembre 1966 possono realizzarsi insieme. Come asserisce più volte il Diritto allo Sviluppo: i diritti sono indivisibili e interdipendenti. Tesi 9: Ci sono bisogni fondamentali oltre la sopravvivenza e lo star bene fisico: la libertà e l’identità sono anch’essi fondamentali per il benessere umano. È imperativo soddisfare i bisogni somatici, ma altrettanto vale per quelli mentali di libertà di scelta sul modello di sviluppo per sentire una propria identità, per sentirsi a casa. Imporre modelli di sviluppo occidentali, liberisti (crescita, con norme occidentali, diritti umani individuali, democrazia con elezioni multi-partitiche e governo della maggioranza), marxisti (bisogni corporei essenziali), o entrambi (crescita e distribuzione, come negli stati del welfare nordico) come unico modello universale è un insulto alla popolazione mondiale di 7 miliardi di persone in via di globalizzazione. Ci sono modelli islamici focalizzati sulla “comunitarietà, sulla cultura del noi, sulla condivisione (zakat, ramadan)”, e modelli buddhisti basati sul “né troppo poco (base minima con i bisogni fondamentali soddisfatti) né troppo (un limite superiore), la liberazione della gente da assilli economici, per lo sviluppo spirituale”. Ci sono i modelli eclettici giapponese e cinese attenti al superamento delle false dicotomie occidentali come lavoro contro capitale e capitale contro lo stato, più focalizzati sull’armonia sociale e mondiale. Imporre un singolo modello non è globalizzazione ma occidentalizzazione, nell’antico spirito delle mentalità missionaria, coloniale e imperiale, oggi inaccettabile. Questi modelli non si escludono bensì si completano l’un l’altro. Essi possono focalizzarsi su buoni atti d’omissione, non solo escludendo cattivi atti di commissione come nella legge occidentale, promuovendo i diritti collettivi della gente, non solo quelli individuali, e la democrazia per dialogo-consenso, non solo per dibattito-votazione-governo della maggioranza. Politica saggia: prendere il meglio da tutti, selezionare, estrapolare, usare positivamente la globalizzazione! Ci sono buone idee ovunque. Tesi 10. Abbiamo indicatori per la crescita economica (PIL) e per i bisogni essenziali (ISU basato su sanità e istruzione); ci servono indicatori per promuovere e monitorare l’attuazione dei diritti umani. Fortunatamente l’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani ha svolto un lavoro da apri-pista in tale direzione (hrindicators@ohchr.org ). Gli indicatori del Diritto allo Sviluppo dovrebbero essere almeno altrettanto noti che il PIL. Tesi 11. Uno sviluppo centrato sulle persone cambierà la società al suo interno; riducendo la violenza strutturale sfruttamento, penetrazione, segmentazione, frammentazione, marginalizzazione e costruendo una pace strutturale, cioè equità, mutualità, integrazione, solidarietà, inclusione. Molte società hanno già un buon livello di pace strutturale, ma talvolta minacciata, addirittura distrutta, dall’imposizione di modelli di sviluppo occidentali basati sull’individualismo e la competizione. Sollevare il fondo della società senza minacciarne il vertice sospingerebbe la società verso la pace strutturale, senza violenza diretta rivoluzionaria dal basso o violenza diretta contro-rivoluzionaria dall’alto. Ma ci dev’essere dialogo, e il ceto superiore dev’essere preparato allorché diminuiscano i divari di genere, razza e classe. I diritti dei derelitti si accompagnano al dovere di preparare i privilegiati a condividere potere e privilegio. Un diritto è conferito a una parte ma è anche componente di un conflitto fra chi vuole il diritto adempiuto e chi è contrario. La persuasione e il negoziato rendono compatibile lo sviluppo centrato sulle persone con la pace; la forza no. Tesi 12. La globalizzazione comporta cambiamenti nella società globale, anche in direzione di una riduzione della violenza strutturale lo sfruttamento, l’auto-colonizzazione sovente presente nei paesi dipendenti, l’assurda divisione del lavoro specializzata fra risorse e generi di consumo, i paesi poveri in relazione con i ricchi e non fra di loro, i circoli esclusivi per i soli paesi ricchi. Una pace strutturale globale implica scambi equi a beneficio reciproco e uguale, sfide eque nello svilupparsi e per l’ambiente, autonomia, integrazione, meno divisione del lavoro, solidarietà con quelli allo stesso livello e quelli che non lo sono, come coloro che vivono in miseria da qualunque parte, una regionalizzazione anche per i paesi in via di sviluppo, utilizzando l’ONU per dialogare. La persuasione e il negoziato rendono compatibile la globalizzazione con la pace; la forza no. Il vecchio ordine è andato. Il problema non è chi sia al vertice adesso, ma come arrivare a un ordine equo globale senza nessuno al vertice.
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