http://www.gruppocinqueterre.it Quanto poco si sa dei mercati finanziari 1 Siamo abituati a pensare che le attività finanziarie si possano ricondurre alla compravendita di azioni e di obbligazioni statali o private ed al cambio di valute. Storicamente è da almeno 2 secoli che queste contrattazioni si svolgono presso delle borse appositamente costituite che funzionano secondo regole precise, con la pubblicità dei quantitativi e dei prezzi e sottoposte ad attività di controllo (attualmente in Italia La CONSOB). La centralizzazione e la pubblicità hanno la funzione di garantire la trasparenza del mercato, mentre i controlli hanno la funzione di garantire la certezza degli scambi e dei pagamenti e la consistenza effettiva delle società che sono quotate (pur con degli scivoloni, questa struttura ha dimostrato, perlomeno, di avere della buona volontà). 2 Negli ultimi 20 anni però molte cose sono cambiate. Si è cominciato con le operazioni a termine. Supponiamo che una grossa industria alimentare voglia acquistare grano per fare spaghetti. La pianificazione industriale e commerciale consiglia di acquistare l’anno prima il quantitativo previsto. Il prezzo della materia prima varia in funzione di molti fattori, anche meteorologici, oltre che politici o casuali; per cui non sempre si sa cosa si pagherà quando si ritirerà la merce. L’industria alimentare ha bisogno di certezze per cui cerca una controparte che si assuma il rischio della volatilità del prezzo. Può venire fatto un contratto in cui l’industria pattuisce un prezzo fisso e definito oggi con la controparte che fra un anno acquisterà il grano al prezzo che si formerà allora e lo girerà all’industria al prezzo pattuito ora. Se il prezzo sarà superiore ci rimetterà, se il prezzo è inferiore ci guadagnerà. Oppure la controparte può chiedere subito un premio, diciamo un 2%, e si impegna, a richiesta dell’industria, a fornirgli la merce ad un prezzo pattuito ora. Se il prezzo salirà, l’industria chiederà la merce al prezzo pattuito, se il prezzo scenderà l’industria si procurerà la merce al prezzo di mercato (gli conviene) e ci rimetterà il premio che ha pagato alla controparte la quale si tiene il 2% e non fa altro. Più semplice ancora: se il prezzo è salito la controparte paga la differenza all’industria e si tiene il premio, se il prezzo è sceso la controparte si tiene il premio e basta. A questo punto, ormai, il grano non c’entra più. Si tratta di un contratto squisitamente finanziario. Nell’arco dell’anno la controparte può commercializzare (cedere ad altri) questo contratto. Supponiamo che dopo 6 mesi si possa prevedere che il raccolto sarà buono. La controparte cede ad una seconda controparte il contratto. Si trattiene l’1% ed esce, mentre la seconda controparte incassa un premio dell’1% e si accolla il rischio (che ora si suppone possa essere minore). Lo stesso può accadere per tutto. Per esempio per i cambi. Una società petrolifera ha un contratto con prezzo stabilito per ritirare ogni mese un quantitativo di petrolio. Il prezzo è fissato in Dollari. La società è europea e opera in Euro. Non si sa come possa modificarsi il cambio fra Euro e Dollaro. La società cerca una controparte che in cambio di un premio garantisca ad una certa data i Dollari ad un prezzo di cambio concordato. E via come sopra. 3 Fin qui è come se si trattasse di una assicurazione sul prezzo o sul cambio. Il bello è che tu non devi necessariamente comprare il grano. Tu non sei una industria alimentare, sei un giocatore annoiato dalla roulette e decidi di fare una scommessa diversa. Cerchi una controparte cui paghi un premio (il 2 % ad esempio) e aspetti. Se fra un anno il prezzo è sceso, li hai persi; se il prezzo è salito la controparte ti paga la differenza fra il prezzo di oggi e quello della scadenza. A tua volta nell’arco dell’anno puoi cedere ad altri il tuo contratto. Supponendo che vedi che il prezzo sta scendendo, puoi trovare un’altra controparte cui cedere il contratto. Lui ti paga l’1% e continua il gioco. Tu esci e ci hai rimesso solo l’1%. Ti rifarai un’altra volta con un’altra scommessa sul petrolio o sul dollaro. Questo tipo di contratti non necessitano affatto del grano, dei dollari o del petrolio. L’unica cosa che serve è il denaro per scommettere mentre altri coltivano, fanno spaghetti, raffinano benzina. E’ un mondo a parte che vive di sue logiche e che a volte sommerge il mondo vero alterando indirettamente i prezzi di mercato. Vedremo come. 4 Tornando al petrolio: se voglio pagare una fornitura fra un anno al prezzo che ha oggi, se dispongo oggi del denaro, posso acquistare un ETC (Exchange-traded commodity) nella versione più semplice detta physically-backed cioè che ha alle spalle la merce fisicamente. In pratica una società veicolo compra il petrolio e poi cede all’interessato una quota che vale il prezzo di mercato del prodotto. Quindi se io compro un tot e lo pago 100, se dopo un anno il prezzo è salito a 120 od è sceso ad 80, vendo la quota e compro il petrolio che mi serve avendolo pagato al valore che aveva l’anno prima. Anche qui non è necessario che io mi occupi di petrolio. Posso essere il giocatore di poker annoiato ed avere del denaro e, pensando che il prezzo salirà compro a 100 e se sono fortunato ci guadagno. Il tutto senza le spiacevoli incombenze di capire dove trovo il petrolio, dove lo stocco etc. Pensa a tutto la società veicolo. Si suppone che il carico di una petroliera durante il viaggio fra il golfo persico e Rotterdam, passi di mano mediamente 60 volte. È tutto un gioco di prestigio. Posso anche comprare un ETC diverso da quello physically-backed e cioè che ha alle spalle non, ad esempio l’oro fisico, ma contratti per l’acquisto a termine dell’oro, che, quando vengono al dunque, anziché ritirare l’oro, vengono ceduti per compare altri contratti con una scadenza più avanzata e così via. Si chiama “roll over” Se si fa riferimento al mercato americano, che tratta l’oro in dollari, l’ETC può essere “hedged”, cioè protetto contro il rischio del cambio fra l’Euro ed il Dollaro. Come? Semplice: stipulando a lato anche contratti sui cambi come spiegati sopra. Ma abbiamo anche ETC “levereged” e cioè con la leva. In altre parole l’ETC può stipulare contratti a lato per raddoppiare, triplicare etc. la variazione del prezzo in su ed in giù. (vedremo come). Esistono anche ETC “short” e cioè ad effetto inverso: se il prezzo dell’oro sale, ci perdi, se il prezzo scende, ci guadagni. Concettualmente è semplice: Al solito basta fare un contratto in cui il soggetto si impegna a consegnare un tot di oro ad una certa data al prezzo di oggi (es. 100). E’ evidente che se il prezzo scende ci si guadagna. Alla scadenza del contratto il tot di oro vale 90, mentre il prezzo di partenza era 100. La società veicolo cede il contratto e ne fa uno nuovo. Incassa 100 e col contratto nuovo si impegna, ad una data successiva, a consegnare un tot di oro al prezzo di oggi che è 90. Per pareggiare mette in gioco un quantitativo maggiore di oro. 5 Facciamola un po’ più complicata e guardiamo i CFD (Contract for difference).Supponiamo che un investitore voglia comprare una azione che vale 100 sperando che il su valore salga. Peraltro non è disposto a perdere più del 10% del suo investimento. Ha 100.000 Euro. Normalmente compra 1000 di quelle azioni (1000 azioni X prezzo 100 = 100.000). Il prezzo sale a 110, il nostro investitore vende ed incassa 110.000 con un guadagno lordo di 10.000. Viceversa il prezzo scende a 90, il nostro vende perché ha deciso che aveva sbagliato scommessa e limita la perdita a 10.000. Allora immobilizza 100.000 per avere in quel lasso di tempo un più od un meno di 10.000. Qui entra in gioco il CFD. Cosa significa? Una controparte dell’investitore si offre di fare un contratto per differenza. In altre parole dice “Tu pensi che il titolo salga e che, nelle oscillazioni che fa in questo periodo, se scende del 10% vuol dire che hai sbagliato e ti fermi. Orbene facciamo questo contratto: io ti compro in borsa non 1000 azioni, ma 10.000 azioni per un controvalore di 1.000.000 di euro. Se sale a 110 il valore di 10.000 azioni sarà di 1.100.000, se scende a 90 il valore sarà di 900.000 Euro. Tu mi dai in garanzia i tuoi 100.000, io faccio l’operazione per 1.000.000, se sale, quando è a 110 chiudo operazione fatta a nome tuo e tu guadagni 100.000 (cioè raddoppi quello che hai rischiato), se scende, quando è a 90 chiudo l’operazione e quello che mi hai dato in garanzia me lo tengo.” Geniale. La controparte guadagna una commissione e non rischia nulla: se va bene recupera il suo milione, se va male, a 90 si è concordato che ci si ferma e la perdita è ugualmente compensata dai 100.000 avuti in garanzia. D’altra parte lo spregiudicato investitore ha moltiplicato per 10 sia la possibile perdita che il possibile guadagno. Nel caso in specie ha raddoppiato (o azzerato) il suo guadagno. Si dice che ha applicato una leva 10. Il bello è che si può fare anche il contrario. L’investitore può proporre alla controparte non di comprare un’azione, ma di venderla. Qui parliamo di istituzioni finanziarie e banche che possiedono direttamente notevoli pacchetti azionari per cui queste controparti non hanno difficoltà a “prestare” azioni per contratti di questo tipo. Per cui la controparte vende 10.000 azioni che valgono 100 (1.000.000 Euro). Il meccanismo è lo stesso, ma all’inverso. Se il titolo scende a 90 le ricompra per 900.000 ed il guadagno è di 100.000 e viceversa. Questo si chiama stare “short”. 6 Per rendere l’idea di un caso limite, ma per dimensioni alla portata anche del pubblico comune. Prendiamo in esame il Monte dei Paschi di Siena la cui quotazione, in questi giorni è arrivata a scendere a 0,18 Euro per azione. Qualche anno fa era quotato a, diciamo 4 euro per azione. Supponiamo che il nostro investitore disponesse di 20.000 euro e volesse scommettere sulla discesa del prezzo e stabilisse invece un limite alla perdita del 10% della quotazione (se l’azione va a 4,4 Euro ci perdo e chiudo). Si rivolge alla controparte che si fa dare in garanzia i 20.000 Euro e vende (a nome suo) 50.000 azioni del Montepaschi a 4 Euro (tot. 200.000 Euro di investimento). Sapendo che se sale, quando arriva a 4,4, per ricomprarle ci vogliono 220.000 Euro, l’operazione si chiude ed i 20.000 di garanzia sono andati. Ma, guarda caso, questa volta il titolo comincia a scendere, va a 3,9, poi a 3,8, giù a 3,6. Ma a questo punto l’investitore, sapendo come è gestito il Montepaschi comincia a prenderci gusto e decide di lasciare andare e non chiudere l’operazione e così di mese in mese si scende a 3 euro, poi a 2, poi a 1, poi a mezzo euro e finalmente decide che a 20 centesimi si può chiudere (non stiamo lì per il sottile sugli ultimi ribassi che ci saranno prima del salvataggio statale della banca). La controparte a questo punto chiude e ricompra 50.000 azioni a 20 centesimi l’una spendendo 10.000 euro. Riepilogando la controparte, vendendo all’inizio le azioni aveva ricavato 200.000 Euro, ricomprandole ne spende 10.000. Tutte le pedine sono tornate al loro posto: la controparte ha riavuto le sue azioni, ha incassato una commissione, ha restituito i 20.000 euro iniziali di garanzia ed ha accreditato all’investitore i 190.000 euro di utile della speculazione (pari al 950% della somma messa a rischio). Tecnicamente è un’operazione short con un contratto per differenza a leva 10. Sembra follia, ma è la realtà in quanto molte banche offrono questo servizio a livello retail ed online per operazioni che possono anche essere di soli 100 Euro e senza nessuna complicazione burocratica. 7 I CDS (Credit Default Swap) Se qualcuno presta denaro ottiene degli interessi definiti contrattualmente fino alla scadenza e giuridicamente garantiti. Ciò salvo il caso che il debitore fallisca e cioè che la controparte che deve pagare gli interessi ed, alla fine, restituire i soldi, non ne ha o non esiste più. Tipicamente una Società per Azioni necessita di denaro per sviluppare la propria attività e piuttosto che chiedere un prestito in banca, preferisce emettere obbligazioni che offrono un interesse e venderle ad investitori. Per rendere più concreto: la società emette obbligazioni per 500 milioni di euro ed offre un interesse del 4% annuo per 5 anni. Al termine dei 5 anni restituirà la somma. Il primo anno va bene, il secondo pure, al terzo le cose vanno male, non riesce a pagare gli interessi e viene chiesto il fallimento. A fallimento chiuso e tirate tutte le somme, restano solo i soldi per rimborsare il 60% delle obbligazioni. Così l’investitore ha prestato gli euro, ha avuto due anni di interessi, è rimasto in ballo per anni ed alla fine gli hanno dato indietro il 60% di quello che aveva dato. Nasce così il CDS che altro non è che un’assicurazione contro il fallimento di quella società. L’investitore che ha acquistato l’obbligazione cerca una controparte per un contratto col quale contro un premio (interamente versato od a rate annuali) impegna la controparte stessa a garantire contro le perdite che deriverebbero dal default della società emittente le obbligazioni. In questo caso l’investitore ha un costo annuale, ma in caso di fallimento, quel 40% che perderebbe, glielo rimborsa la controparte del CDS. Ovviamente il CDS può applicarsi a qualsiasi tipo di obbligazione economica, anche a quella degli stati sovrani come la Grecia o l’Italia. Ma il bello è che per contrarre un’assicurazione contro il fallimento della Grecia, per esempio, non è necessario detenere dei cct o dei bot greci. Sembra che in molti casi l’importo delle assicurazioni ( dei CDS) siano molto superiori all’importo dei debiti che coprono (cct, bot od obbligazioni che siano). Per fare un esempio concreto, supponiamo che tutti i condomini di un condominio si assicurino per i danni da incendio non del proprio garage, ma del garage del Rag. Rossi del terzo piano (che è proprio antipatico a tutti). I danni che possono verificarsi nel garage potrebbero ammontare a 10.000. Ebbene, nel condominio siamo in 40 (oltre al Rag. Rossi) per cui la somma dei danni pagabili in caso di incendio sarebbero 400.000 euro suddivisi fra i diversi assicurati. Paradossale. Ma non solo. Probabilmente il Rag.Rossi passerebbe tutte le notti in garage ed armato perché si rende conto di che festa sarebbe per tutto il condominio se il suo garage si incendiasse (o fosse incendiato). Per ritornare alla Grecia, possiamo supporre che molte istituzioni finanziarie che hanno stipulato CDS contro il fallimento della Grecia (magari non possedendo alcun cct o bot greco) sono in impaziente attesa del fallimento per incassare. Fra l’altro non è dato di sapere con certezza quanti CDS greci siano stati sottoscritti (forse molto di più del debito greco). Ma non è finita qui. 8 Nei mesi scorsi abbiamo assistito alla “ristrutturazione del debito greco”. In realtà è evidente che la Grecia è insolvente da tempo e paga i suoi dipendenti e gli interessi sul debito con altri debiti contratti col Fondo Monetario, con la Banca Centrale Europea, con altre Banche che a loro volta sono finanziate dalla Banca Centrale Europea. In altre parole la Grecia è già fallita. La “ristrutturazione del debito greco” è consistito nella rinuncia “consensuale” da parte dei creditori di una parte del capitale e degli interessi. Le complesse trattative per arrivare a questa rinuncia sono passate attraverso la definizione se si dovesse applicare la legislazione greca od inglese (dove è stata emessa la più parte di questo debito) e quale fosse la percentuale minima di creditori rinunciatari per definire consensuale questa fregata. Il problema era che con la ristrutturazione consensuale e non col fallimento chi assicurava le perdite sul default greco, non era tenuto a pagare la perdita Ciò fa pensare che i CDS sulla Grecia fossero molto di più del debito greco stesso e che l’eventuale manifesto fallimento della Grecia, avrebbe sollevato uno tsunami finanziario ancore più grande fra banche ed assicurazioni. Anche per questo stanno tenendo in piedi questo cadavere che non ha alcuna speranza, in questo contesto, di riprendersi. 9 I CDS sono definiti “atipici” (in quanto privi di disciplina legislativa), a termine, consensuali, onerosi e aleatori. Ciò significa che non esiste una formulazione specifica su come fare il contratto, né una sede specifica dove deve venire concretizzato o scambiato. Per cui, ad esempio, non è noto quanti siano e per quale importo totale. Per fare un esempio da rizzare i capelli, la banca americana JP Morgan, che ha dichiarato di recente perdite su contratti derivati per 9 miliardi di dollari dopo che il mese prima ne aveva contabilizzati altri 2, avrebbe riconosciuto alle autorità di controllo di avere posizioni aperte su tutte le varie tipologie di derivati per la modesta cifra di 70.000 miliardi di dollari. Attenzione si scrive così: 70.000.000.000.000. Se lo trasformate nelle vecchie lire si scrive così 135.538.900.000.000.000 che significa 135 milioni di miliardi di lire. Ricorda i dialoghi di Paperino sui fantastiliardi che aveva accumulato zio Paperon de Paperoni. La quantità si fa qualità. Quello che è un numero (che dovrebbe rappresentare il massimo della concretezza) ad un certo punto diventa un concetto astratto che non riusciamo più a concepire come una quantità, ma come un’entità filosofica. Un po’ come gli anni luce degli astrofisici o il bosone di Higgs. E qui stiamo parlando solo dell’esposizione su contratti derivati di una grossa banca americana. 10 La mancanza di regolamentazione di certi tipi di derivati, poi è totale ed arriva a dare luogo ad esempi stupefacenti su piazze, come quella di Londra dove per tradizione, amano scommettere su tutto. Si scommette sul numero dei nuovi disoccupati negli Stati Uniti (saranno più di 360.000 o di 400.000?);se domani l’indice di Wall Street chiuderà a più od a meno di una data cifra; se domani un indice a fine giornata avrà toccato una certa cifra; se nei prossimi 5 minuti un indice è salito o è sceso e nei 5 minuti stessi puoi cedere ad altri la scommessa o raddoppiarla; lo stesso nei prossimi 20 minuti; se alle 13.00 un indice è sopra o sotto un certo livello; lo stesso alle 16.00; se le condizioni metereologiche miglioreranno; se la seconda cifra decimale di un indice, alla chiusura alla sera è pari o dispari; e via dicendo. 11 La più parte delle transazioni, poi, non è fatta nelle borse, ma nelle Black Pool (vasche nere) che sono ambiti informatici privati trasversali a gruppi di banche che si compensano le transazioni e quando non possono, girano gli ordini nelle borse. Per cui non si sa con certezza complessivamente quante transazioni avvengano e per che importi totali. Non solo: questi ambiti sono collegati alle borse aperte in quelle ore per cui le Black Pool sono sempre aperte ai clienti retail 24h su 24, dalla domenica notte quando aprono le prime borse orientali al venerdì sera quando chiudono le ultime americane e fra banche sono aperte sempre. I contratti sulle valute, per esempio non hanno interruzioni. In conclusione è un gigantesco casinò virtuale disposto a fianco della concretezza della vita vera (oro, petrolio, finanze degli stati, società industriali) che ingoia una ancora più gigantesca quantità di denaro pure in buona parte virtuale. Infatti non sembra che ormai esista più una relazione fra il denaro in circolazione e l’oro depositato nelle banche centrali (come era una volta), ma neppure una relazione fra il denaro in circolazione e le merci esistenti. Quando le banche centrali acquistano titoli di stato (stampando banconote o, meglio, generando bit) immettono in circolazione denaro, lo stesso fanno quando imprestano soldi alle banche normali tenendo in garanzia (o non tenendo in garanzia) titoli di stato (anche decotti). Negli ultimi anni ciò è avvenuto per importi ormai di migliaia di miliardi di euro o dollari. Se questo denaro fosse transitato verso l’economia reale probabilmente avrebbe prodotto una grossa ondata inflattiva. Chissà, forse si è fermata nel casinò della finanza. 12 Gli esiti di queste dinamiche sono a volte stupefacenti. Un esempio recente: le banche spagnole sono in braghe di tela (si dice che siano molto esposte in faraonici programmi di un’edilizia che nessuno compra). Se solo una parte dei depositanti decidessero di prelevare il proprio denaro, le banche spagnole non avrebbero di che soddisfare la richiesta. Ergo bisogna ricapitalizzare le banche. Ecco 100 miliardi di euro (generati coi bit) che l’Europa impresta a queste banche. Ma chi presta vuole la garanzia dello stato spagnolo (hanno visto come sono state gestite le banche prima e non sono mica scemi). Ma lo stato spagnolo ha l’acqua alla gola e chi chiede la garanzia vuole che questo stato si organizzi per essere meno povero nei prossimi anni per cui o alzano le tasse o tagliano i costi. Questa volta va sui costi e così ecco la manovra lacrime e sangue; fra l’altro, saltano le tredicesime degli statali. Conclusione: le banche sono state gestite in modo dissennato ed adesso tagliano la tredicesima a me statale spagnolo. Ma che ci azzecca? Un altro fatto stupefacente si vede nella recente emissione di Bund tedeschi (tipo i BTP italiani), durata 2 anni e tasso negativo. In altre parole è come se siano andati a ruba dei BTP dove il risparmiatore impresta allo stato 100 e dopo due anni lo stato gli restituisce 99,5. Se la ribaltiamo è ancora più divertente. Io, stato, prendo in prestito e se ho la pazienza di aspettare due anni te ne restituisco di meno. Quindi più soldi prendo in prestito, più guadagno (senza fare niente) anziché pagare un interesse. Ma i casi strani sono tanti che non si può elencarli tutti. E’ un girotondo sfrenato dove il bello è che riescono a spiegare al pubblico: 1) che è colpa sua 2) che se ne esce 3) che basta pagare. 13 Questa crisi ha delle similitudini e delle differenze con quella del ’29. Allora il disintegrarsi dell’economia ha comportato il disintegrarsi di gruppi sociali, di appartenenze politiche ed ideologiche, di riferimenti culturali che hanno aperto la strada addirittura a rivolgimenti decisivi di strutture statali e di sistemi di governo. Siamo su questa strada. Ci dicono che siamo sull’orlo del baratro del caos economico, che non conviene a nessuno, per cui aiutateci e tirate la cinghia, noi intanto corriamo a mettere una pezza, una volta all’Irlanda, una alle banche spagnole, una alla Grecia e così via. Forse non è la paura del caos economico, ma la paura che l’opinione pubblica si accorga che il re è nudo con tutte le conseguenze sul piano politico, sociale ed istituzionale che ciò comporterebbe. Infatti non è purtroppo solo una corsa forsennata a mettere pezze ai debiti, ma anche a intervenire su meccanismi di formazione della legittimità istituzionale modificando leggi elettorali (Grecia l’anno scorso e probabile Italia quest’anno), o modificando i rapporti fra legislativo, esecutivo e giudiziario (Ungheria e Romania). Si mangiano anche la nostra, residua, democrazia.
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