Shanghaied: Ashore, the tradition was forever associated with the Chinese port city that lent its name to the practice of nautical kidnapping: Shanghai became a verb.
Shanghaied: It’s about a 15 year old boy who wakes up on an African ship with no idea how he got there

Shanghaizato: A riva, la tradizione del rapimento nautico, è stata sempre associata al porto della città cinese che ha dato il nome alla pratica del reclutamento coatto dei marinai,  trasformando Shanghai in un verbo. Shanghaizato: è la condizione di un quindicenne che si sveglia su di una nave africana senza sapere come ci sia salito.

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May 10, 2012

Shanghaied
di Geoff Dyer

Perché non dovreste credere a tutte le cose che leggete sulla Cina, neppure i giornalisti sanno cosa stia succedendo.

Quando facevo il corrispondente dalla Cina tra il 2005 e il 2011, era incredibile quanto poco la comunità dei corrispondenti stranieri, me incluso, sapessero veramente di cosa succedesse ai vertici del Partito Comunista.

I ministri e le agenzie tenevano occasionalmente comunicazioni con la stampa straniera; ma i vertici anziani mai. Dei nove membri del Comitato Politico Permanente, l’organo di governo che amministra la Cina, solo il premier Wen Jiabao rispondeva alle domande con una qualche regolarità aalle conferenze stampa, che teneva una volta all’anno. Egli è anche l’unica figura di rilievo che abbia rilasciato interviste ai media stranieri. Ma quando il Financial Times parlò con lui nel 2009, c’erano anche gli altri 15 ministri e funzionari anziani nella stanza, seduti in circolo di fronte a Wen. Non fu mai chiaro se fossero lì per sostenerlo o per monitorarlo.

La politica era una scatola nera circondata da un muro che la separava dal resto del paese, tenendola nel suo cortile privato. Fuori solo rituali di corte come le strabilianti parate nazionali che si tengono ogni dieci anni, e il Congresso del Partito pianificato per questo autunno nella grande Sala del Popolo. Dove fino ad ora sconosciuti membri del prossimo Comitato Politico Permanente debutteranno nel loro nuovo incarico. Il popolo cinese, i corrispondenti stranieri e, di conseguenza, il resto del mondo, conosceranno solo quel giorno l’identità dei nuovi leaders della Cina e il loro rango dall’ordine in cui si presenteranno sul palco. Ma mai prima di allora.

Questo è comunque come le cose dovrebbero andare. Ma durante gli ultimi tre mesi, quel copione costruito con cura artigianale è apparentemente stato fatto a brandelli. La caduta disordinata dell’ex Segretario del Partito di Chongqing Bo Xilai, un tempo gettonatissimo per un posto nel nuovo cerchio magico, ha spinto la politica cinese sulle pagine dei giornali di tutto il mondo. Ma cià che sorprende nel caso Bo non è la sua espulsione, la sua impudente autopromozione e le sue tattiche spietate, che ne fanno comunque un candidato forte per un golpe del retro palco, ma il torrente trasparente di informazioni che sono emerse a proposito di Bo e della sua famiglia. E’ come se la Cina moderna, protetta dal suo esercito di censori, fosse entrata in un colpo solo nell’era delle news 24ore con il suo guazzabuglio di esclusive beninformate e spudorate diffusione di pettegolezzi.

Per riassumere in caso qualcuno si fosse perso la storia, e come avrebbe potuto? Tutto è iniziato a cadere in pezzi in febbraio, quando Wang Lijun, il capo della polizia di Chongqing e anche braccio destro di Bo, apparve improvvisamente al Consolato americano di Chengdu, distante 300 miglia, cercando rifugio. Per alcuni cercando asilo, per altri cercando un posto dove nascondersi in attesa che arrivassero i funzionari della sicurezza da Pechino, per non essere preso dalla polizia di Bo. Qualunque fosse il piano cominciò a parlare fino alla cacciata di Bo.

Fin da allora i lettori sono stati trascinati in un tour de force di corrispondenze straniere, illuminando in poche settimane le realtà del potere in Cina. Per primi vengono isospetti sulla famiglia di Bo per la morte di Neil Heywood, un uomo d’affari inglese che aveva un debole per i vestiti di lino, e che aiutò il figlio di Bo, Guagua, a vincere un posto a Harrow, una delle scuole inglesi più esclusive. Pechino ha da poco confermato le indagini sulla moglie di Bo, Gu Kailai, per l’omicidio di Heywood. Da allora in avanti altri uomini d’affari hanno raccontato di aver subito estorsioni dagli amici di Bo in Chongqing e, in alcuni casi, anche torturati. Bo era anche in grado di intercettare le conversazioni di alti vertici del partito, stando ad un articolo del New York Times.

In poche settimane dalle sue dimissioni, i media stranieri hanno anche rivelato che la famiglia allargata di Bo, che aveva costruito la sua reputazione come crociato anticorruzione e aveva un salario ufficiale di 1500 dollari al mese, aveva in realtà ammassato una fortuna che secondo Bloomberg ammontava a 136 milioni di dollari. C’erano amministratori in importanti compagnie statali, dubbie condivisioni di premi e imprese commerciali con lo stato, come ad esempio forniture di estintori a palazzi del governo. Le notizie straniere erano colme di racconti di torture, assassinii e corruzione, una lista di accuse degna di un capo gangster piuttosto che di un politico.

Ma appena lo scandalo si sposta dalle circostanze di cronaca ad una ricaduta politica più ampia, il caso Bo potrebbe diventare difficile da raccontare. Le storie di politica in Cina sono come le sabbie mobili. I corrispondenti della Csa Bianca forse non riescono sempre a parlare con il Presidente, ma possono parlare con le persone che erano nello studio ovale mentre prendeva le decisioni. In Cina i corrispondenti devono contare su fonti più lontane, giornalisti cinesi, stranieri che hanno incontrato leader anziani di recente, e burocrati di basso livello. Tutte le fonti hanno un agenda, ma più è tenue il loro legame con il potere più sarà arduo decodificare i loro pregiudizi, oppure valutare la loro credibilità. Perfino scrivere sulla caduta di Bo, le storie sulle buffonate registrate dalle intercettazioni, e le connessioni con l’omicidio Heywood dipendevano per la maggior parte da fonti anonime. Cercare di valutare le macchinazioni politiche di una dozzina di membri del Comitato Politico Permanente, è almeno un compito imperfetto quando la magior parte delle informazioni sono di terza mano.

Allo stesso tempo, essendo stati inizialmente sconcertati dal destino di Bo, le autorità della propaganda sembrano intensificare i loro sforzi per plasmare la narrazione, anche se a volte in modo molto maldestro. Hannah Beech del Times ha detto che tre fonti separate, in un solo giorno, hanno ripetuto gli stessi punti, descrivendole Bo come Adolf Hitler. Altre due le hanno riferito che il suo comportamento ricordava quello di Bill Clinton durante lo scandalo Monica Lewinsky. Anche per i funzionari della propaganda il salto da Hitler a Lewinsky è molto tirato.

Ma per i giornalisti accreditati a Pechino, che ha finalmente un pubblico interessato, la maggior tentazione è di trasformare la saga di Bo in un più ampio conflitto di moralità politica tra i duri che hanno soffocato le riforme fin dalle proteste di Tienanmen del 1989 e i liberali riformisti, se ce ne sono alcuni. Se Bo, che è ammirato  dai cinesi di sinistra, ha il ruolo del cattivo che ha calpestato lo stato di diritto, allora Wen è stato scelto per il ruolo di eroe. Poco prima dell’espulsione di Bo, aveva avvertito del pericolo di una nuova rivoluzione culturale e da allora ha sempre parlato di rompere con i privilegi acquisiti dal partito.

Ma questa è solo una parte della storia. I corrispondenti in Cina provano a passare al setaccio i suggerimenti e le voci che dicono del pericolo di accesso per una riforma politica. Mentr i cinesi liberali e gli attivisti per i diritti umani tendono a percepire i corrispondenti esteri più comprensivi verso le loro istanze e sono portati a richiamarli, i tipi della sicurezza, funzionari della propaganda, generali dalla linea dura ed altri pesi massimi tra i conservatori al contrario non richiamano. Sarei molto sorpreso se un qualsiasi reporter straniero avesse incontrato Zhou Yongkang da quando è diventato capo della sicurezza cinque anni fa. La nostra occasionale richiesta per un’intervista viene di solito accolta da una risatina nervosa. In quel tempo egli è sempre stato il potere alle spalle del trono, la persona responsabile delle ondate di repressione dei dissidenti e degli avvocati. Egli era il funzionario presente a Pyongyang quel giorno del 2010 quando Kim Jong il presentò suo figlio quale suo sucessore. Funzionari cinesi usano raramente il suo nome nelle conversazioni, e sempre con un sopracciglio alzato, come se fosse l’unico modo di spiegare l’eventuale evoluzione della situazione.

Allora cosa sta succedendo in Cina e come dovreste leggere le notizie relative all’instabilità politica di Pechino?

La Cina è chiaramente matura per una nuova lunga ondata di riforme politiche ed economiche che dovrebbero includere l’apertura del sistema finanziario, maggior indipendenza del sistema legale e più esperimenti democratici. Ed è assolutamente possibile che lo sconvolgimento portato dal caso Bo, ammirato dai cinesi di sinistra come un eroe, potrebbe essere d’aiuto ad una nuova spinta riformatrice.

Se una rivalsa della sinistra è forse già allo studio. I drammatici eventi legati alla fuga di Chem Guangcheng hanno offerto un’apertura. I funzionari americani che hanno aiutato Chen ad entrare nell’ambasciata di Pechino dopo la sua fuga dagli arresti domiciliari, potrebbe aver spinto le forze di sicurezza a lamentarsi delle interferenze straniere. Molti amici di Chen sono stati coinvolti in un nuovo giro di vite, e le decine di giornalisti arrivati all’ospedale dove Chen è convalescente sono stati minacciati di non poter rinnovare il visto. Nel dibattito turbolento attualmente in corso all’interno del Partito Comunista, riusciamo ad ottenere solo la visione di una delle fazioni in conflitto. Lo scandalo Bo ha creato la rara opportunità di uno sguardo nella vita dei leaders cinesi, ma non ha rivelato come il Partito interpreta la grande questione poltica che gli sta davanti.

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May 10, 2012

Shanghaied
By Geoff Dyer

Why you shouldn't believe everything you read about China. Hint: not even the journalists really know what’s going on.

When I reported in China from 2005 to 2011 it was remarkable how little the foreign correspondent community -- myself included -- really knew about what was going on in the top ranks of the Communist Party.

Ministers and agency heads occasionally talk to the foreign press; senior leaders almost never do. Of the nine members of the Politburo Standing Committee, the governing body that runs China, only Premier Wen Jiabao answers questions with any regularity at press conferences (he holds one every year); he's also pretty much the only figure who has given interviews with foreign media. But when the Financial Times spoke with him in London in 2009, there were 15 other ministers and senior officials in the room, sitting in rows of chairs facing Wen. It was never clear if they were there to support or to monitor him.

Politics was a black box, walled off from the rest of the country in its own private courtyard. In its place are courtly rituals, such as the jaw-dropping National Day parades held every decade and the Party Congress planned for this autumn in the Great Hall of the People. That's when the hitherto unknown members of the next Standing Committee will make their debut in their new positions. Chinese people, foreign journalists -- and, correspondingly, the rest of the world -- will on that day learn the identity of China's new leaders and how they rank by the order in which they file on stage. But not until then.

That, anyway, was how things were supposed to work. Over the last three months, that carefully crafted script has seemingly been torn to shreds. The messy downfall of former Chongqing Party Secretary Bo Xilai, once widely tipped for a place in the new magic circle, has thrust Chinese politics onto front pages across the world. The surprising thing about the Bo case is not that he was ousted -- his shameless self-promotion and ruthless tactics always made him a strong candidate for a back-room putsch -- but the sheer torrent of information that has come out about Bo and his family. It is as if modern China, protected by its Great Firewall and army of censors, has in one swoop entered the 24/7 news era, with its mixture of well-informed exclusives and shameless rumor-mongering.

To recap for anyone who has missed the story -- and how could you? -- it all began to fall apart in February when Wang Lijun, Chongqing's police chief and one of Bo's right-hand men, suddenly appeared in the U.S. consulate in Chengdu, 300 miles away, seeking refuge. By some accounts, he asked for asylum, by others he wanted a place to hide while central government security officials from Beijing arrived, so that he would not be turned over to Bo's police. Whatever the plan, he started to talk, leading to Bo's ouster.

Since then, international readers have been treated to a tour de force of foreign correspondence, shining more light on the realities of power in China in a few weeks than over the last few years. First came the Bo family connection to the suspicious death of Neil Heywood, an English businessman who had a soft spot for linen suits and who helped win Bo's son Guagua a place at Harrow, one of Britain's most exclusive boarding schools. Beijing has now confirmed that Gu Kailai, Bo's wife, is under investigation over Heywood's murder. Businessmen have since come forward with tales of being extorted by Bo's cronies in Chongqing and, in some cases, tortured. Bo was even somehow able to bug the phones of other senior leaders, according to one article.

Within weeks of his dismissal, the foreign media had also revealed that the extended family of Bo, who built his reputation as a crusader against corruption and had an official salary of around $1,500 a month, had amassed a fortune that Bloomberg put at $136 million. There were directorships on important state-owned companies, dubious share awards, and sweetheart business ventures with the state, such as providing fire extinguishers to government buildings. Western news was filled with tales of torture, murder, and corruption -- the charge sheet of a gangster boss rather than a politician.

But as the scandal moves from the immediate circumstances to the broader political fallout, the Bo case could become harder to report. Political stories in China can be like quicksand. White House reporters might not get to talk too often to the president, but they can speak to people who were in the room with him when he makes a decision. In China, foreign reporters have to rely on more removed sources: advisors, Chinese journalists, foreigners who have recently met senior leaders, and lower-level bureaucrats. All sources have an agenda, but the more tenuous their link to power, the harder it can be to decode their bias -- or assess their credibility. Even with reporting on Bo's fall, stories about his phone-tapping antics and links to the death of Heywood depended heavily on anonymous sources. Trying to gauge the political machinations of a group of a few dozen standing committee members, kingmakers, and PLA generals is at best an imperfect task when much of the information is coming third-hand.

At the same time, having been initially stumped by the uncertainty over Bo's fate, the propaganda authorities now seem to be stepping up their efforts to try and mold the narrative -- even if sometimes in a pretty clumsy manner. Time's Hannah Beech says that three separate sources in the space of one day repeated the same talking points, describing Bo to her as being like Adolf Hitler. Two others told her his behavior was reminiscent of Bill Clinton during the Monica Lewinsky affair. Even for hack propaganda officials, the leap from Hitler to Lewinsky is quite a stretch.

But for the Beijing press corps, which finally has an eager audience, the biggest temptation is to turn the Bo saga into a broader political morality play between the hardliners who have stifled political reform since the 1989 Tiananmen protests and the liberal reformers, if there indeed are any. If Bo, who had become something of a hero to Chinese leftists, is the villain of the play with his trampling of the rule of law, then Wen has been auditioning for the role of hero. Shortly before Bo's ouster, he warned about the danger of a "new Cultural Revolution" and has since talked about "smashing" vested interests in the party.

But that's only one side of the story. The reporters in China trying to sift through the hints and rumors about political reform face the peril of access -- the tricky reality that Chinese liberals and human rights activists tend to view foreign journalists as sympathetic to their views and are more likely to return their calls. The security types, propaganda officials, hard-line generals, and other conservative heavyweights do not. I would be quite surprised, for instance, if any foreign reporter had ever met Zhou Yongkang since he became China's security chief five years ago -- our occasional requests for an interview were usually greeted with a nervous laugh. But in that time, he has often been the power-behind-the-throne, the person responsible the waves of crackdowns on dissidents and lawyers. He was the Chinese official on the stage in Pyongyang on the day in 2010 when Kim Jong-il presented his son as his successor. Chinese officials would occasionally drop his name (but nothing more) into conversation with a raised eyebrow, as if that is all they need to say to explain how a situation would develop.  

So what actually is happening in China, and how should you read the news about Beijing's political instability?  

China is clearly ripe for a new wave of long-delayed political and economic reform that would include opening the financial system, greater independence for the legal system, and more experiments in democracy. And it is entirely possible that the upheaval over Bo, who was a hero to China's radical leftists, could help open the way to a new reform push.  

But a backlash from these leftists might already be underway. The dramatic events surrounding the escape of blind activist Chen Guangcheng might have provided one opening. U.S. officials helping Chen get into the embassy in Beijing after he had fled from house arrest could have allowed the security forces to complain about foreign interference in the country. Many of Chen's friends have been caught up in a new crackdown and scores of foreign journalists who went to the hospital where he is convalescing have been threatened with having their visas revoked. In the debates now roiling the Communist Party, we are only getting the views of one of the factions. The Bo scandal has provided a rare peek into the lives of China's leaders, but it has not yet revealed how the Party really views the big political questions that lie ahead of it.

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