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Ucciso per aver trasmesso la verità È stata un’esperienza che i residenti della città nord-orientale cinese di Changchun hanno descritto come “elettrizzante”. Il 12 marzo 2002, un gruppo di praticanti del Falun Gong è riuscito ad inserirsi nella rete statale via cavo, mandando in onda video sulla persecuzione del loro credo in Cina. Allora erano passati più di due anni da quando il regime aveva dvietato la pratica di qigong e mandato milioni di praticanti nelle prigioni e nei campi di lavoro per essere torturati e subire il lavaggio del cervello, nel tentativo di far loro rinunciare al loro credo. L’azione è stata il tentativo di un piccolo gruppo di praticanti di rimediare al vortice della propaganda dello Stato, e per quasi un’ora ha funzionato. I funzionari del Partito della città, alla fine, hanno interrotto l’elettricità allo scopo di fermare la trasmissione. Lei Ming, che al tempo aveva 26 anni, era il più giovane dei praticanti che hanno reso possibile quest’impresa. La polizia ha arrestato e interrogato più di 5.000 persone, arrestando Lei dopo tre giorni. Al suo arrivo in una stazione di polizia, Lei, bendato, è stato accolto con i manganelli elettrici. In una stanza piccola e buia la polizia ha cominciato a torturarlo. Dopo quasi 24 ore di tortura con i manganelli elettrici, Lei è svenuto. Un suo amico, anche lui detenuto nella stessa stazione di polizia, ha raccontato ciò che ha visto: “Lei era svenuto ed era ricoperto di sudore. Non c’è modo di descrivere l’intensità della sofferenza che ha dovuto provare. Quando l’ho visto, era completamente incapace di muoversi”. L’amico, che ha scritto in forma anonima perché è ancora in Cina, ha poi redatto un dettagliato racconto della sua testimonianza oculare su Minghui, un sito web del Falun Gong che contiene notizie di prima mano sui praticanti in Cina. Sei mesi dopo, Lei ha subito un processo farsa, senza un avvocato. È stato condannato a 17 anni di prigione. I funzionari del Partito lo hanno portato nella prigione di Jilin, dove i metodi di tortura si dice siano inquietanti. I funzionari del regime hanno ordinato alle guardie della prigione di costringere tutti i praticanti del Falun Gong a firmare dei fogli nei quali dichiaravano di rinunciare al loro credo. Come incentivo per assicurarsi che le guardie della prigione usassero la forza nel modo più brutale, i dirigenti hanno minacciato di ridurre gli stipendi o di degradare chi non cooperasse. Ogni volta che Lei ha rifiutato di firmare i fogli, le guardie della prigione hanno dato inizio ad un “trattamento”: i detenuti alla ricerca di un rilascio anticipato lo picchiavano e torturavano. Torturato fino in punto di morte nel novembre del 2004, Lei è stato portato all’ospedale di Changchun. A quel punto era parzialmente paralizzato a causa delle torture subite in custodia; nonostante ciò, i funzionari della prigione cercavano di arrestarlo. Durante i suoi ultimi giorni, Lei ha detto in una intervista con Minghui, il sito web del Falun Gong, di aver dato il suo contribuito nell’azione per immettersi nella rete via cavo “perché sotto la persecuzione non c’era alcun modo in cui potessimo esprimerci”. Fragile e incapace di prendersi cura di sé stesso, Lei è morto il 6 agosto 2006 all’età di 30 anni.
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