Pubblicato in primis su Human Rights in China Biweekly. Perché il Partito Comunista Cinese si oppone alla democrazia Alla cerimonia di apertura del 18° Congresso del Partito Comunista Cinese (PCC), Hu Jintao, il leader uscente, ha dichiarato: “Non seguiremo il percorso chiuso e rigido del passato, né potremo intraprendere la malvagia via di cambiare la nostra bandiera”. Tale dichiarazione ha deluso chi si aspettava segni di riforma politica, nonché alcuni media e individui che guardavano con speranza al nuovo leader del Partito, Xi Jinping. La cosiddetta riforma, che è sempre stata il modo in cui il regime aggiusta le cose per sopravvivere alla crisi, di solito avviene in occasione di una o più delle seguenti situazioni: i canali di profitto del Regime sono bloccati; i fondamenti del Regime si sono indeboliti; la resistenza da parte della società è fuori controllo; il Regime è sotto una tremenda pressione esterna. La Cina si sta godendo un ambiente internazionale molto favorevole e ha scarsa pressione esterna. Quanto ai primi tre punti, il Partito ha ancora i suoi rimedi. Canali di profitto Negli ultimi anni ’90 la Cina è entrata in un periodo, ancora in corso, in cui le persone di potere predano ricchezze senza sosta, con scarsi rischi. L’attuale sistema, in Cina, assicura il pieno controllo di tutte le risorse dello Stato da parte del gruppo di interesse del Partito, in nome del popolo (le risorse includono le terre urbane e rurali, le foreste, i fiumi, le miniere e altre risorse naturali, così come i diritti di decisione per le industrie speciali). Lo Stato quindi decide come allocare le entrate che provengono da queste risorse pubbliche. La porzione che lo Stato cinese prende dal PIL crescente è salita da un quarto ad un terzo dello stesso. Di conseguenza, i patrimoni pubblici sono diventati una fonte di benessere per i pochi privilegiati e per chi è a loro vicino. Negli ultimi due decenni, la crescita della Cina è venuta principalmente dalla terra, dal settore minerario, dai servizi finanziari e dal mercato azionario, mentre i progetti pubblici hanno fornito numerose opportunità per corrompere i funzionari. Dagli “aristocratici rossi” e i funzionari provinciali ai quadri di villaggio, chiunque nel sistema attinge dalle risorse pubbliche. Stando ad oggi, i ricchi e i potenti, così come i funzionari statali, hanno facile accesso a queste risorse. Quelli che si sono ritirati sono protetti da coloro che hanno promosso e beneficiato, mentre i nuovi venuti possono attaccarsi alla catena alimentare e ottenerne profitto. Il PCC è quello che fa le regole, un giocatore in questo Monopoly, così come è il giudice del comportamento di mercato. In più il PCC ha da tempo formato un’alleanza criminale di sfruttamento, all’interno della quale un quadro di un villaggio può facilmente impossessarsi di centinaia di milioni, mentre un funzionario di contea può tenere decine di amanti. Perché mai dovrebbero cambiare questo raro sistema che protegge loro stessi? Di conseguenza, gli interventi di Hu sul non prendere il “vecchio percorso chiuso e rigido” si rivolgono al gruppo privilegiato. Nell’era di Mao, sebbene il governo avesse pieno controllo di tutte le risorse, i funzionari non avevano un mercato in cui poter scambiare potere per denaro e la distanza tra i funzionari veterani e quelli a livello più basso era ancora piccola. Ma ora la distanza si è allargata esponenzialmente, sotto l’attuale combinazione di governo totalitario ed economia di mercato, dato che il Regime ha tutte le risorse del Paese sotto il suo stretto controllo. In un tale sistema, i funzionari fanno amicizia con gli imprenditori per commerciare potere per ricchezza e poi nascondono la ricchezza all’estero. Le potenti e privilegiate elite hanno accumulato una ricchezza tale da poter garantire vite lussuose a molte generazioni. Per queste persone è praticamente autodistruttivo combattere la corruzione o cercare la democrazia, la separazione dei poteri, la libertà di stampa, le elezioni e la trasparenza sulle entrate dei funzionari. Detto questo, la dichiarazione di Hu è un chiaro modo di placare il Partito. I fondamenti si espandono Le “riforme politiche”, nel dizionario del PCC sono principalmente delle misure per rafforzare il suo potere, ad esempio aumentando il numero dei membri del Partito, permettendo ai proprietari di aziende private di entrare nel Partito e stabilendo rami del Partito in aziende estere e private. Il contributo all’ideologia comunista di Jiang Zemin, ex capo del Partito, chiamato le “Tre Rappresentanze”, ha portato il PCC dal rappresentare le tre classi rivoluzionarie dei lavoratori, dei contadini e dei soldati, al rappresentare tre interessi chiave: lo sviluppo di forze produttive avanzate (diretto alle elite economiche, alla classe media urbana, agli intellettuali e agli esperti di alta tecnologia), l’orientamento verso una cultura cinese avanzata (vale a dire la promozione del materialismo e del consumismo) e gli interessi della vasta maggioranza dei Cinesi. Da quando Jiang ha promosso la sua teoria, il PCC ha fatto ogni sforzo per costruire un nuovo fondamento sociale. Tutti i livelli del Congresso del Popolo, della Conferenza Consultiva Politica Cinese e degli otto “partiti democratici” sostenuti finanziariamente dal PCC, sono da allora divenuti club politici che il PCC usa per reclutare elite commerciali, culturali e sociali. Allo stesso tempo il PCC ha accelerato la forza di espansione del Partito, specialmente tra gli studenti dei college. Nel momento in cui il 18° Congresso è cominciato, vi erano 82.602.000 membri del Partito, più della popolazione totale del Regno Unito e della Francia. I Cinesi vedono l’appartenenza al Partito come un biglietto per i privilegi. Liang Wengen, presidente del Gruppo Sany e membro del circolo interno del Partito Comunista, ha detto in una intervista durante il 18° Congresso del Partito, “In Cina, se un giovane è membro del Partito Comunista, è più facile per lui trovare una fidanzata. La maggior parte delle mogli dei membri del Partito sono più belle di quelle dei non membri del Partito”. I commenti di Liang sono diventati un popolare oggetto di ironia online. Ma ciò che Liang ha realmente espresso è: 1. In Cina, i soldi non sono tutto. Il potere lo è. Quindi le elite commerciali devono dipendere dal PCC, perché gli imprenditori di successo come Liang avranno bisogno della protezione del PCC. 2. Solo diventando un membro del Partito, un Cinese ordinario può ottenere un ticket per accedere al potere. 3. Le persone (potenzialmente) di potere solo il premio nel mercato dei matrimoni. Ma, di nuovo, uno deve entrare nel Partito per diventare potente. Un tale enorme organismo unito dai benefici materiali, come può smettere di abusare del potere perdendo i suoi massimi profitti? Un tale partito politico ossessionato dal proprio interesse, come può pensare al di là dei propri profitti e considerare la gente e il futuro del Paese? Risoluti nel non fare compromessi Degli insider a Pechino hanno rivelato che prima del 18° Congresso del Partito molti funzionari veterani (inclusi i leader del Partito veterani in pensione) hanno detto, ‘Io semplicemente non voglio cambiare. Cosa potete farci?” Questo indica che il PCC non dà più importanza a giustificare le proprie decisioni politiche e a provare la propria legittimità. Ora non è molto diverso da un boss della mafia. Secondo la mia opinione, la sicurezza che il PCC sente nel non cambiare è basata su ciò che segue. Primo, la propaganda del Partito ha continuamente promosso la dottrina secondo cui “la Cina cadrà nel caos senza la leadership del PCC”. La parte bassa della società e le aree più povere sono diventate così caotiche che le classi medie e basse si sentono sempre meno sicure. Tra uno Stato violento e una folla violenta, preferiscono il primo. Secondo, il PCC ha fiducia di aver preparato abbastanza forze armate per reprimere una protesta regionale di massa. La Cina ha di fronte una prospettiva davvero amara, sotto il dominio di un partito politico che non ha altra legittimità che il “contratto del pane” (un contratto tacito applicato dal governo tunisino per fornire “pane” per lo più sussidi in cambio di fedeltà politica). I membri della società cinese hanno sofferto e continueranno a soffrire, mentre il sistema corrotto si avvicina lentamente alla sua fine. He Qinglian è una importante autrice ed economista cinese. Residente attualmente negli Stati Uniti, ha scritto “China’s Pitfalls” che parla della corruzione nella riforma economica cinese degli anni ’90 e “The Fog of Censorship: Media Control in China”, che parla della manipolazione e delle limitazioni alla stampa. Scrive regolarmente su problemi sociali ed economici della Cina contemporanea.
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