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Lo spettro del dispotismo africano si aggira per l’Italia Compaoré ospite d’onore del Forum della Cooperazione internazionale
Ha preso il via oggi a Milano la due giorni del Forum della Cooperazione internazionale, promosso dal ministro per l'integrazione e la cooperazione internazionale Andrea Riccardi. Al Forum sono accreditate oltre 1.600 tra esponenti delle istituzioni e del mondo universitario e della cultura, tecnici, imprenditori, sindacalisti rappresentanti delle Ong e del volontariato. Riccardi ha spiegato: «Abbiamo convocato il Forum per la Cooperazione Internazionale con l'obiettivo di rimettere i temi legati alla cooperazione e all'aiuto allo sviluppo al centro del dibattito nazionale. Sarà il momento culminante di un percorso avviato da tempo con l'ambizione di coinvolgere tutti i soggetti interessati, istituzioni, enti locali, volontariato, Ong, mondo delle imprese, in una grande operazione di rilancio, culturale e operativo. Perché la cooperazione non è solo una doverosa azione di solidarietà, ma un asse portante della politica estera di un Paese e, anche, una opportunità di crescita, di sviluppo e di sicurezza. Muovi l'Italia, cambia il mondo è lo slogan del Forum. Vogliamo rimetterci in movimento, tornare a farci compagni dei Paesi del Sud del mondo, ritrovare energie nuove, dopo troppi anni di stanca. Il dialogo, il partenariato, la relazione con l'altro sono gli elementi con cui vogliamo favorire la nostra partnership con i paesi in via di sviluppo, che guardano all'Italia con interesse e rinnovata aspettativa». Ma a far discutere è stata da subito la manifestazione di apertura alla quale partecipano tra gli altri il commissario Ue allo sviluppo Piebalgs, il presidente del Consiglio Monti, il ministro Riccardi e quello degli esteri Terzi di Sant'Agata, ma che soprattutto vede la presenza di due "ospiti d'onore" contro i quali è stata organizzata una manifestazione di protesta: il presidente del Burkina Faso Blaise Compaoré e l'amministratore delegato dell'Eni Paolo Scaroni, Già il 17 settembre il ministro degli esteri del Burkina Faso, Yipene Djibril Bassolé, era volato a Roma per preparare la visita di Compaoré e firmare un 'accordo di cooperazione tra l'Italia e il Paese africano. Riccardi in quell'occasione aveva detto: «Il Burkina Faso è molto vicino all'Italia e non solo per la sua immigrazione. Attraverso questo Paese passano le rotte dei trafficanti di esseri umani, di droga e di armi. Siamo vicini al Burkina Faso nello sviluppo del Paese e nel suo impegno per creare stabilità nell'area. La frontiera dell'Italia e del Mediterraneo ha un suo punto decisivo proprio nel Burkina Faso». Compaorè ha emesso un trionfale comunicato per annunciare la sua partecipazione al Forum italiano, ricordando in un comunicato che «l'incontro di Milano, come forum simili tenutisi a Strasburgo, Lione e Berlino, è un'occasione per il Presidente del Faso, di condividere la sua esperienza in materia di politica di cooperazione internazionale e di mediazione nei conflitti». Il comunicato del regime burkinabé ricorda quali siano queste mediazioni: «In particolare, nella regione ovest-africana dove il Presidente Blaise Compaoré si è investito senza riserve nelle risoluzioni delle crisi nigeriana (1994), togolese (93-94), ivoriana (2007 e 2010), guineana (2010) e prosegue la sua azione nella Repubblica del Mali». Peccato che nessuna di queste crisi sia davvero finita e che pochi giorni fa, in occasione della contestatissima visita di Compaoré in Francia il prestigioso giornale Jeune Afrique abbia rivelato documenti dei servizi segreti francesi che accusano il presidente burkinabé di aver armato (insieme al Qatar) le milizie islamiche del Mouvement pour l'unicité et le Jihad en Afrique de l'Ouest (Mujao) che occupano il nord del Mal, mentre la Cedao, della quale il Burkina Faso a parte, si prepara ad un intervento armato contro gli integralisti vicini ad Al-Qaida au Maghreb islamique (Amqi) e il governo del Mali rifiuta la mediazione con i ribelli islamisti offerta da Compaorè. Il ministro degli Esteri della Mauritania ed attuale direttore del Centre de réflexion sur la sécurité dans la région Sahel Sahara, Ahmedou Ould-Abdallah, ha detto che «i terroristi dell'Aqmi sono solo gli intermediari dei trafficanti installati in tutto il golfo del Benin. Le loro reti, al più alto livello di ogni Stato della regione, sono considerevoli. Ho dei nomi e la lista è considerevole». Secondo diverse Ong a tirare i fili di questa rete sarebbe anche Blaise Compaoré e il Comitato Sankara XX (Italia) denuncia: «Per la mediazione nella liberazione di cooperanti in ostaggio tra cui Rossella Urru, per cui tutti abbiamo temuto ed a gran voce ne abbiamo chiesto la liberazione, Blaise Compaoré sarà ricevuto con tutti gli onori al Forum internazionale della cooperazione il 1 ottobre 2012 a Milano. Dopo il tentativo di assegnazione del Premio Galileo 2000 a Firenze nel 2008, per fortuna fallito grazie alla mobilitazione dei movimenti cittadini, si ritorna ancora in Italia a voler premiare come pacificatore un iniziatore di conflitti. Da 25 anni, cioè dal barbaro assassinio del 15 ottobre 1987 del presidente in carica Thomas Sankara e dei suoi dodici collaboratori, Blaise Compaoré è a Capo del Burkina Faso, tra gli uomini politici più ricchi e potenti dell'Africa in uno dei paesi tra i più poveri del pianeta». Il 13 settembre la vedova di Sankara, Mariam Sanara, aveva scritto al presidente francese François Hollande, in occasione del ricevimento di Compaoré all'Eliseo ricordando che «Blaise Compaoré non è il democratico che pretende di essere, è un sanguinario, il suo potere criminale è marchiato sin dalle prime ore da qualsiasi tipo di atrocità. Con la sua salita al potere molta gente è stata bruciata viva, altri sono stati giustiziati e sepolti in fosse comuni». I sankaristi italiani sottolineano che «considerato il "salvatore in odore di Nobel" e il mediatore dei conflitti nell'africa occidentale, Blaise Compaoré è in realtà colui che li attizza, i suoi tentativi di mediazione nelle crisi regionali fanno parte della campagna di pulizia della sua immagine ed ha fondato il suo potere e la sua fortuna su una lunga serie di crimini economici e di sangue, traffici di armi e di diamanti, sinora rimasti impuniti. Paesi come l'Angola, la Liberia, la Sierra Leone e recentemente la Costa d'Avorio ed il Mali hanno subito le manovre di destabilizzazione di Blaise Compaore. Blaise Compaoré fu citato negli elenchi dell'inchiesta contro Charles Taylor ed il Burkina Faso messo in causa dagli esperti dell'Onu, implicato nei conflitti in Liberia, Sierra Leone e nei traffici d'armi e di diamanti per l'Unita di Jonas Sawimbi a quel tempo sotto embargo, per assassinii, stupri e mutilazioni di 500.000 persone in Sierra Leone e quasi 600.000 in Liberia, così come denunciato e ampiamente documentato anche nelle inchieste giornalistiche italiane di Rai 3 di Silvestro Montanaro. L'assassinio di Thomas Sankata, un uomo che operava per lo sviluppo del Burkina Faso ed il benessere del suo popolo, è stato un atto inedito in Burkina Faso che non ha permesso alla sua famiglia di vedere il suo corpo, di vegliare le sue spoglia e di dargli degna sepoltura. Sepolto in una fossa comune con un certificato di morte naturale, tutte le istanze di giustizia intentate dalla famiglia Sankara in Burkina Faso, sino ad arrivare a quella del Comitato dei Diritti dell'Onu, sono state sistematicamente bloccate. Il presidente Blaise Compaore è un predatore che ha eliminato tutti quelli che gli facevano ombra. Il lungo elenco è pubblicamente noto, fece uccidere il suo migliore amico Thomas Sankara, in seguito fece fucilare Lingani e Zongo rimanendo così solo al potere. La repressione che compì in seguito alla morte di Sankara finì con la vita di migliaia di burkinabè. Infine, assassinò il giornalista Norbert Zongo che stava indagando su casi di corruzione in cui era implicato e l'autista di suo fratello François che sapeva troppo. Questo senza contare gli innumerabili casi di tortura registrati nel Paese». Mentre il nostro governo riceve con tutti gli onori questo discutibile personaggio, dall'inizio del 2011 il popolo burkinabé è insorto contro il governo «pochi mesi dopo che Blaise Compaoré era stato rieletto dall' 80% dei votanti, ma con solamente 1,5 milioni di voti: solo la metà della popolazione era iscritta negli elenchi elettorali e poco più della metà degli iscritti ha partecipato allo scrutinio - ricorda il Comitato Sankara XX - Nel luglio 2011 una richiesta di apertura di inchiesta indipendente sull'assassinio di Thomas Sankara è stata depositata all'Assemblea francese. Pochi giorni dopo in Burkina Faso, la tomba dove si presume riposi il corpo di Sankara è stata oggetto di atti vandalici, ancora oggi la si può vedere devastata. Corruzione, appropriazione di una buona parte dell'economia da parte del clan Compaoré, spoliazione di terre a profitto dei dignitari dell'agro-industria, depauperamento della popolazione, questa è l'oscura realtà di un regime vilipeso dal suo popolo per chi sa guardare al di là delle apparenze». Oggi a Milano diverse Ong denunceranno il sostegno dell'Italia al regime di Blaise Compaoré e chiedono gesti decisi perché sia messa fine all'ingerenza di tutti i Paesi occidentali negli affari dell'Africa e cessi il sostegno a dittatori e ad autocrati in Africa, ma anche che «La Cooperazione italiana sia lasciata in pace da interessi potenti come quelli dell'Eni e di altre multinazionali che saccheggiano il continente africano». Alessandro Franceschini, presidente dell'Assemblea generale del commercio equo e solidale italiano, ha detto: «Come movimento del commercio equo e solidale siamo molto critici di fronte alle sponsorizzazioni che sostengono il Forum sulla cooperazione internazionale dell'1 e 2 ottobre a Milano. A nostro avviso la scelta degli sponsor di una manifestazione nazionale sulla Cooperazione italiana non è neutra o priva di conseguenze: ci chiediamo allora quale sia il modello di Cooperazione che il nostro Paese vuole portare avanti da ora in poi. Le organizzazioni del commercio equo e solidale italiano da 30 anni puntano ogni giorno su una cooperazione che nasce dal basso: sulla collaborazione tra cittadini dei vari paesi, su progetti di co responsabilizzazione slegati da grandi interessi industriali e finanziari, su relazioni di lungo periodo che non perseguono scopo di lucro. Assistiamo con interesse al tentativo del nuovo ministero alla Cooperazione di riportare il dibattito sul tema della Cooperazione internazionale, ma proprio per questo ci aspettiamo di veder tutti gli attori convergere con coerenza su un modello che abbia come primo obbiettivo il rispetto delle persone e dell'ambiente» Antonio Tricarico, annunciando che per protesta Re-Common non sarà presente a Milano, ha sottolineato: «È notevole che il cane a sei zampe campeggi sulla iniziativa più importante da anni per discutere di cooperazione e solidarietà internazionale, ed è anomalo al riguardo il silenzio del mondo tradizionale della cooperazione e delle Ong, assetato di risorse dopo anni di crisi. Per chi vive nel Delta del Niger, così come in tanti altri luoghi del pianeta devastati a livello ambientale e sociale dallo sfruttamento del petrolio da parte delle multinazionali, i termini Eni e Agip non sono sinonimo di aiuto, sviluppo o cooperazione, come dimostrato anche dalla campagna in corso di Amnesty International rivolta proprio a Eni. La scelta dell'Eni come sponsor rischia di togliere ogni credibilità al già discutibile esercizio del forum, interamente mirato a consacrare la privatizzazione ineluttabile della cooperazione». Tricarico ricorda che «l'Eni non è una società qualunque: il 30% della proprietà è ancora in mani pubbliche, e per questo ogni anno consegna un lauto dividendo al ministero dell'Economia. Forse a breve dovremmo conteggiare la partecipazione statale nell'Eni come aiuto allo sviluppo? Se il Ministro Riccardi volesse promuovere davvero un'azione di sviluppo a costo zero per i contribuenti italiani e senza passerelle inutili, potrebbe indurre la società che controlla come principale azionista di minoranza a prestare maggiore attenzione agli impatti sociali e ambientali dei propri progetti. I poveri apprezzerebbero un'azione di verità e giustizia da chi dice credere in quei principi. Anche la società civile potrebbe fare azioni di sviluppo a costo zero, aprendo una seria battaglia globale per rendere illegali le pratiche di elusione fiscale delle multinazionali».
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