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25 ottobre 2012

A chi fa comodo spendere i nostri soldi in armi
di Alessandro Gilioli

Quando si parla di ‘bilancio della Difesa’ in Italia i dati sono sempre piuttosto incerti, anche per la scarsissima trasparenza degli atti pubblici in questo benedetto Paese.

Interessante però è il fatto che «ogni anno circa un terzo dei fondi per nuovi armamenti arrivano dalle casse dallo Sviluppo Economico e servono per sovvenzionare prototipi o l’acquisto di strumenti bellici, secondo l’antica teoria che vede la ricerca militare come propulsore della crescita economica. In Italia questa equazione si è trasformata in una pioggia di denaro per Finmeccanica  senza gare di appalto né possibilità di verifica sui costi reali delle forniture. Nel 2008, con l’arrivo di Scajola, c’è stato poi il boom: ben 2037 milioni. In quest’annata ricca, il dicastero ha finanziato aerei per un miliardo, navi per 461 milioni e mezzi terrestri per 404 milioni. Ma il record viene toccato nel 2010, l’ultimo bilancio impostato da Scajola prima delle dimissioni: il suo ministero investe 2 miliardi e 267 milioni in programmi bellici»..

E ancora:

«Tutti guardano al cielo, ai voli del supercaccia F-35 ma il programma più costoso della Difesa italiana è un altro: si chiama Forza Nec e si prevede che farà spendere ai cittadini ben 22 miliardi di euro nei prossimi venti anni. Un progetto che vuole forgiare il “soldato del futuro”, rendendolo pedina di una rete satellitare integrata, ma che permette di finanziare un po’ di tutto: dentro il concetto di Nec (ossia network enabled capability) si sono infilati fucili d’assalto e software, mezzi blindati e apparati spaziali. Con due caratteristiche: i contratti fanno tutti capo a Selex, l’azienda elettronica di Finmeccanica, e a pagare non è la Difesa ma, appunto, il Ministero dello Sviluppo Economico».

Ora che quel verminaio si sta scoperchiando, appare abbastanza chiaro quanto sia un interesse non secondario, per molti, questo intreccio politico-militare: grandi commesse, grandi appalti, grandi tangenti, insomma un mare di soldi che girano tra ministri e boiardi.

 

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