Fonti: WWF, Greenpeace, ENPA
Oceani vicini al collasso: le azioni per salvarli Inquinamento, pesca eccessiva, traffico navale, perforazioni off-shore. Queste sono alcune delle minacce che ogni giorno aggravano lo stato degli oceani nel mondo. L'8 giugno scorso, nella Giornata mondiale degli Oceani, Greenpeace, ENPA e WWF hanno suggerito le azioni da intraprendere per scongiurare il collasso del mare. L'8 giugno scorso si è celebrata la giornata mondiale degli Oceani. Il WWF ha dunque colto l’occasione per suggerire ai grandi della Terra che dal 20 al 22 giugno si incontreranno alla conferenza sullo sviluppo sostenibile di “Rio+20”, le 5 azioni da applicare al più presto per la salvaguardia degli oceani e dei mari di tutto il pianeta. “Gli oceani e i mari sono essenziali per l’intero pianeta e per la popolazione globale ha detto Marco Costantini, responsabile Programma Mare del WWF Italia Le acque marine e oceaniche regolano il clima, forniscono servizi eco sistemici, quali cibo e sicurezza alimentare e, quindi, anche sviluppo economico, ospitano una ricchezza di biodiversità senza pari. Le economie "Blu" e "Verde" sono interdipendenti e Rio+20 non può non tenerne conto.” Ecco dunque le 5 proposte del WWF per il vertice di Rio+20, che possono garantire la salute a lungo termine dei nostri mari ed oceani. 1. Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare - UNCLOS: a Rio l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite deve decidere di convocare, con urgenza, una conferenza per offrire un nuovo accordo finalizzato all’attuazione di misure atte alla gestione e conservazione della biodiversità marina nelle aree fuori delle giurisdizioni nazionali (che includa la definizione di High Seas MPAs aree marine protette d’alto mare, e valutazioni d’impatto e strategiche per le attività di sfruttamento delle risorse marine) 2. Convenzione Internazionale per la prevenzione dell’inquinamento da navi (The International Convention for the Prevention of Pollution from Ships) MARPOL: tale convenzione deve essere ratificata e, soprattutto applicata da tutti gli Stati. 3. Lotta contro l'acidificazione degli oceani: Una rete internazionale di osservatori del fenomeno denominato acidificazione degli oceani è assolutamente necessaria. 4. Supervisione e responsabilità globale: Gli Stati devono essere ritenuti responsabili nei confronti della comunità internazionale per il modo in cui operano in acque internazionali in relazione ai loro propri diritti e responsabilità come da Convenzione UNCLOS. 5. Lotta alla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (IUU): gli Stati membri devono ratificare e ad applicare l’accordo FAO sulle Port State Measures Agreement. Tutto il pesce consumato deve essere tracciabile e legato ad un porto di sbarco. Inquinamento, pesca eccessiva, traffico navale, perforazioni off-shore. Sono solo alcune delle minacce che ogni giorno aggravano lo stato degli oceani nel mondo. Nella Giornata mondiale degli Oceani, Greenpeace ha pubblicato le linee guida da cui partire per scongiurare il collasso della principale fonte di vita del Pianeta: il mare. 1. Riserve marine: per preservare la biodiversità marina e mantenere vitali le funzioni degli oceani è necessario creare una rete di riserve marine che protegga il quaranta per cento della loro superficie. Tali riserve dovranno tutelare i punti più sensibili e ricchi di biodiversità dei nostri oceani, dai Poli al Mediterraneo, dove Greenpeace ha proposto la creazione di trentadue riserve marine, tra cui una nel Canale di Sicilia. 2. Pesca sostenibile: per garantire un futuro alle popolazioni ittiche ormai in crisi è necessario ripensare le attività di pesca, da un lato fermando la pesca eccessiva e rispettando i limiti scientifici di cattura per non sovra sfruttare gli stock, dall'altro favorendo la piccola pesca sostenibile. La riforma della Politica Comune della Pesca in Europa è in questo senso una grande opportunità per rendere la pesca sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e sociale. 3. No ai metodi di pesca distruttivi: fermare la pesca illegale ed eliminare metodi distruttivi come la pesca a strascico d'alto mare o la pesca con reti a circuizioni sui FAD (sistemi di aggregazione per pesci), che stanno avendo un gravissimo impatto sulle risorse e tutto l'ecosistema marino. I FAD sono oggetti galleggianti utilizzati per aggregare i pesci che purtroppo causano la cattura di esemplari giovani di tonno, squali, tartarughe e altre specie marine. 4. Ridurre l'inquinamento: è necessario ridurre l'inquinamento che arriva da fonti terrestri, sopratutto in aree che dovrebbero essere a tutela di specie particolarmente sensibili, come il Santuario dei Cetacei. 5. Regole sul traffico navale: ridurre il traffico navale, e in particolar modo porre limiti e controlli al trasporto di carichi pericolosi in zone sensibili come lo stretto di Bonifacio. 6. Consumi sostenibili: per proteggere gli oceani bisogna fare attenzione al pesce che consumiamo, assicurandoci che non provenga da stock sovra sfruttati o da una pesca distruttiva. È importante che le grandi compagnie, come quelle che producono tonno in scatola, si impegnino a utilizzare solo tonno pescato in modo sostenibile. Vedi www.tonnointrappola.it . 7. No alle perforazioni off shore: fermare attività di estrazioni pericolose, come le perforazioni off shore, che minacciano habitat preziosi che vanno dal lontano Artico al più familiare Canale di Sicilia, nel Mediterraneo. 8. Difesa dell'Oceano Artico: creare immediatamente una moratoria contro lo sviluppo industriale nell'area dell'Oceano Artico. L'area da tutelare deve comprendere le acque storicamente ricoperte dai ghiacci secondo le medie registrare tra il 1979 e il 2000. Questo periodo, infatti, precede l'inizio della perdita significativa dei ghiacci a causa dei cambiamenti climatici. Fenomeno che ha aperto la strada allo sfruttamento di ambienti incontaminati prima inaccessibili. 9. Attenzione alla plastica: l'ottanta per cento della plastica che inquina gli oceani proviene dalla terra ferma. Per limitare l'impatto della plastica sui nostri mari è necessario ridurre l'uso di confezioni e imballaggi prodotti con questo materiale. 10. Stop al Climate Change: i gas serra stanno aumentando l'acidità degli oceani, distruggendo il delicato equilibrio delle barriere coralline e causando l'aumento del livello del mare. Se vogliamo che gli oceani continuino a fornire cibo, lavoro e ossigeno alle popolazioni del Pianeta, è necessario limitarne il surriscaldamento dovuto alle attività dell'uomo. E in occasione della giornata degli oceani, anche l’Enpa, che per il terzo anno consecutivo è impegnata nella Campagna Salviamo il Mare, ha presentato alcune azioni fondamentali per proteggere i mari del pianeta. Le emergenze internazionali segnalano che non c’è più tempo da perdere e che si può agire solo in una direzione per tutelare la biodiversità marina e garantire un futuro al nostro intero pianeta. Di conseguenza, queste azioni non rappresentano non un’opzione ma una “conditio sine qua non” per la difesa del mare. -Scegliere una dieta vegana-bio. Il 26% del Pianeta è 'invaso' dagli allevamenti animali che ogni anno producono oltre 1500 miliardi di tonnellate di deiezioni alle quali è imputabile l’emissione del 18% dei gas serra (i veicoli ne producono solo il 14%). I reflui degli allevamenti zootecnici e delle industrie, che contengono nitriti, nitrati, fosforo, azoto e metalli pesanti rappresentano una pericolosissima minaccia per i mari. L’agricoltura e gli allevamenti che prevedono l’uso di fertilizzanti chimici, erbicidi ed altre sostanze favoriscono la proliferazione eccessiva delle alghe e delle piante acquatiche causando il fenomeno dell’eutrofizzazione. A ciò si aggiunga che i liquami, scaricati nel terreno e poi trasportati dai fiumi, inquinano le falde acquifere oppure sono riversati direttamente in mare. Si calcola che ogni anno solo il fiume Po riversi in mare 27.000.000 tonnellate di sostanze tossiche tra arsenico (244 tonn. annue), mercurio (65 tonn.), piombo (485 tonn. annue), tensioattivi (3.000 tonn.), idrocarburi (64.000 tonn.), sostanze organiche 500.000 tonn); destando viva preoccupazione tra i ricercatori. Cetacei, tonni e pescespada - predatori all’apice della piramide alimentare e specie che bioaccumulano - sono tra gli animali più contaminati da queste sostanze xenobiotiche (estranee al mare). Alcuni di cetacei riescono a detossificarsi parzialmente (specie dai metalli pesanti), ma lo fanno attraverso l’allattamento, dunque contaminando le nuove generazioni. -Fermare per sempre le reti pelagiche derivanti. Messe la bando dal primo gennaio del 2002 con il contestuale divieto all’impiego di attrezzi retieri per la pesca di tonni e pesce spada, continuano tuttora ad essere usate. Per i gravi atti di illegalità compiuti nel Mediterraneo soprattutto dai pescatori Italiani (che pure hanno beneficiato dei fondi per la riconversione dall’Ue), i quali proseguono indiscriminatamente la loro attività, i cittadini italiani dovranno pagare circa 10 milioni. Si tratta di una multa inflitta dalla Corte di Giustizia Europea che, visto l’annoso inadempimento dell’Italia alle procedure d’infrazione, ha condannato l’intero Paese a scontare le responsabilità di pochi; quei pochi che ogni anno uccidono oltre l’80% di specie ittiche accessorie e migliaia di cetacei, di uccelli marini e tartarughe, catturati con le reti illegali. Più in generale la scelta 'Veg' consentirebbe alle specie ittiche di sopravvivere alla depredazione e alla pesca che da anni depaupera le popolazioni del mare ad ogni latitudine. -Eliminare la plastica. Questo materiale, un derivato del petrolio, ha diverse forme molecolari ed è utilizzato per la realizzare una infinita quantità di prodotti. L’UNEP (United Nations Enviroment Program) ha stimato che ogni anno circa 6.4 milioni di tonnellate di spazzatura finiscono in mare: la plastiche rappresentano una quota compresa tra il 60% e l’80% del totale. Sempre secondo l’UNEP per ogni metro quadro ci sono in mare tra i 13.000 e i 18.000 pezzi di plastica. La plastica crea danni gravissimi sia in modo diretto gli animali la scambiano per cibo (l’ingestione causa soffocamento, blocchi intestinali e lesioni all’apparato digerente) - che indiretto per intrappolamento nelle fibre, filamenti di lenze e reti abbandonate. Si calcola che ogni anno questo materiale “killer” causi la morte di circa 2 milioni di uccelli marini e di circa 100.000 mammiferi marini tra cetacei, pinnipedi (foche, otarie e trichechi) e sirenidi (lamantini e dugonghi). -Proteggere il mare dal petrolio. Secondo la Us Enviromental Agency ogni anno finiscono in mare 2.672.210.000 litri di petrolio. Il 60% del commercio mondiale del petrolio e dei suoi derivati passa per il Mar Mediterraneo che però rappresenta solo lo 0,8% delle acque del Pianeta. Ciò significa che sulle coste del “Mare Nostrum” si concentra il 27% di tutta l’attività di raffinazione mondiale mentre le petroliere, con i loro 3000 viaggi l’anno, trasportano circa 400 milioni di tonnellate di greggio. I recenti disastri, verificatisi non soltanto in Italia, dimostrano che non esiste una politica sinergica tra i Paesi del Mediterraneo, finalizzata a prevedere tutte le precauzioni possibili per evitare incidenti che causano irreparabili danni all’ambiente marino. Secondo il REMPEC (Regional Marine Pollution Emergency Response Center for the Mediterranean Sea) solo nel Mediterraneo tra il 1990 e il 1999 ci sono stati 250 incidenti (per altri 21 non è stato fornito alcun riscontro) e sono finiti in mare 22.150 tonnellate di petrolio. Il greggio non crea danni solo al mare. Infatti, le sue particelle volatili possono viaggiare anche per molti chilometri depositandosi sul terreno ed entrando nella biomassa; quindi nella catena alimentare della terraferma. -Ridurre e controllare il traffico marittimo. L’intenso e scarsamente regolato traffico marittimo è causa diretta della morte dei più grandi abitanti del mare, balene e capodogli. I ricercatori lanciano un grido d’allarme: Simone Panigada dell’Istituto Tethys ha rilevato che da un campione formato da 283 balenottere comuni spiaggiate (prevalentemente negli ultimi 40 anni), 44 individui (15,5%) sono stati uccisi a causa di un incidente con un natante. Le imbarcazioni interessate sono traghetti e traghetti super veloci. L' 85% delle collisioni sono avvenute nelle acque del Santuario dei Cetacei; un santuario che rimane una delle aree a maggiore traffico marittimo. -Ridurre le aggressioni acustiche in mare. I sonar a bassa frequenza, usati dalle marinerie militari per le operazioni segrete, determinano lo spiaggiamento di cetacei ma anche gravi danni rilevabili a vari livelli. Danni simili sono causati ai cetacei (ma anche ad altre specie) dagli effetti delle indagini per le prospezioni geosismiche, effettuate con lo scopo di trivellare i nostri mari alla ricerca di petrolio. -Ridurre l’aggressione alle coste e diminuire gli impatti antropici nelle aree ridosso dei nostri mari, dal punto di vista dei fenomeni urbanistici e di quelli legati alla concentrazione della presenza umana in alcune aree critiche. La riduzione della produzione dei rifiuti, la raccolta differenziata e il corretto recupero per lo smaltimento degli olii di cucina rappresenterebbero già delle azioni fondamentali per la tutela della biodiversità marina. -Razionalizzare e ridurre i consumi globali a favore di una spesa alimentare sostenibile e biologica, sono quindi azioni necessarie a garantire una buona salute del mare. -Fermare l’uso delle creme solari. Le creme ad alta protezione solare distruggono tutto l’ecosistema della barriera corallina. Un allarme proviene da uno studio del 2008 pubblicato su “Environmental Health Perspectives Journal” che evidenzia come ogni anno milioni di persone in ogni angolo del mare del Pianeta utilizzino la protezione solare. Gli ingredienti contenuti nelle creme, infatti, possono distruggere la barriera corallina nel giro di pochi giorni. Secondo il dossier, a causa delle 4mila 6mila tonn. di creme solari impiegate, ogni anno il 10% della barriera corallina del pianeta rischia progressivamente di scomparire -Riconsiderare le politiche sociali internazionali e pianificare investimenti nei Paesi poveri che si affacciano sul mare per consentire lo sviluppo di una corretta educazione per tutelare le biodiversità locali; investire su attività sostenibili capaci di produrre una nuova economia.
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