Tratto da La Nonviolenza e’in Cammino

Una Lettera di Tonino Drago
 

Condivido le risposte di Domenico Gallo. Ci aggiungerei solo il documento che presentai due anni fa alla Assemblea della campagna per l'obiezione alle spese militari per la difesa popolare nonviolente (campagna Osm-Dpn). E che allego.
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"Vogliamo riprendere a fare politica?". Intervento di Drago Antonino alla Assemblea Osm-Dpn, Firenze 27-28 marzo 2009
Saluti e invito all'autocritica  
Cari amici, mi fa piacere rivederci; ma, dopo quattro anni infelici, debbo dire parole un po' crude. Sono passati quattro anni dal novembre 2005, quando ci fu l'assemblea nazionale rivolta a tutte le associazioni sulla questione del Comitato Dcnanv, al fine di organizzare assieme una resistenza. Allora si consumo' il secondo sbandamento della Campagna in un solo anno: a sorpresa si e' cambiato l'obiettivo (formare un innocuo osservatorio su quel Comitato); cioe' si scelse di fare i Ponzi Pilati, invece di fare politica (perche' non si diffondono gli atti di quella assemblea, gia' preparati da Scaramellini?). E gia' in quell'anno, nella Assemblea Osm-Dpn, si era giustificato il sostegno al Comitato (nonostante le dimissioni di Venditti, Minervino e mie) con la promessa solenne di una verifica dell'operato del Comitato nel giro di tre mesi, cosa mai avvenuta. In effetti quella verifica ormai e' palese anche ai piu' speranzosi: c'e' il blocco delle nostre iniziative politiche. Il tutto nel silenzio assordante delle associazioni nonviolente.
Oggi il nostro primo problema e': quando impareremo a fare autocritica pubblica? O la nonviolenza e' solo buona volonta', poi "chi ha avuto, ha avuto, e chi ha dato, ha dato. Scurdammoce 'o passato, simme in Italia, paisa'!".
Queste mie note sono personalismi? Fanno solo polemica? Ripondo che queste sono facili accuse di chi si risparmia una analisi politica della situazione. Troppo a lungo siamo stati infettati dal virus radicale, quello di personalizzare ogni problema politico come litigiosita' personale. Ormai e' evidente (se non altro dopo i contrasti pubblici Lotti-Zanotelli sulla ultima Marcia Perugia-Assisi) che le politiche per la pace in Italia sono piu' d'una; e che esse sono in gran parte incompatibili. E che qualcuno gioca con i personalismi per nascondere la propria politica.
Il virus ci ha infettato a tal punto che oggi, a forza di scambiare per personalismi le differenze politiche reali, le parole tra noi hanno perso senso, sono diventate equivoche o polivalenti; non abbiamo piu' nemmeno un linguaggio comune. Se prima il lavoro politico era quello di resistere, ora e' quello di ricostruirci, dopo un periodo di distruzioni.
(E' vero che a livello internazionale non si sta meglio: e' la prima volta nella storia che non c'e' piu' un trend positivo pr la nonviolenza. Ma prima noi avevamo dei grandi vantaggi sugli altri Paesi: grandi maestri di nonviolenza, un Servizio civile esemplare, la Campagna Osm-Dpn piu' forte del mondo, le prime leggi sulla Difesa popolare nonviolenta e per il transarmo. In questi anni abbiamo perduto o bruciato ogni vantaggio; e ora ci troviamo sconfitti come tutti gli altri).
E' con questo spirito, di ricostruire, che vengo alla Assemblea Osm-Dpn, sperando di trovare in molti una corrispondenza nel voler cambiare rispetto il passato.
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Analisi della situazione: siamo solo volontariato?
Quale e' la nostra situazione politica attuale? Siamo stati ridotti a generico volontariato!
Gia' nel 1995 incomincio' Libera a tagliarci la strada con un accordo politico bipartisan (destra e sinistra unite) che riusci' a raccogliere tutte le associazioni di base su una "non politica"; subito i suoi aderenti vennero qualificati come "volontari" rispetto alle persone serie, come i magistrati, i poliziotti e i politici. Poi nel 2001 una legge ha abolito tutti quelli che con la loro scelta personale gia' facevano politica dalla parte nostra: gli obiettori di coscienza. La seguente legge 64/2001, sul Servizio civile volontario finalizzato alla Difesa popolare nonviolenta, fu poi distorta dalle associazioni per creare tanti bravi volontari che li aiutassero a guadagnare una grossa fetta del Terzo settore. L'Unsc, la prima istituzione di difesa alternativa al mondo, nei cinque anni dalla nascita non ha riconosciuto nulla di concreto del lavoro degli 800.000 obiettori al servizio militare e della preparazione di una Dpn in Italia (neanche nella formazione dei serviziocivilisti). Infine, l'anno scorso l'Ipri-Ccp, che e' riuscito ad ottenere un riconoscimento quasi politico dal Ministero degli Affari Esteri (finanziamento di 230.000 euro per la formazione in Italia), ora l'ha presentato con un depliant dal titolo "Ruolo del volontario..."; mentre i militari si laureano tutti all'Universita' (magari per il solo essere stati qualche mese in Iraq), l'Ipri-Ccp ancora continua con la formazione ai ragazzotti, quelli che solo tra alcuni anni potranno fare una esperienza di interposizione, non gli studenti universitari, che invece possono partire anche la prossima estate, e che farebbero interagire con la docenza universitaria. Non parliamo poi del Comitato Dcnanv, che ci vede come volonterosi senza alcun peso; e questo anche dopo un secondo tentativo (2008), di grande buona volonta', per rivolgerlo alla nostra politica. Piu' volontariato di cosi'!
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Come mai siamo arrivati a cio'? Collateralismo, burocrazia
Certo, i militari, che prima del 1989 ci ignoravano considerandoci "abiettori", dopo le liberazioni nonviolente nel mondo hanno reagito. Allora sono passati al contrattacco duro: sospensione della leva, esercito professionale docile ai loro obiettivi politici, integrazione con l'esercito Usa e strategia nucleare da primo colpo, missioni all'estero (dove la concorrenza dei nonviolenti puo' essere solo minima), il Cimic per gestire i civili sul terreno bellico. Certo i militari hanno avuto dalla loro parte tutte le istituzioni e tutti i partiti. Ma che cosa abbiamo detto noi in proposito? Addirittura sul punto che ci riguardava direttamente, l'obiezione di coscienza, "Azione Nonviolenta", marzo 1999, ha inneggiato alla "fine della naja"!
La nostra storia collettiva e' nata con la legge 772 del 1972 e il conseguente servizio civile. Ma solo il Mir ha sostenuto il Servizio civile, per alcuni anni. Poi quando nel 1980 il Servizio civile si e' ingrossato, per fortuna la Caritas ci ha tolto le castagne dal fuoco per gestire il Servizio civile in grande. Ma cosi' ci siamo abituati a non fare politica nel sociale: da allora le associazioni nonviolente si sono abituate a campare sugli iscritti e sulla politica delle iniziative altrui (ad esempio la Campagna Osm-Dpn).
Negli anni '80 e '90, quando comunque avevamo una forte base sociale negli obiettori militari e negli obiettori fiscali, abbiamo rimediato al poco lavoro nella societa', dandoci almeno una strategia (anche se era controversa, fino a quasi essere combattuta da alcuni gruppi di nonviolenti): la Difesa popolare nonviolenta. E gloriosamente abbiamo vinto la battaglia politica per ottenere la legge apposita. Ma, ancora una volta, non abbiamo saputo affrontare la battaglia reale: quella per fare applicare la legge. Era finito il tempo di stare solo a chiedere ad altri, facendo anticamera nel Parlamento; occorreva lavorare (con una stampa a frequenza maggiore dei mensili) nella politica degli Enti locali, con le associazioni (almeno quelle del Servizio civile), sugli avvenimenti quotidiani per indirizzarli verso gli obiettivi tattici della strategia ormai legalizzata. Infatti dopo la legge 64/2001, c'e' stata una inattivita', che ha lasciato campo aperto alle Associazioni di Servizio civile; che allora hanno voltato le spalle a noi e alla Difesa popolare nonviolenta.
Prima del 2001, quando c'erano gli obiettori, rappresentavamo gia' un'ipotesi politica; dopo, senza piu' le obiezioni, siamo diventati dei clienti politici generici. Ci siamo cullati nell'idea di avere comunque una nostra politica: il collateralismo a qualche partito (Verdi, Prc, Ds, ecc.); tanto che pochissima attenzione e' stata rivolta alle vicende del Comitato Dcnanv; come se esso non fosse la chiave per organizzare decine di migliaia di serviziocivilisti, che, per legge, dovevano iniziare una difesa statale alternativa; invece e' stato trattato come fosse una cosa per pochi specialisti, avventuratisi nel palazzo del governo. Su questo tema cruciale per la politica di 35 anni di lotta politica in Italia, quanti articoli avete letto sulla nostra stampa? Due, forse tre... Eppure abbiamo almeno tre riviste mensili.
Dopo aver sperato invano nel "governo amico", naturalmente alle elezioni del 2008, poiche' non avevamo piu' una base nel sociale, siamo crollati assieme ai partiti della sinistra ai quali ci eravamo appesi. E ora non sappiamo piu' come fare politica. Dobbiamo ricominciare daccapo!
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Tre strategie nel Movimento per la Pace italiano
Allora per prima cosa domandiamoci chi siamo. Per rispondere, ormai non possiamo fare a meno di tener conto delle divisioni che segnano anche il campo della pace e dell'antimilitarismo. Oggi il problema non e' piu' quello di distinguersi solo da Pannella, come e' stato dal 1975 (quando rifiuto' di sostenere il Servizio civile); ora c'e' da capire che Flavio Lotti segue una politica diversa da quella di Zanotelli, che quasi nessun Ente locale ha voglia di parlare di intervento nonviolento all'estero, che Papisca pensa all'Onu e ai diritti e basta, che contro la mafia Ciotti vuole che la societa' civile faccia solo la tifosa per lo Stato che arresta mafiosi e sequestra beni.
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[Qui segue una figura su "Distribuzione dei vari pacifismi sui quattro modelli di difesa (e sviluppo)" - denominati rosso, blu, verde e giallo -, figura non riproducibile graficamente nel nostro foglio]
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Gli ultimi avvenimenti sono stati:  
1) la strategia dei Mds blu e rosso ha scoperto le carte: la Marcia Perugia-Assisi si fa solo per i diritti e per la riforma dell'Onu, non per la Pace e tanto meno per la nonviolenza dei Corpi civili di pace o la Difesa popolare nonviolenta.
2) Nel Mds verde la strategia europea ha dovuto ritirarsi dall'obiettivo speranzoso (Corpi civili di pace europei) ed e' ricaduta a livello nazionale, ottenendo almeno un riconoscimento finanziario (ma purtroppo rischia di buttarlo al vento, per averlo rivolto agli studenti dei licei). Intanto si e' costituito l'Icp con la pretesa di essere l'unico che fa sul serio (nonviolentemente?).
3) La vittoriosa strategia della Difesa popolare nonviolenta e' stata bloccata (niente iniziative di Difesa popolare nonviolenta, niente interposizione dei serviziocivilisti all'estero, niente convegni sulla Difesa popolare nonviolenta) dal Comitato Dcnanv. I suoi seguaci, tornando a lavorare alla base, si sono associati al movimento per le interposizioni nonviolente; cosicche' oggi l'Ipri-Ccp raccoglie tutto il movimento di base che intende la difesa alternativa in senso ampio.
Ma verso che cosa? La strategia e' chiara: realizzare la nonviolenza sia nella difesa alternativa, anche statale, intesa sia come difesa dall'invasione nazionale, sia per la interposizione nelle crisi internazionali, sia contro la mafia. Ma e' chiaro anche che oggi siamo in pochi, perche' gli enti locali ci sono tutti lontani (salvo eccezioni); e oggi col 5 per mille le associazioni, anche le piu' piccole, si interessano di ben altro che di progetti politici di servizio e di sacrificio. E' chiaro anche che ora, senza piu' la politica dell'obiezione, dobbiamo compiere azioni collettive importanti pe riuscire a superare la soglia (alta) di una minima incidenza politica. E' anche chiaro che disponiamo di poche energie, in termini di uomini e di risorse finanziarie.
In definitiva, o siamo saggi a trovare una intesa collettiva rapidamente, su pochi ma chiari punti praticabili, oppure resteremo in balia delle onde di una politica (quella delle Associazioni di Servizio civile, degli Enti locali, del Comitato Dcnanv, dei Partiti, dei militari, degli Usa, dell'Onu) che ci svaluta come volontariato generico.
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Proposte minime per intenderci e per ricominciare una politica comune
1) Ricostituire il soggetto della politica dell'obiezione nonviolenta:
a) o [riconoscersi] rilanciare la obiezione fiscale come: 1) contribuzione volontaria (meglio se con il 5 per mille) alle sole associazioni che fanno interposizione (Ipri-Ccp, Operazione Colomba, Pbi, Un Ponte per..., ecc.); 2) piu' versamento dell'8 per mille alla Chiesa cattolica (per la Caritas che fa Difesa popolare nonviolenta) e alla Chiesa Valdese (che finanzia le Pbu) e lettera all'Unsc per essere iscritti all'albo degli obiettori;
b) o [ritrovare l'unita' politica delle associazioni] ogni associazione, che si dichiara nonviolenta, versa una quota del suo bilancio per realizzare l'obiettivo politico comune dell'interposizione nonviolenta; con questi versamenti costituire un fondo comune per finanziare i progetti comuni di interposizioni nonviolente, da decidere in assemblea nazionale annuale;
c) o [farsi riconoscere giuridicamente] puntare sulla istituzione presso l'Unsc (che e' obbligato per legge a farlo) di un albo pubblico di tutti gli italiani che si dichiarano obiettori alla guerra (costo per l'Unsc: zero); su questo obiettivo chiedere la solidarieta' a livello nazionale e finalizzare tutta una Campagna fino ad ottenerlo.
2) Darsi quattro obiettivi tattici immediati:
a) o [resistenza] per mantenere quella finalita' 1a) della legge 64/01 sul Servizio civile per cui il Servizio civile, facendo difesa alternativa, e' di competenza dello Stato (piu' che delle Regioni); almeno una lettera a Giovanardi contro la sua riforma del Servizio civile che va contro quella finalita';
b) o [chiudere le finalita' della vecchia Campagna Osm-Dpn] ottenere per gravi motivi di coscienza l'opzione fiscale attraverso il 5 per mille per la voce Dpn del bilancio Unsc;
c) o [prima iniziativa di Dpn operativa] lettera e pressione su Giovanardi per ottenere un percorso di attuazione di quella Dcnanv che e' prescritta dalle leggi italiane: finanziare corsi universitari a contratto su Dpn e Ccp (500-1000 euro l'uno); nominare consulenti dell'Unsc sulla Dpn (solo in subordine, accettare il rinnovo del Comitato Dcnanv e sulle nomine nuove dobbiamo avere voce in capitolo), una prima iniziativa operativa.
 

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