19 luglio 2011
L'obiezione di coscienza? Un residuato di guerra «la Legge 230 del 1998 è stata così espressamente abrogata..." (v. in fondo) Dopo averla "sospesa" ( incostituizionalmente; ma nessuna associazione o ente ha fatto ricorso alla Corte costituzionale, la quale avrebbe sicuramente bloccato la mossa) ci hanno scippato la legge sull'obiezione di coscienza, quella costata cinquant'anni di lotte di 800.000 obiettori, dieci anni di lotte dentro il parlamento e una approvazione rifiutata da Cossiga. Pare che nessuno se ne sia accorto, tra Comitato Dcnanv, Valpiana che ci siede come rappresentante dei nonviolenti e degli obiettori, le associazioni nonviolente e antimilitrariste. D'altronde la mancanza di una politica collettiva sulla DPN (cioè il progetto politico degli obiettori) prometteva l'impunità a governo e militari per qualsiasi mossa a sorpresa su quella legge. Così dalla legge italiana, è stata cancellata la parola "nonviolenta", che probabilmente molti giuristi avranno pensato che era un ET, dato che compariva per la prima volta in una legge di uno Stato. Restiamo con la legge 64/2001 sul SC; che però dice solamente :"mezzi ed azioni... non militari"; e che comunque sta per essere riformata proprio in questi mesi, in quel senso che vorrà dargli Giovanardi (e casomai le regioni interessate a privatizzare il SC come politica giovanile), dato che un dibattito alla base tra i movimenti per la pace nonviolenti antimilitaristi non c'è stato. D'altronde,da tempo la pratica del SC ha cancellato la DPN e nessuno ha protestato, a parte qualcuno che è rimasto isolato. Ci restano le sentenze della Corte Costituzionale; solo perché non sono abrogabili; però non fanno legge, ma solo principio. E comunque non parlano mai di nonviolenza, anche se equiparano la difesa non armata con quella armata. Stiamo regredendo agli anni '70 o giù di lì. Occorrerà fare un'analisi del perché succede questo, o no? La nonviolenza deve pensare bene di tutti, qualsiasi cosa essi facciano, o qualcuno dovrà ammettere degli errori? Mandela ci insegna qualcosa o si continua tutti per sé e molto pochi al servizio di temi politici comuni? Nella speranza che nel Paese che ha avuto così tanti maestri di nonviolenza, i loro seguaci sappiano reagire alla fase della più grande sconfitta della nonviolenza che sia mai avvenuta finora. Tonino DAL BLOG DI FRANCESCO SPAGNOLO Sintesi della relazione annuale UNSC sul SC anno 2010 L'obiezione di coscienza? Un residuato di guerra Dal 2007, con la legge n. 130/2007è stata introdotta la possibilità di rinunciare allo status di obiettore di coscienza passati 5 anni dal congedo. Lo scorso anno tali domande di rinuncia sono diminuite, passando dalle 3.829 del 2009 alle 3.197 del 2010 (-16,5%). Nel 2008 erano state 3.189 e 1.258 del 2007, portando così il totale a 11.473, che a fronte dei quasi 800.000 obiettori italiani, costituisce appena 1,4% del totale. Da notare però che il D.Lgs n. 66/2010, recante "Codice dell'ordinamento militare", ha raccolto e riordinato in un testo unico l'intera normativa sulle Forze armate, tra le quali, al Libro ottavo, le disposizioni in materia di obiezione di coscienza di cui alla Legge 8 luglio 1998, n. 230. In particolare tale codice disciplina, agli articoli 2097 e seguenti, il Servizio degli obiettori di coscienza in caso di ripristino del Servizio obbligatorio di leva, previsto in tempo di guerra o di grave crisi internazionale. Come ricorda la Relazione ***«la Legge 230 del 1998 è stata così espressamente abrogata dall'articolo 2268*** ad esclusione dell'articolo 8 riguardante le competenze dell'Ufficio; dell'articolo 10, concernente la Consulta nazionale per il servizio civile; dell'articolo 19 relativo al Fondo nazionale per il servizio civile e dell'articolo 20 che prevede la presentazione al Parlamento della relazione annuale sull'organizzazione, sulla gestione e sullo svolgimento del Servizio civile nazionale». La possibilità della rinuncia allo status è ora contenuta nell'art. 636, comma 3, del D.Lgs n. 66/2010. |