21 marzo 2011 Le Rivoluzioni Nonviolente Arabe Per meglio comprenderle, partiamo dalle rivoluzioni nonviolente che più hanno cambiato e impressionato il mondo, quelle del 1989. Esse sono scoppiate all’improvviso (benché precedute da quasi dieci anni di lotta nonviolenta di Solidarnosc davanti ad un sistema di potere ritenuto da quasi tutti inamovibile). Nel 1989 dal maggio in Cina al novembre in Germania est sono intercorsi sei soli mesi durante i quali è cambiato il mondo politico internazionale solidificato in una contrapposizione irriducibile durata quarant’anni. Nel mondo la sorpresa è stata colossale. Il modello di sviluppo verde che si era manifestato alla grande con la lotta nonviolenta per la liberazione coloniale dell’India (e che si era riproposto in una serie di rivoluzioni, nonviolente nel mondo, lasciate da parte dai sapientoni politici come fenomeni laterali alla politica mondiale: Cecoslovacchia 1968, Iran 1979, Filippine 1986) di fatto nel 1989 è entrato nella storia come attore politico paritario ai due attori che si erano spartiti il mondo e che si contrapponevano con la pazzia di una ecatombe nucleare. Ma se c’era qualcuno a cui questa nuova comparsa non stava bene questi doveva avere il tempo di intervenire. Cosicché, mentre i piccoli Paesi baltici, irraggiungibili dall’esterno, venivano lasciati lottare nonviolentemente fino alla completa liberazione (1992), gia nel 1990 è stata creata la situazione che poteva ribaltare la tendenza del nuovo modello di sviluppo di diventare il protagonista della successiva storia mondiale. Inopinatamente il Vaticano e la Germania si sono precipitati a riconoscere la Slovenia, prima che la UE potesse prendere una sua decisione (Papa Woytila ha riconosciuto l’errore in una lettera al segr. ONU, riportata dai giornali). Allora quel luogo di incrocio di razze, etnie, lingue, religioni che è la Jugoslavia, che pure sapeva ben lottare nonviolentemente (il Kosovo aveva iniziato per primo a chiedere l’indipendenza con mezzi pacifici e con un suo autorevole leader nonviolento), ha iniziato una lotta armata di liberazione che è stata la più atroce e pazza del secolo. La politica dell’ultima superpotenza rimasta, gli USA, col passare del tempo è apparsa sempre più chiara: per non contrastare le speranze mondiali, ha prima accettato che l’ONU, ben fiaccato dal voluto ritardo degli ingenti pagamenti USA, cercasse di tamponare la guerra; ma imponendogli di farlo con neanche un terzo della forza che il segr. ONU chiedeva (36.000 uomini). Arrivati al prevedibilissimo “fallimento dell’ONU”, i bombardamenti quasi indiscriminati dall’alto (l’unica strategia che gli USA si possono permettere senza utilizzare massicciamente contractors, cioè mercenari tout court) hanno imposto la separazione a coltello della popolazione racchiusa entro confini autoritari. Il Kosovo, che con la sua lotta nonviolenta era rimasto in sospeso perché ovviamente non permetteva bombardamenti, fu “maturato” con la nascita improvvisa dell’UCK, il suo riconoscimento come interlocutore invece di Rugova ai colloqui di Rambouillet, e con la imposizione della guerra alla Serbia. Di nuovo bombardamenti e di nuovo una soluzione tagliata col coltello, da superpotenza su popoli coloniali (la costituzione della enorme base di Bronstedt ne è il segno evidente). Cosicché la logica delle armi, che era stata già ribadita nel lontano medio Oriente con la prima guerra dell’Irak (ma che non andò molto bene per la sopravvivenza fisica e politica di Saddam Hussein), è stata stabilita nel centro dell’Europa, bloccando ogni aspirazione del modello di sviluppo alternativo di farsi largo nella popolazione. La morale è stata: il progresso delle armi ci vuole e in particolare ci vuole una superpotenza a regolare dall’alto il mondo; cioè ci vuole il modello di sviluppo (MDS) blu. La storia seguente la sappiamo. Nel luglio 2001 il G8 di Genova, che doveva celebrare il regno della superpotenza, si è trasformato in uno scontro senza pari con la popolazione il quale ha lasciato una lacerazione politica profonda in Europa. Quello scontro era stato troppo forte; era difficile trovare una via di accomodamento. Pochi mesi dopo, l’attacco dell11 settembre ha permesso di proporre lo scontro, ma non con le proprie popolazioni, piuttosto deviandolo sull’altro MDS emergente, quello che la decennale guerra Irak-Iran, fomentata ed alimentata (anche con i gas venefici) dai Paesi del MDS blu dell’Occidente, non era riuscito a bloccare e che per di più si stava rafforzando economicamente (petrodollari), finanziariamente (v. famiglia di Bin laden cointeressata negli affari finanziari di Bush) e politicamente (Lega Araba). Allora da unica superpotenza, gli USA, massima espressione del MDS blu, si è data l’autorità di decidere che cosa era successo (Bush che all’asilo ha aspettato mezz’ora per muoversi, già lo sapeva?), ridefinire “terroristi” gli oppositori ed identificarli con gli estremisti arabi del MDS che più temeva militarmente (con il modello di sviluppo verde i conti si fanno nella economia e nelle piazze). La vendetta della “guerra al terrorismo” è diventata la nuova dottrina del MDS blu, dagli USA ad Israele. Quest’ultimo (che aveva temuto così tanto l’ispirazione nonviolenta della prima Intifada che l’ha contrastata sul nascere inviando il Mossad ad uccidere in Tunisia il suo leader, il vice di Arafat) ora si è sentito promosso ad epicentro della lotta politica mondiale, perché più di tutti aveva i “terroristi” in casa (kamikaze). Ne ha tratto tanto vantaggio da riuscire ad annullare la lotta (dell’Intifada prima e seconda) dei suoi avversari politici, riducendoli ad estremisti senza diritto di dialogo; anzi, è arrivato a costruire un vergognoso muro nazionale e a compiere l’Operazione Piombo fuso (1400 morti civili) senza subire sanzioni internazionali. Intanto la sinistra, cioè il MDS rosso, che nel 1989 si è vista sfuggire la storia, cioè la sua forza ideologica, invece di rinnovare la sua ideologia si ingegnava a fare le bucce alle rivoluzioni nonviolente, trovandole strumentalizzate dalla CIA (quelle arancioni), come se nel passato il MDS rosso non l’avesse sempre fatto (vedi nella sequenza storica storia della rivoluzione russa il ruolo dei populisti e dei tolstoiani). Ma la verità era lampante: su 323 rivoluzioni del secolo XX le nonviolente erano state un centinaio ed essere erano state vittoriose al 53%, mentre quelle violente al 26%. E nel periodo 1975-2002 delle 47 rivoluzioni vittoriose, le 18 condotte da forze nonviolente e coese 17 avevano vinto e una sola aveva avuto una vittoria parziale. La rivoluzione (nonviolenta) aveva girato il mondo, restava solo il mondo arabo a riservare un’altra sorpresa politica colossale al sistema di potere del MDS blu. Quel mondo arabo che era sempre apparso inconsistente (così come ai colonialisti Inglesi quello indiano appariva fatalista, senza coraggio e senza spina dorsale) è scoppiato con una determinazione e semplicità di strategia che ha spiazzato prima il dittatore della Tunisia e poi quello dell’Egitto (pur finanziato con 1,3 miliardi di dollari l’anno dagli USA; Israele 3 miliardi); e dietro loro i centri di potere mondiali. Baracik Obama forse si è ricordato per un momento di essere Premio Nobel per la Pace: ha contribuito alla rimozione dei dittatori ed ha pronunciato discorsi solenni. Tutto bene, dunque? No, Netanahiu l’ha detto subito. I rapporti di Israele con i Paesi arabi (primo l’Egitto che ha una potenza militare confrontabile) e poi con la popolazione araba interna (quella ridotta a vivere in una prigione a cielo aperto) avrebbero avuto un rilancio politico enorme, tale da destabilizzare la stessa esistenza di Israele. Siccome la soluzione militare (uso delle 400 armi nucleari israeliane) già non andava bene con l’Iran agli USA (che lo hanno trattenuto per anni da questo atto di forza per non compromettere l’autorità morale del MDS blu nel mondo), allora ha fatto da solo: ha offerto 5 miliardi $ a Gheddafi (Notizia dell’autorevole giornale israeliano Maarev e ripresa da vari organi di stampa, anche Il Tirreno) a sostegno della sua guerra per restare al potere; per Israele è l’unica guida laica possibile e per di più (negli ultimi anni) si è compromessa col sistema di potere occidentale in modo da non creare problemi ad Isarele. Forse all’inizio della rivoluzione nonviolenta libica gli Usa avevano fatto conto su una transizione guidata dalle tribù rivali a Gheddafi e le hanno sostenute in modi non appariscenti. Per Israele questa soluzione (molto oscura nella leadership e nella ideologia) non era una garanzia abbastanza sicura per la sua sopravvivenza; ed ha deciso la sua soluzione, che d’altra parte, in termini di lotta militare, appariva più promettente della vittoria finale. I tempi degli eventi trascorsi sembrano chiaramente sostenere questa linea di interpretazione: l’UE per prima cosa ha preso una decina di giorni di tempo per riunirsi e così non prendere una decisione prima che Gheddafi sperabilmente terminasse; poi il 12 ha lasciato passare altro tempo rimettendo tutto all’ONU, che a sua volta ha preso altro tempo. Tutti sembravano rispettare la mossa a sorpresa da Israele aspettando la sua vittoria finale attraverso Gheddafi. Allora Gheddafi si è sentito autorizzato (almeno da una parte del MDS blu) a schiacciare l’opposizione interna nel sangue e ha dichiarato (al mondo, ma anche a chi l’aveva finanziato) che in poco tempo sarebbe tutto finito. Ma nella misura in cui USA e gli altri Paes i del MDS blu si sono anche irritati della mossa fuori dal coro di Israele, pur concedendogli i debiti tempi perché arrivasse alla sua soluzione, con il passare dei giorni, a motivo che essa non è stata risolutiva nei tempi previsti, hanno fatto decidere l’ONU (coartando la Lega Araba, che infatti subito dopo si è pentita) per approfittare alla grande dell’occasione per ottenere quell’obiettivo politico che hanno aspettato da tanto tempo: la ingerenza umanitaria estesa a qualsiasi violazione dei diritti umani, senza limitazione dei mezzi e senza definizione del tipo di intervento (è già pronta la “lega delle democrazie del mondo, più ampia della NATO, da imporre all’ONU come suo braccio esecutivo; per così, coprendosi con l’ONU, imporre il MDS blu al mondo). Con ciò l’ONU ha autorizzato una armata Brancaleone (non la NATO, si noti! Altrimenti Russia e Cina probabilmente avrebbero votato contro) a combattere Gheddafi senza chiedere nessuna garanzia politica e militare. D’altra parte gli USA non impiegheranno truppe se non hanno il comando generale di cui per ora non si è deciso chi l’avrà. Mai vista una guerra così alla sans façon, arrogantemente facendo conto solo sulla superpotenza tecnologica. Ma (questo punto non lo spiega nessuno) Sarkozy si è manifestamente ribellato, annunciando raids unilaterali prima delle decisioni e comunque facendoli mentre cenava assieme agli altri capi di Stato convocati per… decidere assieme! Una ragione in effetti ci può essere. Nel Mediterraneo la superpotenza nucleare è la Francia da 50 anni e passa. Ma da alcuni anni la Germania ha regalato tre sommergibili ad Israele che sono stati subito muniti di missili Cruise (caricabili anche con bombe nucleari). Dei sommergibili con base sulla costa libica, cioè ad un tiro di Cruise) non è piacevole per la Francia; ne andava tutta la supremazia indiscussa della Francia. Da qui il contrasto scandaloso con la politica degli altri Paesi del MDS blu e il silenzio di Israele nel vedersi osteggiata mentre si faceva una posizione al sole d‘Africa. Oggi poi l’Italia, che non sa bene da che parte buttarsi (Gheddafi che ci da petrolio e gas, USA di cui siamo i più fedeli alleati? Israele che incute un grosso timore, specie se si piazza a Tripoli con i missili? L’ONU da raccattare col cucchiaino?) si è litigata platealmente (quando mai una guerra di coalizione si è fatta in questo modo?) chiedendo che entri in gioco la NATO (il che significa che le consultazioni con i 28 Paesi prenderanno una settimana, financo un mese). Probabilmente ha scelto di sostituirsi ad Obama per richiamare la Francia ad un minimo di ordine. Insomma un pasticcio internazionale. In cui il più forte, gli USA fa mosse politicamente gravi (anche per lui) al fine di recuperare l’iniziativa politica mondiale e gestire ancora dall’alto di Washington i destini dei popoli del mondo, nel bene e nel male. Intanto l’azione scomposta di Sarkozy mostra come anche le sotto-superpotenze del MDS blu scalpitino per riafferrare un loro ruolo, anche al costo di contrastare apertamente Israele. Il pasticcio internazionale non è proprio basato su una bugia colossale, come la guerra Irak II (armi di distruzione di massa di Saddam Hussein), ma certo su voltafaccia improvvisi (amici di Gheddafi fino a due mesi fa, ora nemici acerrimi), prima i diritti umani della popolazione libica, poi difesa strapotente dei ribelli armati, prima no fly zone (l’azione giusto prima di una guerra dichiarata) e poi bombardamenti su tutti gli obiettivi militari (anche carri armati in marcia), specie se attorno ai pozzi petroliferi. Alla fin fine, anche morti civili e soprattutto fino a 6000 morti per l’uranio impoverito usato (vedi relazione del 20/3/2011 di Massimo Zucchetti, prof. di fascia A di Impianti nucleari al Politecnico di Torino e radioprotezionista). Questa ricostruzione (ovviamente compiuta senza spulciare gli archivi militari e i dispacci segreti della diplomazia) può sollevare obiezioni. Ma una cosa è evidente e stride con ogni altra interpretazione: è stata saltata la ovvia decisione politica che si prende in questi casi e che in Sud Africa ha portato la politica internazionale a buon porto: le sanzioni economiche. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha fatto carte false per passare subito (quando mai era successo?) all’azione bellica. D’altronde c’è troppo appetito per la enorme riserva di petrolio e di gas naturale della Libia, per rifiutare di perdere l‘occasione. Oggi i capi degli Stati occidentali danno uno spettacolo penoso di forza senza diplomazia, senza intelligenza e senza neanche la facile cooperazione (militare) tra i più forti. Fanno come quelli del nucleare, perché hanno la stessa arroganza: si rovinano con le loro mani (purtroppo causando danni tremendi alle popolazioni). Il giorno dopo l’11 settembre 2001 Papa Woytila gridò giustamente: “Non vendetta, ma giustizia”. Sono undici anni che la vendetta continua, da bravi texani che hanno scambiato il mondo per un glorioso teatro da far-west contro i “pellirosse”. Perché quel 20% che sfrutta l’80% dei beni naturali nel mondo non vuole vedere in pericolo la sua situazione di privilegio (dichiarato in tutti i Nuovi Modelli di Difesa NATO: “mantenere il livello di benessere della popolazione”). Il petrolio sta per finire, si tratta di vedere quale Paese nel gioco del fiammifero resterà per primo senza automobili. E’ dal 1991 che abbiamo le guerre per continuare a godere delle automobili, costi quel che costi (come in Italia ci ha insegnato Marchionne). “Dove sono i pacifisti?” Quando ho sentito risuonare questa domanda credevo che a pronunciarla fosse qualche responsabile politico che dopo vent’anni si fosse rinsavito e che, avendo ormai capito qual è stata la vera storia del 1989, andasse cercando i gruppi che prima del 1989 (e anche dopo) hanno sostenuto la soluzione politica che aveva previsto la data di quelle rivoluzioni (Galtung nel 1980, basandosi su cinque fattori sociali strutturali) e poi ha vinto. E’ tempo che vengano dati i crediti della pace: finanziamenti comparabili con i 1.500 miliardi di $ che si spendono ogni anno per le armi, rappresentatività decisionale a tutti i livelli politici (dal quartiere all’ONU), equiparazione della loro strategia a quella dei militari (così come ha avuto il coraggio di fare la Corte Costituzionale italiana), attuazione statale delle tante proposte di intervento non armato e nonviolento… Ma poi ho capito che era un falso allarme. Quelli che pongono quella domanda non si sono resi conto che il potere della nonviolenza ce l’ha insegnato un indiano, non un europeo. Oggi i pacifisti sono proprio quegli arabi che hanno fatto le rivoluzioni nonviolente in Tunisia, a Piazza Tahrir ecc. e che tuttora lottano nonviolentemente contro le altre dittature petrolifere imposte dall’Occidente. Non è bastato a quelli che pongono quella domanda il fatto che il mondo nel giro di un secolo è stato trasformato completamente. Forse per accorgersene aspettano proprio l’ultima tappa, quella che riguarderà quella zona che finora è rimasta senza quelle rivoluzioni: proprio l’Occidente del MDS blu. Ma, si rassicurino, i loro capi di Stato fanno moltissimo per arrivarci rapidamente. |