Ho letto il comunicato firmato da persone del NO TAV, intitolato 'I fatti della Maddalena violenza e nonviolenza'.
di Raffaele Barbiero


16 luglio 2011


Credo sia importante riflettere su questi temi in modo libero e costruttivo, dove l'obiettivo non è insegnare o dire agli altri quello che devono fare, ma proporre delle possibili alternative o soluzioni che poi si cercherà di mettere in pratica, se queste saranno condivise.

Penso che questa opera di riflessione sia utile a prescindere se si è paretecipato o meno alle azioni di lotta, altrimenti solo chi è stato li può parlare? Una settimana fa ho inviato a questa rete a Fassino (Sindaco di Torino), ad alcuni parlamentari e agli organizzatori del NO TAV una email sul tema di 'Fare le manifestazioni in modo nonviolento'. Fare queste manifestazioni con questa modalità, o almeno provarci, non richiede l'adesione alla nonviolenza, richiede solo pensare che possa funzionare, addestrare e prepararsi adeguatamente a ciò. Non credo che tutti gli indiani (centinaia di migliaia, se non milioni) che hanno partecipato alle lotte nonviolente di Gandhi, incluso 'La Marcia del Sale', fosserto nonviolenti, ma avevano capito o intuito che difronte ai mezzi repressivi del governo inglese, la risposta armata e/o violenta sarebbe stata catastrofica, soprattutto per loro. Tanto non erano nonviolenti che invece di uno stato unico come voleva Gandhi si divisero in 2 Stati creando il Pakistan a base mussulmana (tra l'altro con un leader non credente, ma di origine mussulmana) e i nipoti di Gandhi per l'India hanno voluto la bomba atomica. Quindi non è una professione di fede quella che si discute, non è essere anime belle che dicono 'cattivi' a chi li mena, è cercare e misurarsi nella realtà con un pò di creatività e con il bagaglio nuovo che i metodi della nonviolenza ci possono fornire. Poi possiamo continuare a fare come abbiamo sempre fatto e con ragioni anche validissime, ma sappiamo anche che certe cose succedono, infatti gli scriventi del documento dicono: <Detto questo cosa è successo l’altra domenica alla Maddalena? Niente di più di una grande prova di forza, come il lunedì precedente dove le FFOO hanno gasato tra gli altri decine se non centinaia di pacifici pensionati settantenni, azione a cui, seppur logicamente contrari, non ci sentiamo di dare il titolo di “violenta” anche perché tutti noi eravamo PIENAMENTE CONSAPEVOLI di cosa stavamo facendo e DI COSA SAREBBE SUCCESSO.>. Permettetemi di dire che se sono pienamente consapevole che quello è il copione scritto dai politici, banchieri e mafiosi che vogliono l'opera (così voi scrivete) e che quindi hanno già oliato la macchina, sia quella repressiva, sia quella che deve dis-informare la stragrande maggioranza dell'opinione pubblica italiana che non si va a vedere le vostre ragioni sul sito NO TAV o non si interessa di chiedersi il perchè di certe cose, limitarsi ad entrare in quel copinoe non mi sembra opportuno. Semmai si prova a modificare il copione, a riscriverlo in altro modo, a far si che quello che gli altri hanno previsto per i loro scopi non accada.Voi chiedete che se c'erano dei nonviolenti questi dovevano essere li ad agire da nonviolenti. Ribadisco che non si tratta di essere nonviolenti, ma di agire con le metodologie che la nonviolenza insegna e una delle cose che insegna la nonviolenza e che se 10 agiscono in un modo e 100 in un altro, lì si fallisce. Le azioni nonviolente non si improvvisano o non si fanno perchè si è di buoni sentimenti e di buone vedute, ma perchè le si sceglie come strategia che si reputa vincente e ci si attine a quelle regole e a quelle modalità per l'intera azione diretta nonviolenta o per l'intera campagna nonviolenta. Solo così funziona. Ho partecipato a tutto il G8 2001 di Genova e dove abito con la nostra associazione siamo riusciti, nella fase pre-Genova a guidare le cose con questa metodologia, condivisa da tutti. Ed ha funzionato. Non solo in termini di modalità operative, ma soprattutto di discussione e di dibattito sui contenuti del perchè si contestava il G8 e il cosiddetto libero mercato globalizzato, di sostegno dell'opinione pubblica, di altre realtà distanti da questi argomenti che erano costrette a misurarsi con noi (es. Camera di Commercio, Associazione Industriali). Dopo le manifestazioni di Genova di luglio, sono arrivati i politici di professione, i teorici della rivoluzione per cambiare tutto, i 'ma chi siete voi a volerci “insegnare”come manifestare', 'ma chi siete voi a volerci dire che prima di discutere di contenuto e di quelloo che si fa, bisogna discutere sul metodo sia interno a chi organizza, sia esterno sul come ci si propone all'opinione pubblica e su come darsi una strutturas operativa'. Noi abbiamo sempre fatto così e la gente ci segue. Ma dopo tre anni di questi non è rimasto nessuno a portare avanti le ragioni dei no-global, e si sono disperse tante energie. Voglio essere subito chiaro, questo non è un paragone con voi, che lottate dal 1995 e siete ancora li, anzi avete aumentato il consenso, è solo la mia esperienza e serve solo a farvi capire che si possono dire cose anche partendo da altre esperienze e che non necessariamente scrivere email o scrivere riflessioni è ignavia (come voi affermate).

Ifine concludo, per non farla troppo lunga, con quello che dicevo qualche giorno fa sempre sul sito della Rete CCP rispondendo ad un intervento sul tema delle manifestazioni in modo nonviolento:

<Immagino la violenza della polizia e la repressione. Per essere credibile in ciò che dico non credo di dover citare il mio curriculum, comunque a Genova 2001 ed in altre occasioni c'ero e so bene che ben prima di Genova (ti ricordo Napoli sempre nel 2001, ma allora governava ancora il centrosinistra) le forze dell'ordine hanno incominciato sempre piu' ad uscire dai binari democratici per essere sempre piu' forza di potere e del potere.
Ho espresso mie considerazioni che faccio da tempo consapevole che certi cambiamenti non avvengono solo partendo da un'unica direzione, ma che se le varie sfaccettature di questa nostra società (associazioni, partiti, mass media, rappresentatni delle istituioni, delle chiese, etc.) convergono su alcuni punti allora si cambia, se no è dura. Per cui è chiaro che il volto piu' violento del potere se non ha questi freni sociali, politici ed istituzionali, trova un terreno a lui fertile.
Cosa possiamo fare noi? Dare il nostro apporto, il nostro contributo che non è solo andare alle riunioni con il libro di Gandhi ma mettere a disposizione ciò che sappiamo fare, ed insistere sulle nostre ragioni. Se poi non lo si vorrà accettare, che siano ben chiare almeno le ragioni del rifiuto.
Siamo pochi e non sempre presenti, sono d'accordo su ciò, ma allora si puo' parlare e si può dire solo su ciò che si vive in prima persona?
Infine e concludo, per chè la mia non vuole essere una replica, ma solo un'ulteriore riflessione, alla logica violenta bisogna rispondere con qualcosa che sia fuori dagli schemi, che non sia inquadrabile, che non sia prevedibile. Ecco il perchè della risposta nonviolenta. Alla logica dell'addestramento militare e delle armi chimiche (i gas lacrimogeni che dicevi tu) o dei pestaggi, come rispondiamo? Ci addestriamo anche noi all'uso dei gas, alle armi, ai pestaggi. Anche se fosse, ed io non sono d'accordo, gli altri sarebbero in netto vantaggio su di noi per tempo, risorse economiche, mezzi e uomini. Io non voglio rinunciare al mio diritto di manifestare il mio dissenso, ma non voglio neanche cadere nelle trappole del potere che ho già visto troppe volte funzionare>.


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