http://www.articolo21.org Siamo tutti partigiani della Costituzione
“Quando si parla della Costituzione, lo confesso, sto dalla parte di chi la vuole difendere“. Finalmente abbiamo trovato il nemico comune, il malvagio che vuole minare le istituzioni, l’uomo nero, quello che organizza i complotti e vuole destabilizzare l’ordinamento repubblicano: si chiama Antonio Ingroia, è stato uno dei migliori allievi di Borsellino, da anni lotta contro le mafie e i suoi complici ma, come si sa, tutte queste nell’Italia di Berlusconi, Dell’Utri e Mangano, non sono certo medaglie al valor civile. Cosa ha combinato questo Ingroia? E’ andato, ovviamente come ospite, al congresso dei comunisti italiani e in quella sede ha pronunciato una frase davvero orribile: “Quando si parla di Costituzione, lo confesso, sono davvero un partigiano, nel senso che sto dalla parte della Costituzione, difendo i suoi valori contro chi vorrebbe alterarla”. Avremmo compreso un dibattito sull’opportunità per i singoli magistrati, e non certo per il solo Ingroia, di partecipare, anche solo come ospite, a un congresso di partito, ma non certo un dibattito su questa frase che è “tecnicamente e politicamente” corretta. Sarebbe stato gravissimo il contrario! Come fa un servitore dello Stato a non stare dalla parte della Costituzione? Cosa avrebbe dovuto dire: “Ho giurato sulla Costituzione, ma la rispetto a giorni alterni”? Oppure: “La legalità non è un valore in sé, ma si applica a seconda dei soggetti coinvolti, del loro grado gerarchico, delle opportunità, degli opportunismi e delle convenienze politiche”? Oppure: “E’ vergognoso tentare di processare un presidente costretto a chiamare la Questura per salvare la nipote minorenne dell’ex presidente egiziano”? Cosa peraltro votata da alcuni di quelli che si sono maggiormente distinti nel tiro a bersaglio contro Ingroia? “Si potrà criticare questo Ingroia ? Oppure no?”, ci ha detto un giovane amico, di quelli che “anche Ingroia ha stufato.. è solo un vecchio magistrato che dice sempre le stesse cose…” Certo, si può e si deve criticare chiunque, anche Ingroia, ma senza mai dimenticare che lo sdegno scagliato contro i giudici antimafia, e non da oggi, non è stato riservato, per fare solo qualche esempio, ai giudici che trescavano con le logge deviate, dalla P2 alla P4, oppure a quei giudici costituzionali che andavano a cena con Berlusconi prima di pronunciarsi su di lui, oppure a quei magistrati che hanno “inquinato” le indagini a Bari, o nella stessa Sicilia, laddove sono stati appena scarcerati quelli che erano stati considerati gli assassini proprio di Paolo Borsellino. Come mai lo sdegno è riservato quasi sempre agli Ingroia di turno? Per non parlare dei Caselli, della Boccassini, di Spataro e via discorrendo? Perché il finto sdegno non sanziona mai i comportamenti omissivi, corrivi, compiacenti, censori, complici? Le parole di pietra che gli sono state tirate contro ieri erano dovute alla sua difesa della Costituzione o a qualcosa di più antico e di più torbido, e cioè l’odio per le sue inchieste, per la sua attività, per le battaglie condotte contro l’illegalità e, da ultimo, contro la legge bavaglio? Certo, non vi sono dubbi: si può e si deve criticare Ingroia, come qualsiasi altro giudice (leggetevi per esempio la bellissima lettera pubblicata dal Fatto e dedicata al processo Uva), ma non si può e non si deve dimenticare mai che Ingroia sta “dalla parte della Costituzione”, mentre molti di quelli che lo hanno lapidato sono stati e sono sempre dall’altra parte, e hanno partecipato alle più violente campagne di delegittimazione della Costituzione, della legalità repubblicana e delle decenza democratica. Peraltro, il giudice Ingroia è anche quello che è stato più volte aggredito e insultato dai microfoni del polo Raiset e non gli è mai stato consentito di replicare, di difendersi: nel suo caso nessun presidente della garanzia della Rai ha invocato il diritto alla replica. Forse sarà il caso di ricordare tutto ciò e di non associare la propria voce a chi non vuole tanto criticare la presenza di Ingroia a un congresso di partito, peraltro scelta compiuta da decine e decine di altri magistrati, ma più semplicemente e tristemente portare a compimento un’opera di demolizione nei suoi confronti e nei confronti di chi non può e non vuole rinunciare a mettere il naso nelle stragi di Falcone e Borsellino e nei torbidi intrecci mai risolti e mai illuminati sino in fondo. Forse Ingroia ci è andato troppo vicino, e per questo bisogna demolirlo, prima che sia troppo tardi! Naturalmente lo “sdegno ad orologeria” alimentato nei confronti di Ingroia ha fatto sì che si prestasse assai minore attenzione all’unica vera frase eversiva e irresponsabile pronunciata ieri in Italia, e ci riferiamo a quel “Le polemiche sull’articolo 18 potrebbero rialimentare il terrorismo” pronunciata dal ministro Sacconi, a freddo e senza neppure l’attenuante di parlare a un’assemblea di parte o di partito. Questa sì è una affermazione eversiva, queste sì sono parole terribile e pericolose: in questo caso, davvero, si dovrebbero chiedere le dimissioni di chi, pur di restar in sella, non esita a giocare le carte estreme e dell’estremismo.
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