http://www.unita.it Germano: «Dobbiamo risvegliare la politica» Più “drago ribelle” che “indignato” («non mi piace l'idea di imitare qualcuno»). Comunque, dopo l’outing dal palco di Cannes («Dedico la Palma d’Oro agli italiani, che fanno di tutto per rendere l’Italia un paese migliore nonostante la loro classe dirigente»), Elio Germano, 31 anni, attore simbolo di una generazione che fin qui non ha trovato sbocco, ci si è buttato anima e corpo in questa «mobilitazione dal basso» contro la crisi che domani rimbalzerà da Wall Street a Roma. «Ci sarò anche io», dice Germano. E, a sorpresa, in queste ore, è spuntato anche tra gli accampati di via Nazionale. Sei proprio un indignato doc? «Mi dà fastidio questa espressione. La battaglia qui è pensare con le nostre teste, non abbiamo bisogno di bandiere o etichette». Che ci facevi davanti a Bankitalia? «Ci sono andato da cittadino, che non vede possibili soluzioni a questa situazione se non quelle che vengono dal basso, dalle persone, che vogliono riprendersi gli spazi e smetterla di subire le decisioni. È quello che stiamo facendo anche con l’occupazione del Teatro Valle: un esperimento di democrazia reale, esportabile anche per le scuole, i quartieri. Spero che sia l’inizio di una piccola rivoluzione copernicana per reimpadronirci della cosa pubblica e delle scelte che ci riguardano». Che vuol dire: non vogliamo subire più le decisioni? «Che siamo abituati a subire le scelte che riguardano la nostra vita di tutti i giorni: edifici pubblici che vengono svenduti ai privati, scuole che chiudono. Ma l’1% non può decidere per tutti: noi siamo il 99%, dobbiamo esigere di avere voce in capitolo. Non possiamo essere succubi della politica, che a sua volta è succube della finanza. E dimenticare il nostro diritto alla cittadinanza e alla partecipazione». Quella dedica della Palma d’Oro ora sembra quasi un programma. «Dopo aver cercare a lungo di farci ascoltare dai rappresentanti sindacali o partitici, è arrivato il momento di metterci non solo la faccia ma anche le braccia: le nostre competenze al servizio della collettività per cercare di cambiare le cose. Non è solo una questione economica. O di organizzazione dello Stato. Una persona che partecipa alle scelte della collettività è una persona più felice. Come ci si riunisce nei condomini, possiamo riunirci anche per decidere cosa succede delle nostre città, dei nostri teatri...» E la politica? «La politica, per noi, è questo: presa di consapevolezza che la cosa pubblica ci riguarda». E ciò che accade in queste ore in Parlamento quanto c’entra con voi? «Non molto. Berlusconi ha contribuito alla mutazione dei valori di questo Paese. Ma ora il problema non è tanto Berlusconi o no».
Però se cade una “ola” ci scappa... «Sì ma le questioni che solleviamo sono trasversali e le porremmo anche a un altro qualsiasi governo. La manifestazione di sabato, l’avremmo fatta anche con Vendola presidente del consiglio». Tu ci sarai? «Certo, e spero ci sia più gente possibile, senza nessuna bandiera, pronta a brandire solo la propria faccia per rivendicare che è possibile un sistema alternativo a quello in cui privato è la parola d’ordine. Le nostre parole d’ordine sono “pubblico”, “bene comune”, “partecipazione”». La paura però è che qualcuno voglia brandire altro che la faccia... «Bisogna uscire da vecchie logiche. Sabato ci saranno tante persone che liberamente, con la propria individualità, scenderanno in piazza: nessuno sa che cosa succederà». È questo che fa paura. «A me però fa più paura quello che viene deciso dall’alto. Anche perché sono convinto che chi verrà a Roma non abbia nessuna voglia di distruggere la città. Non è che sfasciando si ottiene più visibilità. Certo, tanta gente non arriva alla fine del mese e forse sta covando rancore verso lo stato che considera responsabile della propria condizione. Ma il nostro obiettivo, cambiare quel milione di cose che riguardano la nostra vita quotidiana, lo raggiungeremo solo se faremo crescere il consenso attorno alla nostra protesta. La storia ci insegna che quando un movimento come questo comincia a far paura spunta sempre qualche violento di dubbia provenienza: dobbiamo essere noi a non subire queste armi di distrazione di massa». Nel film “La nostra vita” interpreti un ex proletario rabbioso. Pensi che potrebbe scendere anche lui in piazza? «Non penso, sono stati molto bravi a farci chiudere nelle nostre vite isolate. A quel personaggio che ho interpretato lì non gliene importa nulla della politica, però magari se si trovasse un’assemblea sotto casa avrebbe anche lui qualcosa da dire. Sabato scendiamo in piazza anche per risvegliare questo pezzo d’Italia».
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