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il 1 lug 2011

Il punto debole del capitalismo
di Tonino Dorazio

La crisi europea è non soltanto economica ma sempre più democratica. Gli stati hanno deciso di salvare il fallimento complessivo delle banche facendosi mettere sotto tutela e vigilanza da enti che non hanno nulla a che vedere con il suffragio universale. In Europa c’è un Parlamento, eletto a suffragio universale, che ha tre sedi, ma non elegge alcun governo e non può legiferare. C’è un’Unione tra Stati, in cui i poteri sono divisi in maniera incerta tra una Commissione (i cui membri vengono designati dai governi nazionali) e un Consiglio formato dai presidenti del Consiglio dei vari governi nazionali. C’è infine poi una Banca Centrale indipendente dai governi, i cui membri sono però nominati in base a un accordo tra i governi.

Quanto può durare, e fin dove, questa la tragica farsa ? Chi si ribellerà prima o poi a questa gabbia non democratica?

I popoli di Grecia, Irlanda e Portogallo sono in allerta, perché le decisioni di macelleria sociale non sono prese nei loro parlamenti, tenuti solo a ratificare le decisioni degli strozzini, ma nelle stanze del Fondo Monetario Internazionale (in modo che c’entri per qualcosa anche il neocapitalismo americano), della Banca Centrale e della Commissione Europea. Cioè tutti quelli che hanno fallito, da una crisi ad un’altra, in questi ultimi vent’anni, nell’applicazione delle loro stesse teorie.

Nel frattempo, secondo la Reuters, anche sul fronte interno del sistema bancario Ue cominciano i problemi: diverse banche dell’eurozona starebbero fallendo. L’annuncio della Banca Centrale Europea sarà ufficiale tra qualche settimana. Si tratterebbe di banche spagnole, greche, portoghesi (e tedesche!).

Mentre Atene combatte contro lo spettro della povertà sociale arriva un nuovo monito da Juergen Stak, membro del board della Bce: se la Grecia non attuerà rigorosamente il piano di austerity non riceverà gli aiuti internazionali.

Perché politiche così fallimentari possono essere proposte con una ferocia così inaudita, intanto in questi tre paesi? Eppure sanno che il fallimento produttivo e di consumi di un paese rappresenta anche il loro tallone d’Achille poiché non produrrà più una ricchezza tale da poter rimborsare i prestiti.

Vogliono “invadere” la Grecia comprandosela? Com’è possibile che le popolazioni vittime cambino i loro governi per mettercene altri ideologicamente diversi ma poi dello stesso tenore e sulla stessa linea di ricatto? Possibile che si possa credere ancora all’”interesse generale”, ai “valori condivisi dell’Europa”, al”vivere insieme”? La strategia del sogno del libero mercato ci ha messo l’uno contro l’altro e fatto decadere questi sani principi da almeno vent’anni.

Siccome questa strategia neoliberista non può essere ricondotta a una forma di follia (anche se un po’ di utopia c’è), se ne deduce che essa diventa il principio razionale dell’abbattimento dei beni comuni o nazionali (vedi la prevista vendita di isolette greche) a favore dei privati, ovviamente ricchi. Abbatti il prezzo di tutto, uomini compreso, compra a basso costo e accumula ricchezza. Siamo in realtà in un rilancio potente del super benessere dei neoliberali e in uno scivolamento dolce verso le nuove schiavitù del secolo.

Un certo popolo si sta svegliando nelle principali piazze di Spagna, Portogallo e Grecia. Anzi in Grecia sta passando il messaggio che la tutela budgetaria internazionale sia una nuova dittatura, dopo aver subìto quella dei colonnelli. E’ la prova che il capitalismo non ha nulla a che vedere con la democrazia. La cosiddetta sinistra non c’è. Anzi non ne vogliono più, sia gli indignados spagnoli che quelli greci, e preferiscono organizzarsi al di fuori dei partiti e dei sindacati. Creano le proprie organizzazioni sindacali di base, formano assemblee locali. E’ come se la sinistra venisse vista facente parte del problema, del sistema, senza alternativa. Molti deputati del Pasok (partito socialista che guida il governo) si sono dissociati ufficialmente e stanno in piazza, però a titolo personale, con il popolo, giurando che non approveranno il nuovo piano di morte sociale e di svendita del territorio nazionale. Verranno sicuramente espulsi prima o poi, perché non hanno capito la massima della Thacher “NCA”, Non C’è Alternativa. Il KKE (partito Comunista greco, ancora abbastanza stalinista) in uno splendido isolamento, denuncia gli indignati come apolitici. Il Syriza (coalizione della sinistra radicale), pur essendo presente in piazza Syntagma (della Costituzione) non incarna il nuovo. Sugli anarchici pesano tutti i luoghi comuni e diventano lo scorticatoio morale dell’informazione occidentale. Non sembrano pochi dalle videate ufficiali. Sui siti web invece si vedono molte bandiere rosse.

Poi vi sono gli spacca-tutto, molto utili al governo per insinuare la paura della violenza nelle manifestazioni. I soliti provocatori, nulla di nuovo al mondo. Ma gli indignati li hanno sempre cacciati dalle loro pacifiche manifestazioni, come hanno cacciato anche i movimenti fascisti e nazionalisti. Dopo lo sciopero generale hanno rioccupato pacificamente la piazza davanti al parlamento. Per la prima volta sembra la vittoria della demos, della comunità dei cittadini.

Preso dal panico il primo ministro socialista ha chiesto aiuto alla destra per un governo di coalizione nazionale. Quest’ultima ha rifiutato. La Merkel si è arrabbiata. Meglio far completare il disastro dalla sinistra. Anche Berlusconi ha imparato rilanciando i “dolorosi” tagli al 2013, ad un eventuale, non si sa mai, governo di centro-centro-sinistra.

E se il popolo greco non volesse più indebitarsi ulteriormente per salvare l’euro e un sistema finanziario così inumano e deleterio? Il suo ritorno alla dracma farebbe saltare tutto il libero mercato europeo, svaluterebbe tanto quanto basta (un po’ all’americana) a respirare, e verrebbero reintrodotti i dazi doganali, riprendendosi ogni paese la propria decisionalità economica, bloccando i prodotti delle delocalizzazioni o attirando investimenti, pur dovendo soffrire ancora le imposizioni della propria Banca nazionale che, non dobbiamo mai dimenticare, è comunque ormai a maggioranza privata, come in ogni paese occidentale.

Qualcuno dice che con un’Europa così infognata si potrebbe ricominciare daccapo, con il primato della politica e non dell’economia e del libero mercato. Premi Nobel per l’economia.

Avremmo perso mezzo secolo e gran parte delle conquiste sociali che comunque si stanno rimangiando, ma al capitalismo cosa gliene importa, si sta ingrassando, spostando e nascondendo i propri capitali.

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