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Don Gallo: “Altro che una giornata di sciopero, dovremmo bloccare il Paese per un mese intero” Don Andrea Gallo continua ad attraversare l’Italia presentando libri, partecipando a dibattiti, intervenendo a manifestazioni e assemblee dei movimenti sempre acclamato e ascoltato. L’altro ieri era alla riunione della Tavola della pace della Val Brembana, ieri a Venezia, in un continuo tour de force che stenderebbe un maratoneta. Negli ultimi mesi si fatica a seguire il numero dei libri che pubblica, tranquillamente ha ammesso di scrivere anche per sostenere la Comunità di S. Benedetto al porto di Genova, dove trovano rifugio tossicodipendenti, prostitute, uomini e donne cacciate ai margini. Berlusconi, la manovra, lo squallore di fine impero e l’inadeguatezza della sinistra sono al centro dei suoi discorsi, accompagnati da un mai domo invito alla ribellione e alla resistenza. «La manovra non fa altro che confermare la strenua difesa della ricchezza senza equità. Ma chi governa non è in grado di trovare un’intesa, ognuno bada a sé, mi risulta che ci siano circa 500 emendamenti proposti dalla maggioranza, roba da denuncia penale. Si vuole distruggere il Paese. E’ il risultato di 20 anni di berlusconismo, menefreghismo, arroganza, fascismo in libera uscita, distruzione della costituzione. In fondo Berlusconi ha ragione quando dice "non abbiamo messo le mani nelle tasche degli italiani", in quelle dei ricchi ovviamente. Come si fa a non ribellarsi di fronte ai 120 miliardi di evasione, a quelli derivanti dai crack finanziari che hanno arricchito i soliti, al lavoro nero che ingoia le zone più depresse, al fatturato delle mafie? È il Sole 24 ore a dire che il 10 per cento degli italiani controlla il 50 per cento delle risorse, è Piero Grasso, magistrato eccellente, a dire che le mafie si potrebbero battere semplicemente applicando la costituzione. Basterebbe recuperare il 10 per cento dei patrimoni sottratti per evitare ulteriori sacrifici da parte di chi lavora». Certo che il centro sinistra non ha mostrato molta capacità di essere alternativo. I dirigenti del partito di maggioranza relativa dell’opposizione se ne debbono andare a casa. Cosa ci si può aspettare da uno come Veltroni? D’Alema ha salvato il berlusconismo con la bicamerale e se devo dirla tutta anche Bertinotti dovrebbe ritirarsi a vita privata. Non si può continuare a ragionare di alternanza, ma di alternativa. Quando c’era il nazifascismo non lottavamo per un nazifascismo meno cattivo ma per un mondo diverso, per questo c’erano i partigiani. Non possiamo avere sbandamenti e la bussola ce l’abbiamo ancora, è nella costituzione, che va applicata. Un esempio? Sono andato alla Tavola della Pace per sostenere l’appello di Zanotelli per l’abbattimento delle spese militari: sosteniamolo tutti, e con più forza. Non è possibile gettare risorse per essere complici di scelte scellerate e imperialiste. Oppure vogliamo parlare dello sciopero del 6 settembre? Come si fa a non sostenerlo, come si può essere complici di chi vuole distruggere i diritti dei lavoratori in nome del profitto? Altro che una giornata di sciopero, dovremmo bloccare il Paese per un mese intero. E nel Pd ci sono pure esponenti che dicono alla Cgil di considerare inopportuno lo sciopero. Dobbiamo difendere i contratti nazionali, altro che l’arroganza della linea minchione-Marchionne. E poi basta con i dirigenti sindacali sul libro paga dei padroni. I poteri sono fortissimi ma noi abbiamo le idee e le istanze collettive, dobbiamo ribellarci. Io a 17 anni e mezzo ho visto nascere la democrazia e non intendo rinunciarci. Ma c’è chi prova a reagire. Sì, c’è grande volontà di muoversi, i referendum ne sono stati una dimostrazione. Giorni fa ero con quelli del "No Dal Molin" e c’erano 2500 persone a sentire me e Moni Ovadia. Si comincia a reagire nei movimenti, nell’associazionismo, c’è un lavoro silenzioso ma incredibile che sta facendo l’Anpi, accadono cose interessanti nell’Arci e anche in alcuni gruppi scout. I partiti sembrano screditati, non si vogliono mettere in discussione, non riescono a capire cosa gli accade intorno. Rifondazione è presente ma deve essere ancora più disponibile ad ascoltare tutti, le donne, il tessuto culturale che produce rinnovamento e resistenza. Bisogna ragionare senza pensare ai posti di potere anche se poi proporremo anche noi i nostri candidati, dobbiamo costruire uno spazio partecipato di intelligenza collettiva in cui le istanze sociali possano incontrarsi. E le responsabilità sociali della chiesa? La chiesa deve pagare le tasse come tutti e non vivere nell’opulenza. Ci sono tanti che fanno cose buone ma il sostegno deve arrivare volontariamente dai fedeli e non dallo Stato, altrimenti si è totalmente incoerenti con la via tracciata da Gesù. Ho in mente ancora un documento della Cei del 1981 in cui si asseriva che bisognava partire dai più deboli. Invece siamo dominati da "Comunione e lottizzazione", dai focolarini e da tante altre congreghe che distribuiscono favori e sono il vero oppio dei popoli. La chiesa deve essere altro, deve farsi carico di un’ansia di giustizia sociale. Resiste ancora la ricerca del leader carismatico. È una logica da società dello spettacolo, serve a distruggere le istanze collettive e a normalizzarle. Mi sembra di essere durante l’ultimo anno di occupazione nazifascista, sapevamo che la liberazione era vicina, la situazione era dura ma non dovevamo mollare e dovevamo restare insieme. Io credo perché vedo ancora tanto amore e tanta voglia di giustizia. Il mondo va contro un muro senza pilota ma possiamo invertire la rotta. È faticoso ma si può e bisogna farlo mettendosi tutti a disposizione. Il capitalismo si può sconfiggere.
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